Nel corso del tempo, il modo di educare le persone è profondamente cambiato. I religiosi sono stati i principali depositari dell’educazione salvo poi essere spodestati al tempo della formazione degli stati nazionali. Una lotta tra poteri che ha portato alla progressiva mortificazione della scuola statale e alla mercificazione di quella privata.
Essendo tutti noi stati alunni, così come i nostri genitori e nonni è facile cadere nell’illusione che la scuola sia un’esperienza che sia sempre esistita, è importante ricordare invece che per l’essere umano la scuola di massa è esperienza assolutamente recente.
Il modo di educare è cambiato profondamente nel corso del tempo e per quanto la situazione odierna sia terribilmente complicata e dolorosa confidiamo nei segnali di una presa di coscienza e di responsabilità da parte di singole persone e nascenti gruppi.
In questi anni di incontri con gli insegnanti mi sono spesso ritrovato a constatare di quanto non conoscessero la storia della scuola italiana e dei suoi principali ispiratori. Non può essere questa rubrica il luogo più adatto per un esame storico dell’evoluzione delle istituzioni educative tantomeno lo scrivente la persona più adatta a farlo. Ci limiteremo dunque a riassumere il tutto con un’immagine e alcune citazioni di persone informate sui fatti.
Così come quando un padre (Stato) e una madre (Chiesa) litigano ferocemente per l’affidamento ci rimette il figl-io, allo stesso modo nella lotta per chi dovesse avere il potere sull’educazione tra Stato e Chiesa ci ha rimesso l’individuo, l’essere umano in quanto persona.
Per secoli i religiosi sono stati i principali depositari dell’educazione salvo poi essere spodestati al tempo della formazione degli stati nazionali. È importante però ricordare che dalla legge Casati (la prima dello stato unitario) fino arrivare al concordato, la religione cattolica è sempre stata trattata con riguardo. La torta venne spartita non equamente in termini di numero, in fondo lo Stato aveva vinto e reclamava la fetta più grande, ma alla Chiesa erano rimaste la cura comunque di moltissime famiglie abbienti e influenti.
Nell’Italia della prima repubblica i ministri della pubblica istruzione sono sempre stati democristiani e nella seconda comunque di chiara area cattolica, sarà forse una coincidenza? Le scuole private e paritarie religiose fino agli anni novanta erano circa il 70% del totale, oggi sono scese circa al 50% sempre più incalzate di numero da enti privati.
Due punti di vista cattolici
Papa Leone XIII (1810-1903): “La libertà d'insegnamento è al tutto contraria alla ragione e nata per pervertire totalmente le intelligenze”.
Antonio Rosmini (1797-1855): “Se dunque l’uomo mette impedimento all’uso inoffensivo ed onesto delle potenze d’un suo simile, viola il naturale diritto e lo viola tanto più gravemente quant’è maggiore l’impedimento ch’egli vi pone. C’è effettivamente un diritto alla libertà in generale, cioè il diritto all’esercizio non impedito delle proprie potenze e che da questo diritto generale discende quello della libertà d’insegnamento, poiché uno dei più nobili e santi usi, che si possono fare delle proprie potenze, si è quello d’insegnare altrui cose utili e vere, e d’imparare da tutti. I limiti d’un diritto sono quegli estremi oltre ai quali il diritto cessa di esistere. I limiti per la libertà di insegnamento sono: la mancanza del sapere necessario, la mancanza di onestà dell’insegnamento, la mancanza di inoffensività nel modo si insegnare”.
La scuola statale alle sue origini cementò con la sua strutturazione la divisione della società in classi. Una dominante formata attraverso studi classici e intellettuali e un’altra lavoratrice il più possibile tagliata fuori dal mondo della cultura.
Gaetano Filangieri (1753-1788): “Gli studi secondari sono di loro natura aristocratici, studi di pochi, dei migliori, i quali non possono spettare se non a quei pochi, cui l’ingegno destina di fatto, o il censo e l’affetto delle famiglie pretendono di destinare, al culto dei più alti ideali umani”.
Giovanni Gentile (1855-1944): “L’uomo che lavora è sempre in un certo modo il servo della plebe”.
Per decenni questa separazione ha dilaniato il paese separando la testa dalle braccia, credendo erroneamente nel predominio della prima. L’eccessivo intellettualismo, la mancanza di lavoro manuale, l’arte studiata ma mai sperimentata direttamente hanno formato una classe dirigente scollegata dalla realtà pratica della vita e con poca creatività. Uomini che si credevano i più intelligenti del mondo che hanno dilaniato la società a livello culturale, economico e politico.
Le scuole tecniche per anni hanno formato ottimi operai specializzati ma adesso di operai non se ne percepisce più il bisogno e nel nome della repubblica si sono eliminati gli istituti d’arte, diminuite le ore ai laboratori e le materie di indirizzo negli istituti tecnici.
Oggi si punta a creare un’unica classe di consumatori ubbidienti, senza speranza, con poche competenze che dilapidi il patrimonio dei genitori il prima possibile. Per farlo la mortificazione della scuola statale e la mercificazione di quella privata sono un’ottima strategia di distruzione di massa.
Solo attraverso una presa di coscienza dei singoli io che si riconoscono in un noi, che utilizzano le proprie energie per iniziative propositive, sebbene ancora piccole nel numero ma grandi a livello paradigmatico, potremmo portare un po’ di pace nelle scuole che ora sono in uno scenario di guerra.
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