Un abile tentativo di sabotaggio del referendum sull'acqua

Ci è giunta in redazione questa lettera. Ecco la presentazione: sta girando su internet un testo che vuole maliziosamente sabotare il referendum sull'acqua. Abbiamo chiesto all' Avv. Maurizio Montalto, uno dei maggiori esperti in questioni ambientali in italia, di chiarire il problema.

Un abile tentativo di sabotaggio del referendum sull'acqua
Cari Amici, ho letto la nota che mi avete inviato. L’autore mischia dati veri con informazioni false, per tentare di orientare la scelta politica. Il risultato è confuso, credo che l’intento sia quello di spaventare il lettore più che convincerlo. Provo ora ad analizzare sinteticamente le questioni sollevate, seguendo l’ordine dell'Articolo. L'autore afferma che se vince il Si l’acqua rimane in La verità è che se vincerà il Si l’acqua sarà soggetta ad una gestione della pubblica amministrazione; si avrà dunque una gestione pubblica della preziosa risorsa. Attualmente in Italia i casi di gestione diretta degli enti sono rari, poiché è quasi tutto gestito dalle SpA. Le disfunzioni lamentate da molti nella gestione idrica sono proprio il frutto delle privatizzazioni realizzate già quindi anni fa. Sul fatto che il primo quesito si riferisce a tutti i servizi pubblici locali, nulla questio. Infatti l’art. 15 del decreto ronchi, che è la modifica del celeberrimo 23 bis è a sua volta la modifica del 113 del testo unico degli enti locali (dlgs 267/2000) che disciplina tutti i servizi di rilevanza economica. S’è tentato di scorporare l’acqua dalla norma introducendo un terzo quesito che la corte di cassazione però non ha accettato. I quesiti in sede di raccolta firme infatti erano tre e sono diventati due. La comunità europea non impone di mettere i servizi pubblici sul mercato. La sentenza della Corte Costituzionale 325/10 chiarisce questo passaggio contenuto impropriamente nel testo della norma cd. decreto ronchi. Inoltre la stessa Suprema Corte nell’ammettere i quesiti referendari ha chiarito che con l’abrogazione della norma non resteranno vuoti legislativi poiché alla gestione dei servizi pubblici locali s’applicheranno i principi comunitari in tema di servizi d’interesse generale, che consentono la gestione pubblica dell’acqua. La UE non impone mai le privatizzazioni, chiede semplicemente chiarezza. Se il paese aderente alla CE decide che la gestione sia privata è necessario che siano rispettate le regole del mercato; se si decide per la gestione pubblica la scelta della forma è libera. In Italia spesso s’è fatta confusione: s’è scelta la via della privatizzazione, ma con assegnazione della gestione a società senza passare per i bandi di gara. E questo non piace. La questione non si pone se la gestione è pubblica. E’ corretto dire che il referendum non decide della proprietà dell’acqua. L'autore del pezzo che leggo non sbaglia. Infatti, l’acqua è demaniale. La questione sollevata col referendum riguarda la gestione. In Italia è stato inventato un sistema per separare la proprietà dalla gestione. E’ solo un passaggio formale in quanto il gestore esercita le funzioni del proprietario e adotta ogni decisione in ordine alle preziosa risorsa. Per questo motivo si chiede che la gestione sia pubblica. Le reti idriche sono pubbliche e non è possibile comprendere da dove l’autore del pezzo che leggo evinca che se vince il Si possano cambiare natura ed essere vendute alle multinazionali, per giunta al prezzo che decidono loro. E’ un’ipotesi di fantasia. Sulla remunerazione del capitale e sul margine di profitto pure son dette cose non vere. La norma che si chiede di abrogare è contenuta nel testo unico ambientale. Si chiede di eliminare la remunerazione del capitale che è minimo del 7%. Non c’è altro. Non si comprede quali siano le “montagne di leggi” e trattati che dovremmo conoscere, ma che ignoriamo, che imporranno gli aumenti stratosferici ai quali si riferisce. Supero qualche passaggio poiché il testo si ripete. Vado quindi alla questione dell’assunzione dei raccomandati nell’ipotesi la gestione sia pubblica. Cosa dire? Con la gestione privata nelle società si entra su semplice indicazione o al massimo con colloquio. Non vi sono vincoli. Con la gestione pubblica per entrare è necessario superare un concorso. La gestione pubblica dell’acqua con la vittoria del Si non solo sarà legittima, ma sarà anche compatibile con le norme comunitarie. Lo chiarisce la Corte Costituzionale lì dove ammette i quesiti. Ma vi è dippiù! Per la Suprema Corte, l’Italia con la vittoria del si applicherà direttamente la normativa comunitaria sui servizi interesse generale. Non esiste nessuna multa che l’Italia dovrebbe pagare per fare l’acqua pubblica. Effettivamente la gestione pubblica non è sempre stata sinonimo di efficienza, ma i problemi italiani sono legati alla privatizzazione. Nel settore idrico la privatizzazione è arrivata nel 1994 con la legge Galli. Da allora si sono ridotti all’osso gli investimenti, non s’è fatta la manutenzione necessaria e siamo nelle condizioni che tutti conosciamo. La gestione pubblica in Italia, con tutti i suoi difetti, ha portato sin dal dopoguerra le reti idriche in ogni dove (prima l’acqua non arrivava nelle abitazioni), un’ottima qualità dell’acqua quasi ovunque e costi accettabili. Il sistema non era perfetto e ha prestato il fianco a chi voleva appropriarsi delle risorsa mediante la privatizzazione della gestione. E la situazione è peggiorata come possiamo constatare oggi. Le SpA sono piuttosto autonome dall’ente che gli assegna la gestione, condizionano le tariffe che schizzano, puntano al profitto e riducono i costi. A differenza del pubblico non sono soggette ai controlli della Corte dei Conti e hanno una gestione più libera. La conseguenza è che la collettività e la pubblica amministrazione perdono totalmente il controllo della gestione della più preziosa delle risorse. Il nuovo pubblico dovrà essere diverso dal vecchio modello poiché dovrà rispondere a nuove necessità in un contesto in cui la consapevolezza è maggiore e non si vogliono ripetere errori del passato lontano. Si parla dunque di un pubblico efficiente, sano e partecipato dai cittadini che con il referendum si sono riappropriati dei propri spazi che dovranno mantenere per garantire la migliore gestione.

Commenti

Che il principio universale per cui l'acqua deve essere di tutti deriva dalla costatazione comune a ogni essere vivente che l'acqua deriva dalla pioggia, che non ha padrone nè proprietario alcuno. Nel giorno in cui la chiesa cattolica, cristiana, etc celebra la Pentecoste quanti in Italia sono chiamati dal dovere civico costituzionale (art. 48 Cost.) alle urne referendarie tengano presente che l'acqua la beviamo tutti per vivere e per capirci ma che il mattone per il quale l'acqua è stata...utilizzata ha portato alla costruzione della torre di Babele e alla conseguente incapacità di capirci. Questo pensiero lo dedico al redattore del sabotaggio con l'augurio che, suo malgrado, gli resti sempre da qualche parte del mondo uno zampillo di fontana aperta. $yalias
Franco, 12-06-2011 09:12

Lascia un commento


Per lasciare un commento, registrati o effettua il login.