ActionAid e la lotta all'ingiustizia sociale. Intervista a Marco de Ponte

"La povertà è una, forse la più complessa, delle manifestazioni di squilibrio nelle relazioni di potere, è la forma più chiara e complessa di esclusione sociale". Abbiamo intervistato Marco de Ponte, Segretario Generale di ActionAid Italia associazione da anni impegnata nella lotta all'ingiustizia sociale.

ActionAid e la lotta all'ingiustizia sociale. Intervista a Marco de Ponte
'Storie invisibili' ha avuto la fortuna di intrattenersi con Marco de Ponte, Segretario Generale di ActionAid Italia. Partendo dall’operato della sua organizzazione e dal suo disegno strategico si è arrivati a convergere sulla necessità di una trasformazione sociale che abbia come elementi essenziali il cambiamento individuale, la partecipazione attiva e la responsabilizzazione di ogni singolo cittadino. Raccontaci in breve il tuo percorso di vita. Cosa ti ha spinto ad intraprendere questo percorso e come sei arrivato sulla strada di ActionAid? Ho avuto la fortuna di potermi occupare di cause sociali sin da ragazzo prima come volontario e poi anche per la mia attività professionistica. Ho trascorso una decina di anni con Amnesty International inizialmente in Italia e poi al segretariato internazionale occupandomi in quel frangente in particolare di Etiopia; poi ho lavorato per un’altra organizzazione umanitaria - Intersos - ed infine mi sono occupato di questioni di sviluppo e lotta alla povertà attraverso ActionAid, che dirigo da 11 anni. Recentemente hai ricevuto il Premio Eccellenza promosso da ManagerItalia ed assegnato ai migliori manager del paese, che significato assume per te questo importante riconoscimento? Questo premio è davvero simbolico, mi rende orgoglioso non perché l’ho preso io ma perché sta a significare che finalmente, a differenza di quanto spesso si pensa, alle organizzazioni come ActionAid, si riconosce un modo di fare professionale, serio e puntuale, come e più che a molte aziende. Lavorare nel no-profit non è solo volontarismo. I poveri vanno serviti bene ed hanno lo stesso diritto ad essere serviti bene di chi può usufruire di servizi che si procura da solo. ActionAid serve le persone per e con cui lavora come se da esse fosse finanziata, con la cura totale che si meritano. Cosa è ActionAid e come la descriveresti ai lettori? Qual è la vostra missione? È un’organizzazione internazionale fortemente radicata anche in Italia. È in primis un’associazione di diritto e di fatto pienamente italiana quindi ha una 'doppia cittadinanza'. ActionAid si occupa di giustizia sociale in cinquanta paesi del mondo ed al contempo cerca di fare la propria parte anche in Italia; questa caratteristica la rende un po’ diversa dalle altre organizzazioni di cooperazione internazionale che in genere seguono progetti all’estero senza un legame diretto con la cittadinanza italiana. Noi abbiamo 150 mila sostenitori, decine di migliaia di attivisti, gruppi locali oltre che una presenza diffusa sul territorio dello staff nazionale. Portiamo avanti così il concetto della 'doppia cittadinanza' perché vogliamo fare la nostra parte per svegliare l’Italia mentre aiutiamo il resto del mondo. Una domanda che potrebbe sembrare banale, ma cosa è la povertà per ActionAid? È un concetto che mi sembra sia cambiato negli ultimi decenni. La povertà è una, forse la più complessa, delle manifestazioni di squilibrio nelle relazioni di potere, è la forma più chiara e complessa di esclusione sociale. Povero è chi non ha accesso ai mezzi materiali ma anche alle interlocuzioni che gli permettano di potere fare le scelte che lo riguardano. Scegliere che tipo di lavoro fare, con chi vivere, di cosa nutrirsi, insomma le cose più semplici. È la negazione di molti diritti negati contemporaneamente e molto spesso è anche una trappola perché chi è povero, non potendo fare queste scelte, non riesce a tirarsene fuori una volta divenuto povero. La povertà è anche una questione globale ed è definita in varie maniere; esiste una povertà assoluta calcolata guardando alle persone che vivono con meno di $1,25 al giorno ma poi esiste una povertà relativa che è quella sulla quale si misura il peggioramento di una situazione come quella italiana per esempio. In ogni caso si tratta di marginalità. Oggi cominciamo a capirne meglio i contorni visto che il nostro paese è oggetto dell’equivalente di un processo di 'aggiustamento strutturale' come quelli prescritti a tanti paesi poveri in passato; così questa cosa lontana nel tempo e nello spazio diventa più reale anche per gli italiani Quando si parla di cooperazione internazionale si fa in fretta a pensare ad interventi e aiuti nei paesi più poveri del pianeta, ciò che mi ha colpito della vostra organizzazione è la presenza e l’impegno anche sul territorio italiano. Le persone si mobilitano per tre ragioni: per interesse, in relazione alla propria identità o per ragioni di ideali. Noi abbiamo mobilitato per anni le persone coinvolgendole sul piano ideale cercando di farci donare dei soldi, di ingaggiarle per la lotta alla povertà in altri paesi del mondo. Ma è sempre più importante fare un parallelo con quello che succede in Italia facendo leva sull’interesse delle persone ad un paragone o sull’identità di chi chiede rispetto per un proprio tratto sociale distintivo. Per esempio la marginalità a Napoli è del tutto comparabile con la marginalità a Rio de Janeiro. Per questo cerchiamo di radicarci sempre di più, di essere rilevanti, di dare un’opportunità di impegno in Italia ed è per questo che siamo associazione nel nostro paese e non solo “fornitori di servizio” all’estero. Per essere radicati sul territorio italiano è necessario innanzi tutto evitare di vivere di finanziamenti esclusivamente pubblici: noi contiamo 150 mila sostenitori italiani, abbiamo un sostenitore in ogni via d’Italia ed offriamo altre opportunità di ingaggio attraverso i gruppi locali, gli attivisti. Permettiamo ai cittadini italiani di ingaggiarsi con gli enti locali, ingaggiarsi con le fondazioni locali che hanno un interesse a risvegliare l’attenzione su certi temi sul proprio territorio e che magari non mettono a disposizione dei soldi per un progetto all’altro capo del mondo; cerchiamo di contribuire a promuovere una cittadinanza davvero attiva; in questo ActionAid rappresenta qualcosa di diverso rispetto ad un fornitore di servizi all’estero. Per questo 'Italia, sveglia!' è il titolo della nostra strategia per i prossimi anni. Si tratta di fare la nostra parte in Italia per cambiare il mondo. Durante i progetti si incontrano diversi tipi di difficoltà e si vivono delle esperienze forti, ti va di raccontarci qualche episodio che è entrato nel tuo album dei ricordi? La questione delle esperienze forti viene posta spesso ma merita una risposta razionale. Io penso che molte delle persone che fanno un lavoro nel sociale cercano l’esperienza forte emotivamente per se stessi ed invece la gratificazione personale non deve risultare il movente forte. Il massimo del risultato si ottiene quando a questo lavoro si applica la razionalità. Improntando il proprio lavoro sulla ricerca di un più giusto equilibrio nelle relazioni di potere in realtà più che cercare delle forti soddisfazioni bisogna cercare delle vittorie che durino. Certo in passato anche io mi sono trovato a potere tendere una mano materialmente ad una persona anziana rifugiata in Albania o a una giovane donna malata in India o episodi dello stesso tipo, ma le mie esperienze “forti” sono legate a dei veri cambiamenti. Mi viene in mente per esempio il momento in cui nel ’93 con Amnesty siamo riusciti ad ottenere l’istituzione dell’Alto Commissariato per i diritti umani o nel ’98 l’avvio del processo che ha portato all’istituzione della Corte Penale Internazionale. Per arrivare all’attualità, una piccola vittoria di sistema è rappresentata dal fatto che il nuovo Governo italiano abbia istituito, per la prima volta, un ministero dedicato alla cooperazione e allo sviluppo. Sono cose che ti danno di certo una soddisfazione non solo forte emotivamente e personalmente ma che hanno più impatto anche se non nascono da un scambio di calore umano. Trasformare se stessi e le organizzazioni nelle quali si lavora dà il senso del raggiungimento di un obiettivo. Più in generale, l’avere contribuito personalmente a trasformare ActionAid da organizzazione inglese, governata da inglesi, tutti e solo uomini, tutti e solo bianchi, in un’organizzazione veramente internazionale radicata nel territorio di tantissimi paesi in cui la gestione dello staff e il livello di governo dell’associazione in India come in Malawi, in Brasile così come in Italia è affidata a persone locali che vivono la realtà di tutti i giorni è una trasformazione sostanziale. Questo tipo di cambiamento garantisce la possibilità di ottenere degli effetti di lungo periodo. Ci sono parecchie missioni umanitarie che portano avanti delle politiche meramente assistenzialiste che a medio e lungo tempo sono infruttuose, pensi sia possibile agire in maniera da portarle a cambiare la loro strategia? Non cambiamo il mondo continuando ad asciugare gli scogli, ma possiamo cambiarlo mettendo a sistema le esperienze che maturiamo in mille situazioni, specifiche, piccole, concrete, e se riusciamo a formulare delle raccomandazioni per dei cambiamenti sistemici; se riusciamo a fare nascere nelle persone quel desiderio di cambiare che poi è alla radice di mutamenti permanenti e non solo temporanei. La logica dell’aiuto caritatevole è rispettabilissima ma non cambia il sistema; continua a vivere in un sistema ingiusto ricreando condizioni perché l’ingiustizia sopravviva, fiorisca. La povertà è una questione di disparità di potere, di ingiustizia, non è una questione di sfortuna; noi vogliamo evidenziare questo e contribuire a riequilibrare queste disparità. Fare cambiare la strategia di altre organizzazioni che hanno scelto di operare sull’aiuto caritatevole, non è il nostro compito diretto. Certamente con il nostro approccio forniamo un esempio del fatto che si possano ottenere molti più risultati producendo evoluzioni di sistema piuttosto che continuare a spostare gocce d’acqua in mezzo al mare. Siamo una grande organizzazione, in termini quantitativi, ma pure essendo tali rimaniamo pur sempre una goccia se il mondo è fatto di regole sistemiche che continuano ad impoverire i paesi e le comunità più deboli. Termina qui la prima parte dell’intervista con il Segretario Generale di ActionAid Marco de Ponte. Nella prossima, conosceremo le attività dell’organizzazione, i risultati e l’impatto del suo operato per poi entrare nel merito dell’accattivante strategia 'Italia, sveglia' ideata e sviluppata da ActionAid per i prossimi anni.

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