di
Lucia Russo
25-10-2011
I nuovi orientamenti della Commissione Ue sui finanziamenti per le Reti trans-europee di trasporto sono ormai ufficiali e non comprendono il ponte tra Calabria e Sicilia, ma tanto la Società Stretto di Messina quanto il Ministero dei Trasporti affermano che il ponte si farà ugualmente, con fondi "privati".
La vera notizia sulla sorte della grande opera, la stiamo ancora aspettando. Nella conferenza stampa del 19 ottobre, da Bruxelles, l’Ue conferma di aver accordato la preferenza all’itinerario del vecchio Corridoio europeo 5, oggi Helsinki-La Valletta, a discapito della direttrice 1, Berlino-Palermo, come già si vociferava dall’estate.
I nuovi orientamenti della Commissione Ue sul finanziamento per le Reti trans-europee di trasporto sono stati semplicemente ufficializzati. L’unico elemento di novità (non trascurabile) nell’asse Helsinki-La Valletta è il collegamento Napoli-Palermo con l’inserimento della nuova tratta ferroviaria Napoli-Bari. Entrambi i percorsi su rotaie riceveranno – assicura la Commissione – il finanziamento europeo. L’Ue quindi non finanzierà la costruzione del ponte.
Le priorità accolte dalla Commissione interessano anche il nord, con la Torino-Lione, il tunnel del Brennero e il collegamento ferroviario Genova-Milano-Svizzera; il corridoio Baltico-Adriatico, le piattaforme multimodali di Udine, Venezia e Ravenna e le interconnessioni dei porti di Trieste, Ravenna e Venezia.
Nella proposta di risoluzione della Commissione Europea, tuttavia, trova menzione anche la possibilità di cambiare l'elenco delle opere da finanziarie “per tenere conto di possibili modifiche nelle priorità politiche, del manifestarsi di nuovi fattori tecnici e anche di variazioni nei flussi del traffico”. Esiste anche un’importante avvertenza: i fondi assegnati saranno persi se la realizzazione del progetto non sarà stata avviata entro un anno dalla data prevista al momento della concessione del finanziamento.
Le dichiarazioni rese a Bruxelles dal commissario europeo ai trasporti Siim Kallas nella conferenza stampa dello scorso 19 ottobre si rifanno al progetto Connecting Europe, dedicato all’incremento della scala europea alla rete infrastrutturale, parte del quadro finanziario pluriennale per il 2014-2020 che la Commissione UE aveva presentato il 29 giugno 2011. Rimandiamo al link sopra per il progetto in esteso, mentre qui ricordiamo che nel suo ambito l’Ue stanzia 50 miliardi di euro per rilanciare trasporti, energia e reti digitali. Ai soli trasporti – su strada, autostrada e ferrovia - e ai collegamenti cosiddetti intermodali (ovvero con aeroporti, porti e metropolitane) sono destinati ben 31,7 miliardi, ma neanche un euro verrà dedicato alla costruzione del Ponte di Messina.
Per i 10 assi prioritari proposti nei giorni scorsi, l'Unione adotta gli EU project bonds e si riserva un ruolo cruciale da svolgere nel coordinamento tra gli Stati membri al momento di pianificare, gestire e finanziare progetti transfrontalieri, ma che contempla il concetto di Stato come istituzione e non come popolo, oltre a disconoscere l’istanza 'partecipativa' delle scelte sul territorio. Un ruolo che in questi giorni in Val di Susa, gli abitanti contestano con fermezza non-violenta.
Secondo le dichiarazioni rilasciate da Siim Kallas “la decisione se usare il ponte o il traghetto, spetta all'Italia”. Ma a fronte di tale disconosciuta priorità e di tutte le istanze sociali che si schierano come contrarie al ponte (tra cui il WWF e No Ponte), tanto la Società Stretto di Messina quanto il Ministero dei Trasporti affermano che il ponte si farà ugualmente, con fondi privati, quelli che in gergo tecnico vengono definiti come “risorse liberamente reperite sul mercato”.
Secondo il WWF, mentre si discute di un’opera che probabilmente non si farà mai, si è dilapidato qualcosa come 400-500 milioni di euro. “L'opera ha un costo insostenibile, in crescita incontrollata: 8,5 miliardi di euro, pari a mezzo punto di PIL con un abnorme e ingiustificato aumento dei costi in un anno di oltre il 34% (da 6,3 del luglio 2010 agli 8,5 miliardi di euro del luglio 2011).”
“Il Governo sblocchi le risorse destinate al ponte per investire sulle vere priorità per quest'area del Paese: adeguare la linea tirrenica e potenziare la linea ferroviaria ionica in Calabria e le linee ferroviarie siciliane che collegano Catania, Messina e Palermo; intervenire per chiudere finalmente i cantieri della A3 Salerno-Reggio Calabria, ammodernare e rendere sicura la SS106 Ionica; garantire un servizio efficiente di metropolitana del mare per i pendolari dell'area dello Stretto e rafforzare gli attuali servizi di traghettamento pubblici; destinare ingenti risorse alla rinaturalizzazione dei versanti e al consolidamento del suolo e al riassetto del territorio ad alto rischio idrogeologico e sismico”.
Se andiamo a guardare tra gli attori coinvolti sul fronte del 'Ponte Sì', a tutt’oggi, di fondi privati ne sono emersi ben pochi. La Società Stretto di Messina (concessionaria per la progettazione, realizzazione e gestione del ponte sullo Stretto di Messina) è una società per azioni il cui capitale sociale è detenuto dall’Anas quale azionista di maggioranza con quota pari all’81,8%.
Seguono Rete Ferroviaria Italiana con il 13%, Regione Calabria e Regione Siciliana ciascuna con una partecipazione pari al 2,6%. Consideriamo inoltre che la società per azioni Anas è controllata dall’azionista unico Ministero dell'Economia e delle Finanze ed è sottoposta al controllo e alla vigilanza tecnica e operativa del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Nell’ultimo bilancio di esercizio consolidato di Anas concernente il 2010 – pubblicato sul suo sito ufficiale - la Società Stretto di Messina spa (di cui la Regione è socia col 2,5%) riporta le risorse stanziate dal CIPE e rese disponibili con la prima quota annua pari a € 12,7 milioni (sulla base del quadro predisposto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti relativo agli interventi del Programma delle infrastrutture strategiche da attivare nel periodo 2009 – 2011).
Inoltre, si legge che “con delibera 120 del 17 dicembre 2009, il CIPE ha assegnato, a valere sulle disponibilità del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, [...] e che con la legge finanziaria 2010 sono stati stanziati ulteriori € 470 milioni a favore di Anas da destinare alla sottoscrizione degli aumenti di capitale previsti per Stretto di Messina S.p.A., successivamente ridotti a € 423 milioni dal D.L. 78/2010”.
Si può quindi affermare che lo Stato italiano è stato finora il principale finanziatore del ponte. Tra gli attori privati della partita dell’opera, è nota a tutti l’Eurolink S.C.p.A., la società che offrendo 3,88 miliardi di euro si è aggiudicata nel 2005 la gara d’appalto come contraente generale per la costruzione. Come reso noto sul sito Ponte di Messina.it, la Eurolink è capeggiata da Impregilo S.p.A (45%), e partecipata da Sacyr. S.A. (18.70%), Società Italiana per Condotte d’Acqua S.p.A. (15%), Cooperativa Muratori&Cementisti (13%), Ishikawajima – Harima Heavy Industries CO Ltd (6.3%), Consorzio Stabile A.C.I. S.C.p.A. Questi sono i soggetti privati contrattuali che ci è dato conoscere nella vicenda.
All’Eurolink S.C.p.A., qualora l’opera non fosse costruita, non fa capo alcun obbligo. È invece lo Stato ad essere obbligato per via di una clausola del contratto all’esosa penale del 10 per cento dell’importo totale più le spese già affrontate dal General Contractor, in caso di proprio recesso, avvenuto – si badi bene - dopo la definitiva approvazione dell’opera da parte del CIPE.
In questo contorto girone delle cantiche del ponte di Messina, sembra quindi che concessionario dell’opera e Stato italiano, coincidano. Tale approvazione del progetto definitivo non è ancora sopraggiunta. Perché, e nell’interesse di chi – ci chiediamo – dovrebbe verificarsi la sciagurata circostanza in cui una penale ricadente sulla spesa pubblica verrebbe a giungere dall’approvazione del CIPE, in altre parole un organismo statale composto da Presidente del Consiglio, vari Ministri - tra cui il Ministro dei trasporti - e vari tecnici esterni, come il Governatore della Banca d’Italia?
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