di
Virginia Greco
28-09-2010
Gli addetti ai lavori confermano che a breve l’auto elettrica potrebbe diventare una realtà comune. Ma la transizione verso un sistema basato su carburanti non fossili comporterebbe un profondo mutamento negli assetti sociali e soprattutto economici. Scopriamo in che modo.
L’avvento dell’auto elettrica non è più in discussione, ormai è solo una questione di tempo. È quindi il caso che l’industria dell’automobile e soprattutto il suo indotto si adeguino per trarne profitto invece che fallire. Questo è il succo del pensiero di Oliver Hazimeh, direttore e capo del settore mobilità elettrica della PRTM, società americana di consulenza al managing.
"Come avviene in seguito all’arrivo di ogni innovazione dirompente, la creazione di una nuova catena di valore aprirà numerosi nuovi spazi, ossia grandi occasioni come anche rischi - afferma Hazimeh -. Le compagnie che rivendicheranno attivamente il loro posto in questo quadro saranno quelle che domineranno la scena nella prossima generazione".
In effetti man mano che le preoccupazioni riguardo al riscaldamento globale, alla dipendenza dal petrolio e all’inquinamento urbano da traffico crescono, i governi e le case produttrici di automobili cercano sempre più di rendere i veicoli alimentati a batteria elettrica una reale alternativa all’uso delle convenzionali vetture a carburante fossile.
Ovviamente, perché la tecnologia si diffonda è necessario che il suo costo sia ragionevole e questo obiettivo sarà presto raggiunto. Il consumatore finale potrà, infatti, a breve permettersi un veicolo elettrico sobbarcandosi spese equivalenti a quelle che comporta il possesso di un’auto con classico motore a combustione interna. Per altro, la tecnologia dell’auto elettrica non è ancora arrivata al culmine del suo sviluppo: le ricerche continuano ed è facile prevedere che le sue performances miglioreranno e i prezzi diminuiranno (anche in virtù del passaggio alla produzione su più larga scala).
Secondo gli esperti della sovra citata PRTM, entro il 2020 i veicoli elettrici costituiranno il 10% del parco macchine di nuova vendita, in Usa. Previsioni di osservatori meno 'conservativi' si spingono a parlare del 20%.
In ogni caso, la penetrazione di questa tecnologia è in crescita e ciò avrà un impatto non trascurabile su tutto il settore dell'automotive e connessi: dalla produzione delle auto stesse e dei motori, all’indotto che si occupa dei servizi e della manutenzione, fino alla stessa generazione e distribuzione dell’energia elettrica (che entrerà in gioco al posto degli importatori e distributori di carburante derivato da petrolio).
Si tratta di un giro di affari e di uno spostamento di denaro pari a varie centinaia di miliardi di dollari. Ovviamente non può passare inosservato, né essere privo di conseguenze.
Le compagnie che già oggi includono i motori elettrici tra le voci della propria attività, siano esse impegnate nella produzione di componenti, o nella vendita dei veicoli o ancora nella messa a disposizione di servizi, dovranno identificare in fretta le esigenze dei clienti e le opportunità offerte dal nuovo scenario, in modo da costruire le proprie strategie di sviluppo. È evidente che chi sarà pronto a rispondere alle richieste appena saranno formulate guadagnerà un posto in prima linea nel nuovo mercato.
Le imprese che invece non hanno ancora investito in questo settore e sono concentrate completamente sui veicoli a combustibile fossile, senza dubbio vedranno una riduzione nel loro giro di affari che col tempo – si auspica – sarà alquanto significativa. Esse dovranno dunque fare delle scelte, riposizionarsi in qualche modo nel panorama economico, se non vorranno fallire, mandando per giunta sulla strada i loro lavoratori.
Anche le professionalità dovranno cambiare, ad alto come soprattutto a basso livello: l’introduzione e lo sviluppo di una nuova tecnologia prevede la formazione di personale addetto che possegga conoscenze specifiche e sia a sua volta in grado di rispondere alle nuove richieste. Hazimeh afferma che la diffusione dei veicoli elettrici creerà addirittura tra il milione e il milione e mezzo di nuovi posti di lavoro.
Ad incassare entrate sicure e cospicue saranno le compagnie responsabili della generazione e distribuzione della corrente elettrica. Del resto aggiungere un veicolo elettrico alla rete corrisponde a collegarvi una nuova residenza di medie dimensioni. Con la differenza che nel caso delle auto la rivoluzione, e quindi la crescita di connessioni, sarà più rapida di quanto normalmente accade per gli edifici, se non altro a questo livello.
Se gli incassi sono assicurati, di contro si pone un problema: se l’attuale rete elettrica sia in grado di sostenere lo sforzo notevole a cui sarà sottoposta in seguito all’introduzione di una notevole quantità di veicoli elettrici. Le previsioni in merito sono negative, pertanto le compagnie devono intervenire in tempo per adeguare le infrastrutture e la tecnologia alla richiesta. Ciò comporta grossi investimenti di denaro e risorse.
Dall’altro lato le compagnie di petrolio saranno colpite dalla contrazione della domanda. Di fatto tale diminuzione di richiesta è esattamente l’obiettivo perseguito, quello che ha determinato l’introduzione delle auto elettriche. Ciò non toglie, ad ogni modo, che la transizione vada pianificata.
Un altro segmento dell’indotto dell’industria dell’auto elettrica che vivrà un momento interessante di sviluppo è quello che si occupa della costruzione e messa in commercio delle batterie. Al momento esse sono ancora troppo costose: la sfida per le imprese del settore è ora quella di disegnare e produrre dispositivi con le stesse prestazioni a metà del costo attuale.
Per quanto riguarda la manutenzione, è evidente che nuovi specialisti di questi tipi di motori e di veicoli dovranno prendere il posto di quelli precedenti; si devono quindi prevedere percorsi formativi per nuovi lavoratori o per il ricollocamento di esperti della generazione passata di vetture. In linea generale, però, i motori elettrici prevedono meno interventi di quelli a scoppio, quindi in generale potrebbe esserci una contrazione nel settore.
Scenari ancora più evoluti potrebbero prevedere poi una delocalizzazione delle colonnine di ricarica dal distributore comune ad uno personale, integrato nell’impianto elettrico di casa. Ciò necessiterà delle modifiche ancora maggiori all’attuale gestione della distribuzione elettrica, cosicché il rapporto tra cliente e gestore potrà prevedere contratti di varia natura a seconda della presenza o meno di una o più auto in famiglia da ricaricare.
Anche nel campo dell’informatica, diverse case si software per smart-phone stanno progettando applicazioni che consentano di individuare il luogo di ricarica più vicina e notificare quando la ricarica sia completa. In seguito forse potranno gestire anche una prenotazione del posto-ricarica, oppure comunicare con la centralina dalla propria casa quando il servizio sarà distribuito a domicilio.
È molto interessante osservare e studiare la serie di grosse modifiche sociali e riassetti economici che il passaggio all’auto elettrica determinerà nel mondo nei prossimi vent’anni. Ma sicuramente più importante è garantirsi che tale rivoluzione avvenga e che produca gli effetti sperati in campo ecologico. Staremo a vedere. Del resto, affidandoci all’opinione di Hazimeh, ormai è solo questione di tempo.
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