di
Elisabeth Zoja
28-02-2011
Il fenomeno che prende il nome di Critical Mass non è che la punta dell'iceberg di un movimento di ciclisti urbani in espansione ormai da decenni. Il nuovo documentario 'Bici batte auto' presenta le varie facce di questo fenomeno che sta cambiando la storia delle due ruote.
L’ultimo venerdì di ogni mese migliaia di ciclisti si riuniscono in città quali Seattle, Londra, Vilnius e Honolulu per festeggiare la bici. È il fenomeno chiamato Critical Mass, una massa critica ma pacifica che propone un’alternativa all’auto. Questa è solo la punta dell'iceberg di un movimento di ciclisti urbani che cresce ormai da decenni.
Il documentario Bici batte auto. Creativi & guerrieri urbani su due ruote presenta le varie facce di questo movimento: da Critical Mass alle gare urbane, allo scatto fisso, un meccanismo, che non permette un movimento indipendente dei pedali rispetto alla ruota posteriore, divenuto poi arte di strada.
La produzione italo-americana uscita nel 2008 non ha un solo regista: sono stati almeno 5 collaboratori e 3 collettivi italiani a occuparsi di film e video. Il tutto curato da Naoto, “personaggio borderline della scena milanese che si divide tra bici e telecamera” si legge sulla confezione. La parte principale di tale raccolta, che racconta la storia di Critical Mass, è però stata girata dal pluripremiato documentarista Ted White.
Intervistando i ‘fondatori’ di Critical Mass e incorporando video dei primi giri organizzati, White mostra come e perché è nato questo movimento. La sua documentazione apre dicendo: “Critical Mass è nata alle 17.30 del 26 settembre 1992 a San Francisco, California e questa è la sua storia”. Lo spettatore si ritrova poi dentro una macchina bloccata dal traffico e vede una donna aspettare dietro il volante. Una voce fuori campo dice: col tempo i consumatori si rendono conto che rimanere bloccati un’ora e mezza nel traffico, arrivando poi a casa quando i figli stanno già dormendo, non è lo stile di vita che volevano fare.
“Sono andato alla Critical Mass perché rimango imbottigliato ogni giorno e vedo la distruzione che ciò comporta. Voglio uscire dalla mia macchina, voglio avere un’alternativa”. Un’alternativa è la bici e una maniera per sperimentarla è Critical Mass. Il movimento nasce dunque da un numero di persone che torna dal lavoro in gruppo per proteggersi dalle auto che sfrecciano per San Francisco.
Si tratta dunque di controbilanciare il corso delle auto, non di ostruirlo. “Noi non blocchiamo il traffico, siamo il traffico!”, afferma di continuo il film. A differenza di quello che molti (ormai anche alcuni partecipanti) credono, l’obiettivo non è intralciare gli automobilisti. Essi non sono nemici, al contrario: spesso i ciclisti di Critical Mass si fermavano a parlare con loro e a distribuire volantini. Questo prima che subentrasse la polizia che, circondando la massa critica, la isola dal resto del mondo. I fondatori spiegano però, che la polizia non sarebbe necessaria poiché “non si tratta di una protesta, ma di una celebrazione”.
Al primo giro ‘organizzato’ i ciclisti erano 45, al quinto erano 200. Dieci anni dopo se ne contavano 1.000, ma oltre a ciò il movimento si era espanso a centinaia di città nel mondo intero. Una crescita impressionante tenendo conto che Critical Mass non viene organizzato ufficialmente ovvero pubblicizzato dai media tradizionali. Il film mostra che si tratta di un evento, non di un’associazione. Infatti non ha leader o messaggi politici predefiniti, e l’unico requisito per parteciparvi è una bicicletta.
Nonostante ciò Caycee Cullen, una delle ‘fondatrici’ intervistate nel documentario, spiega che spostarsi in bici lancia inevitabilmente dei messaggi, in parte politici. Si tratta innanzitutto di riconquistare le strade, uno spazio che appartiene a tutti e che dunque non dovrebbe appartenere solo alle auto. Un ciclista inoltre, non consumando benzina, non contribuisce né ai conflitti per il petrolio, né all’inquinamento dell’atmosfera.
La bici, inoltre, non causa inquinamento acustico; ciò ha reso Critical Mass anche un evento sociale dove, invece di stare inscatolati nelle proprie auto, si comunica e si scherza col proprio vicino. Chris Carlsson, che si autodefinisce fondatore di Critical Mass, spiega che si tratta inevitabilmente di un evento ciclistico, ma che ridurlo a ciò significherebbe mancarne l’essenza: creare un nuovo spazio pubblico.
Per definire Critical Mass altri personaggi intervistati insistono sul suo aspetto non commerciale e non competitivo. Per quale motivo, allora, porta un nome pressoché aggressivo come Massa Critica?
Durante i primi mesi l’evento si chiamava Commute Clot (coagulo pendolare), ma un giorno i fondatori si sono trovati in una ‘ciclofficina’ per vedere Return of the Scorcher un documentario di Ted White sulla cultura ciclistica oltreoceano: nel film venivano mostrati i grandi incroci privi di semafori delle città cinesi, nei quali i ciclisti si raggruppavano per attraversarli congiuntamente.
“Era una specie di ‘massa critica’: tutti i ciclisti […] aspettavano di essere abbastanza numerosi da poter costringere le auto a fermarsi,” spiegava George Bliss, intervistato in Return of the Scorcher. Così i fondatori trovarono un nuovo nome da dare al loro movimento ciclistico: massa critica.
Da allora sono passati quasi 20 anni. A che punto si trova, ora, il movimento di ciclisti urbani? “In termini di cifre Critical Mass sta ancora crescendo, ma gli obiettivi più profondi legati a questa cultura politica in fase di sviluppo non sono stati di fatto raggiunti” sostiene Chris Carlsson. “La ‘massa’ dello scorso luglio, che ha raccolto quasi 3000 ciclisti, è stata statisticamente un’impressionante dimostrazione di crescita, ma quella pedalata […] era permeata da un insolito silenzio ‘zombiesco’ e una carenza di energia.” Carlsson spiega l’obiettivo originario: “Volevamo costruire (il movimento, ndr) su solide radici fatte di ironia, rifiuto dell’autorità, decentramento e autogestione […]. In realtà Critical Mass discende dal Movimento antinucleare almeno quanto dalle iniziative di ciclisti del passato. […] È intrinsecamente contro il capitalismo, anche se a pedalare ci sono numericamente più sostenitori acritici dell’Impero americano e dei suoi interessi economici che autentici sovversivi… ma questa è solo una delle divertenti contraddizioni di Critical Mass”.
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