di
Andrea Boretti
26-01-2011
In Europa sono diverse e molteplici le esperienze di intere zone in cui è vietato transitare con, e a volte anche solo possedere, un'automobile. In Italia, dove il trasporto su gomma resta invece il preferito da cittadini e amministrazioni, c'è ancora molto da lavorare.
Una volta ho fatto un sogno. In questo sogno uscivo di casa a piedi e dalla porta d'ingresso, non da un sotterraneo a bordo di una scatola di metallo e plastica. In questo sogno camminavo sull'erba o su sentieri di terra battuta, non su una lingua d'asfalto. In questo sogno attorno a me c'era altra gente che camminava, alcuni erano in bicicletta e i bambini giocavano a pallone senza rischiare di essere investiti. Poi mi sono svegliato.
E il risveglio è stato amaro perché come racconta un rapporto di Legambiente e ACI dal titolo La città ai nostri piedi, l'Italia è un paese dove il 30,8% degli spostamenti in automobile avviene su tragitti inferiori ai 2Km, l'Italia è poi il paese dove ogni 100 abitanti ci sono mediamente solo 34 metri quadrati interdetti al traffico d'auto. Volendo esagerare, ma non più di tanto, questo significa che ognuno di noi ha solo 0,34 metri quadrati in cui è sicuro non possano transitare auto. 34cm quadrati...
Ovviamente la questione è culturale, ma non solo, la politica e le amministrazioni hanno in tutto questo una grande responsabilità, soprattutto perché la loro possibilità di intervento in questo senso è davvero grande.
Se in Italia, con diffusione potremmo dire limitata, sono 30 anni che esistono le ZTL e le aree pedonali - la prima fu quella romana nella zona del Colosseo e dei fori imperiali - nel resto del mondo la tendenza a liberare le città dal traffico è un fenomeno di ben più vecchia data - Lijnbaan, il principale quartiere di Rotterdam venne chiuso al traffico nel 1953 - e di dimensione decisamente maggiore oltre che in continua espansione.
Soprattutto nel nord Europa, infatti, sono diverse le situazioni in cui il mio sogno sembrerebbe già oggi una realtà esistente o non molto distante. Sempre in Olanda ad esempio vivono 1000 persone nel quartiere di GWL Terrain, un quartiere carfree realizzato negli anni 90' in cui tra una casa e l'altra ci sono solo sentieri, piste ciclabili e prati. L'ingresso delle automobili è consentito solo per le emergenze.
Quartieri simili esistono poi a Edinburgo, Slateford Green (251 appartamenti senza posto auto), e a Vienna, Nordmanngasse dove 600 famiglie che vivono a 8Km si sono impegnate al momento dell'acquisto a non possedere un'auto propria. Ovviamente queste persone si spostano con i mezzi pubblici - che qui funzionano alla perfezione - in bici o attraverso servizi di car-sharing.
Esperienze simili si registrano poi a Londra dove BedZed (Beddington Zero Energy Development) è un quartiere energeticamente autosufficiente e a bilancio di zero di CO2, a Friburgo dove dal 1998 sta crescendo il quartiere car-free più grande d'Europa e ovviamente in Svezia dove a Malmo il quartiere Augustenborg ha puntato sulle vie pedonali, sui mezzi pubblici e sulle piste ciclabili al punto che solo il 20% degli abitanti possiede un'automobile. In tutti questi luoghi la qualità della vita è aumentata, l'inquinamento è diminuito e i bambini giocano a pallone per i prati senza rischiare di essere investiti.
Insomma il mio sogno nelle varie versioni inglesi, tedesche od olandesi è in questi luoghi già realtà. In Italia purtroppo siamo parecchio indietro non solo nella realizzazione ma anche nelle intenzioni. Figuriamoci che a Milano la piccola ZTL realizzata solo un paio di anni fa viene annualmente messa in discussione sia per l'estensione che per i risultati.
C'è poi da pensare al futuro dell'automobile che per quanto non ci piaccia non sta certo tendendo a scomparire e in questo senso il segnale dell'investimento FIAT a Mirafiori è inequivocabile, produrranno dei SUV, la tipologia di automobile più inquinante, più ingombrante e dai consumi maggiori che si possa immaginare. A quando un segnale che ci faccia sperare in un'Italia più a misura d'uomo?
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