di
Andrea Boretti
15-12-2010
Unico paese a non firmare, la Bolivia contesta duramente il patto sul clima raggiunto a Cancun: un accordo "vuoto" che il leader sudamericano Evo Morales non si è sentito di sottoscrivere e che intende portare davanti alla Corte Internazionale di Giustizia.
Un solo paese non ha firmato il patto di Cancun raggiunto l'11 Dicembre scorso dal Cop 16, quel paese è la Bolivia di Evo Morales. Ma perché questa Repubblica Sud-Americana ha respinto un patto che dai mezzi di comunicazione è stato presentato come una vittoria dei 193 stati che invece lo hanno approvato?
Anzitutto vediamo cosa contiene il suddetto patto. I paesi partecipanti prendono atto della necessità di tagliare le emissioni inquinanti del 25-40% entro il 2020, data dalla quale partirà un fondo annuale di 100 miliardi di dollari (anche se saranno solo 30 per i primi 3 anni) per aiutare le nazioni in via di sviluppo ad adattarsi ai cambiamenti climatici. Secondariamente vengono istituiti un Comitato scientifico per valutare le opzioni e le strade da intraprendere in futuro e un Centro di Tecnologia Climatica che avrà il compito di creare una rete planetaria che permetta di far collaborare la comunità scientifica internazionale.
Insomma, come al solito tante buone intenzioni e niente di concreto sul piatto, ed è proprio questo che ha fatto 'arrabbiare' la Bolivia che si è tirata fuori e anzi ha annunciato che ricorrerà alla Corte internazionale di giustizia contro il patto di Cancun.
Dice Pablo Solon, ambasciatore della Bolivia all'ONU: "La Bolivia è l'unico Paese che ha mantenuto ferma l'intenzione di 'raffreddare' il pianeta alla Cop16, nel criticare 'el exitismo' di governi come il Messico, che permette l'approvazione arbitraria di questo accordo che registra solo lo 'sforzo comune' per facilitare un patto globale nella lotta contro il cambiamento climatico da realizzarsi nel 2011 a Durban, Sudafrica.
La Bolivia non è disposta ad assumersi questa responsabilità, ma al contrario è responsabile degli impegni della Conferencia Mundial de los Pueblos sobre el Cambio Climático y la Defensa de la Tierra, che si è tenuta a Tiquipaya nell'aprile scorso. La nostra delegazione ha chiesto di proseguire il cammino del Protocollo di Kyoto con il fine di promuovere delle riduzioni sostanziali della temperatura e delle emissioni di gas inquinanti e garantire che l'incremento della temperatura non venga subito. L'accordo del Pacto de Cancún è il via libera ad un incremento della temperatura del pianeta fino ai 4 gradi centigradi e più”.
4 Gradi centigradi, avete capito bene. Se a Copenhagen si parlava, infatti, di un aumento massimo di 2 gradi nel 2050, ora solo un anno dopo, tale obiettivo non sarebbe più realistico. Uno studio britannico, infatti, spiega come sia invece molto più probabile nell'arco di qualche decina d'anni un aumento di temperatura pari a 4 gradi, cosa che provocherebbe danni inimmaginabili tra cui carenza di cibo e acqua in molte zone del pianeta con conseguenti migrazioni di interi popoli.
Che sia forse questa prospettiva ad aver spaventato la Bolivia? Pare proprio di sì a giudicare dalle parole spese dal presidente Boliviano Evo Morales sull'accordo di Cancun: "Non difende la vita della natura né dell'umanità. La Bolivia proseguirà nella lotta per la Madre Tierra. La Bolivia non ha sottoscritto quel documento perché pensa che porterà il pianeta e l'uomo verso l'estinzione. La Bolivia si è opposta ad unirsi a quel documento perché non significa altro che ripetere gli errori della Conferenza climatica realizzata a Copenhagen, in Danimarca, nella quale le nazioni sviluppate si rifiutarono di cambiare le loro politiche irrazionali di industrializzazione che provocano l'inquinamento ambientale e la distruzione del mondo.
Sebbene a Cancun, come a Copenhagen, hanno cercato di emarginarci e di non tener conto delle nostre proposte in difesa della vita, proseguiremo da soli nella lotta insieme al popolo della Bolivia. Si è realizzata un'accettazione della posizione della Bolivia da parte dei movimenti sociali del mondo. La Bolivia con i movimenti sociali ed i popoli del mondo andrà avanti e promuoverà nuove riunioni per raggiungere un consenso mondiale ed adottare politiche che permettano di vivere in armonia con la Madre Tierra. Il mondo non può proseguire con programmi irrazionali di industrializzazione che sono l'unica cosa che provoca la distruzione del pianeta e dell'umanità".
Ma Morales nel suo discorso dice anche molto di più, parole sulle quali dovremmo tutti riflettere: "Gli esseri umani non possono vivere senza la Madre Tierra, però il pianeta può esistere senza l'essere umano. Per questo i diritti della Terra sono ancora più importanti degli stessi i diritti umani. Il mondo deve capire che un riscaldamento eccessivo del pianeta lo porterà all'estinzione dell'umanità. (...) La Bolivia ha proposto accordi per stabilizzare la temperatura del pianeta ad un grado centigrado come massimo, mentre le grandi potenze dicono che deve salire almeno di due gradi.
Curiosamente nella riunione di sabato hanno approvato a Cancun un documento che stabilisce l'aumento della temperatura a quattro gradi centigradi. Attualmente la temperatura mondiale è salita in media di 0,8 gradi centigradi. Per questo sentiamo caldo, c'è la siccità, si producono incendi forestali e spariscono elementi di base per la vita come l'acqua, che producono la siccità e questo problema impedisce la produzione di cibo" .
Un reporter britannico della BBC ha definito la Bolivia "un piccolo paese che è anche una grande potenza per la sua difesa della vita e dell'umanità". Forse è così, forse no, di sicuro la Bolivia oggi sta lottando per i popoli di tutto il pianeta perché nei vari summit gli accordi non siano solo di facciata e di buone intenzioni ma di sostanza.
La Bolivia si sta battendo perché si faccia chiarezza sul futuro di Kyoto prima che Kyoto scada l'anno prossimo. La Bolivia sta lottando perché gli accordi siano precisi e non generici (entro il 2020 vogliamo abbattere le emissioni del 25% o del 40%?), perché prevedano delle pene per le omissioni, perché i ricchi aiutino i poveri e si assumano le proprie responsabilità.
Chi festeggia questo accordo parlando di 'un primo passo' non capisce come non si possa più temporeggiare rimandando le decisioni di anno in anno, ma sia arrivato invece il momento di prendere decisioni chiare e efficaci, decisioni che non prendano in considerazione solo azioni economiche e di mercato come il Green Found ma valori e necessità più alte e non rinviabili. In casi come questi, infatti, il denaro più che un propulsore rischia di essere un freno.
Commenti