Il 17 settembre 2010 cade il Kapparot, la vigilia del giorno più sacro per gli ebrei religiosi, lo Yom Kippur. Come ogni anno, migliaia di gallinacei saranno sacrificati mediante una pratica disumana diffusasi a partire dal Medioevo e che rappresenta l'espiazione del peccato umano. E se galli e galline fossero sostituiti con del denaro? Molti osservanti già lo fanno, ora l'idea viene rilanciata da una petizione internazionale online.
Kapparot o Kaporos significa 'espiazione' e ogni anno alla vigilia di Yom Kippur - il giorno più sacro dell'anno per gli ebrei religiosi (quest'anno capita il 17 settembre, ndr), noto anche come il Giorno dell'Espiazione - migliaia di galli e galline vengono sacrificati per svolgere una cerimonia celebrata da molti ebrei ortodossi. Il loro sangue per i peccati commessi dagli uomini affinché questi ultimi possano presentarsi dinanzi a Dio, puri.
Non dobbiamo pensare però a questo rituale come fonte di espiazione, anche perché la Kapparot senza Teshuvàh (che consiste nella presa di coscienza degli errori commessi, a seguire la confessione delle colpe attraverso la parola e infine l'impegno per l'avvenire a non ricadere nella trasgressione) serve a ben poco. Non bisogna confondere il fine con il mezzo e bisogna tenere a mente che il fine è quello di fare Teshuvàh.
Quindi possiamo dire che gli ebrei ortodossi si servono dei gallinacei per acquisire la consapevolezza che potrebbero essere meritevoli di morte a causa delle colpe commesse; possiamo dire che quello che accade al gallo o alla gallina potrebbe capitare a loro e sono in tal modo motivati a pentirsi, a chiedere pietà e a non ricadere negli stessi peccati in futuro. Pentendosi possono così essere salvati dalla pena che meritano, compiendo buone azioni e praticando la carità.
Alla vigilia di questo giorno sacro, nelle strade delle città israeliane e non solo (anche negli Stati Uniti, in città come New York e Chicago, per esempio) questa cerimonia viene praticata leggendo dapprima alcuni brani della Bibbia (Isaia 11:09, Salmi 107:10,14 e 17-21 e Giobbe 33:23-23) e subito dopo si passa al rito in questione.
La cerimonia consiste nel prendere un gallinaceo, meglio se bianco perché simboleggia la purificazione dal peccato, nella mano destra: un gallo per l'uomo, una gallina per la donna, un gallo e una gallina contemporaneamente per la donna incinta. Si fa volteggiare il gallinaceo per tre volte, formando dei cerchi sopra la testa della persona e nello stesso istante si recita: "Questo è il mio cambio, il mio sostituto, la mia espiazione; questo gallo (o gallina) andrà alla sua morte mentre io procederò verso una vita lunga e di pace".
Subito dopo il gallinaceo viene gettato in un sacco della spazzatura, ancora vivo, mentre si contorce cercando la libertà. La sua destinazione sarà il macello, dove verrà sgozzato secondo il rituale ebraico, Shechità, per poi essere regalato o meno come segno di carità ai più poveri.
Nelle regole alimentari ebraiche vige il divieto di stordimento e l'atto della macellazione deve essere eseguito da un macellatore rituale, Scochet, autorizzato e addestrato che andrà con un coltello affilatissimo a recidere la trachea, l'esofago, le arterie carotidi e le vene giugulari dell'animale. Secondo la Farm Animal Welfare Council questo tipo di macellazione è crudele e barbarica.
La Shechità viene eseguita a un animale pienamente consapevole; il suo cervello continua a funzionare per tre minuti circa dopo l'incisione, quindi è ancora vivo mentre sanguina a morte e ovviamente tutto ciò gli causa stress e inutili sofferenze.
Ma l'atto finale della macellazione non è l'unica pena inflitta ai gallinacei in questo rituale ebraico. Il tormento inizia prima del rito, nel momento in cui vengono trasportati in gabbie anguste da camion spesso aperti, esposti alle intemperie, senza cibo né acqua per lunghe distanze, per diversi giorni, per poi essere venduti per l'occasione negli angoli delle strade delle città.
Il Dr. Amir Kashiv MRCVS (Member of the Royal College of Veterinary Surgeons) dichiara: "Le ali dei polli che provengono da allevamenti intensivi non sono abbastanza forti per sostenere il loro corpo e per questa ragione, nella maggior parte dei casi, non sono in grado di volare; anche le gambe dei gallinacei sono deboli, spesso non riescono a sostenere il corpo, poiché il sovraffollamento li costringe a vivere in spazi ristretti, appollaiati su se stessi, senza avere la possibilità di fare qualsiasi tipo di movimento o comportamento tipico della loro specie. Questo trattamento sviluppa nei galli e nelle galline numerose patologie, tra le quali, la zoppia. Inoltre, durante la cerimonia, l'atto di farli volteggiare in aria, tenendoli per le ali tirate indietro, può provocare loro strappi, lussazioni, fratture degli arti. Il modo in cui vengono gestiti i gallinacei durante il rito Kapparot è a mio avviso, doloroso e dannoso. È una pratica decisamente disumana!"
Stesse dichiarazioni sono state rilasciate dal Dr. Ian Duncan, titolare della cattedra presso il Dipartimento di Scienze Animali e Pollame presso l'Università di Guelph, in Ontario, e dal Dott. Nedim Buyukmihci, emerito professore di Medicina Veterinaria, Università della California, a Davis.
Inoltre, accade sempre più spesso, che a cerimonia ultimata, la carne finisce nella spazzatura invece di essere regalata ai poveri, atto che costituisce una violazione. "Chi distrugge o spreca inutilmente beni o risorse" infrange il precetto negativo di Tashchit Ba'al, citato nella Torah (i primi cinque libri del Tanàkh acronimo con cui si designano i testi sacri dell'ebraismo) nella quale il rito della Kapparot con i galli/galline, non è neanche menzionato, così come non è citato nel Talmud (uno dei testi sacri, che a differenza della Torah è riconosciuto solo dall'Ebraismo).
Ben radicato invece nel Talmud è il Tzaar Chaim Ba'alei, ossia il divieto di infliggere dolore a qualsiasi creatura vivente.
L'uso dei gallinacei non è dunque richiesto dalla legge ebraica e non è un Mitzvah (comandamento), ma è una pratica che si è diffusa nel Medioevo.
Come si potrebbe allora celebrare questa cerimonia senza infliggere dolore a questa specie animale? Molti ebrei osservanti, praticano la Kapparot, sostituendo il denaro al gallo o alla gallina. Si mettono i soldi in un fazzoletto e si procede come sopra; la frase che abitualmente si userebbe per compiere il rito viene così modificata: "Questo è il mio cambio, il mio sostituto, la mia espiazione; questo denaro andrà in beneficenza ed io procederò verso una vita lunga e di pace". In questo modo, il senso di pentimento sarebbe rafforzato, dal momento che nessun essere vivente morirebbe e soffrirebbe al posto dell'uomo. Questo compromesso dovrebbe essere accettato, in quanto si eviterebbe tanta sofferenza inutile. Inoltre, il denaro donato in beneficenza, potrebbe aiutare le persone che vivono al di sotto della soglia di povertà. Solo a New York vivono 13.000 famiglie ebree disagiate che ne avrebbero davvero bisogno.
Alliance to end chickens as Kaporos di New York, insieme alla United Poultry Concerns di Machipongo - due associazioni che tutelano questa specie - hanno attivato una campagna per proteggere i gallinacei, senza per questo contestare la festa ebraica. Per questa ragione hanno indetto una petizione internazionale online. L'obiettivo della campagna è sensibilizzare le persone su questo argomento e raccogliere più firme possibili per convincere gli ebrei a celebrare il rito "Kapparot" solamente con il denaro.
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