15 Ottobre. Gli italiani sono svegli, ma saturi di questa politica

Quella del 15 ottobre a Roma è stata la manifestazione più popolata al mondo tra quelle previste per la giornata. "Come abbiamo potuto permettere che con il giochetto del terrore, sia stato rimesso in questione così platealmente il diritto fondamentale all’assembramento? Come abbiamo potuto lasciar soffocare da una bieca strategia mediatica la più grande manifestazione del mondo?". Se lo chiede Dafne Chanaz.

15 Ottobre. Gli italiani sono svegli, ma saturi di questa politica
Ho appena guardato le immagini del movimento degli indignati in America. Tante persone e tanti colori diversi per una fittissima rete di messaggi (veicolati nei travestimenti o sui cartelli), tutti altrettanto chiari: il troppo stroppia, vergognatevi, non intendiamo subire i capricci di zombie che hanno perso ogni cognizione salvo la sete per il denaro. Questa non era l’America pensata dai padri fondatori. Vogliamo un governo diverso, che argini i profitti delle multinazionali e garantisca i diritti fondamentali del suo popolo. È bello vedere quest’altra America. Beh, sarete stupiti di sapere che invece è proprio in Italia, e a Roma in particolare, che è sceso in piazza il maggior numero di persone il 15 ottobre 2011, tra tutte le piazze del mondo. Quando sono uscita per raggiungere la manifestazione, sinceramente un po’ disinformata negli ultimi giorni, mi aspettavo una dichiarazione d’intenti, 100.000 persone al massimo che volevano dimostrare che anche noi siamo sulla scena. Invece eravamo 'una marea', come si dice a Roma. Se la polizia avesse concesso di confluire in Piazza San Giovanni, la piazza sarebbe stata stracolma, e questo significa tra 500.000 ed 1 milione di persone, venute da tutta Italia, e molte dalla capitale stessa. Io lo chiamo istinto. Le questioni economico-politiche hanno raggiunto un tale grado di complessità che non c’è formula, partito o slogan che le possa racchiudere ed inquadrare. E l’assenza di partecipazione dei cittadini alle forme più classiche di rappresentanza o di protesta non significa affatto disinteresse. Consapevoli della complessità del panorama, i cittadini (e soprattutto i più giovani) fanno una militanza spot, 'di pancia'. Dov’è che li ritroviamo? Dove serve. Il potere, di fatto, si è spostato dalle mani dei singoli governi nelle mani delle multinazionali e delle istituzioni internazionali: Commissione Europea, Banca Mondiale, OMC, e poi soprattutto un pugno di privati come Monsanto o Microsoft. Ed il pericolo più grave, lo corriamo a causa dell’accaparramento delle risorse da parte di questi ultimi, specie i beni comuni che si trovano in natura (petrolio, acqua, terra, semi). Gli ultimi movimenti nati dal nulla e sfociati in assemblee di almeno un milione di persone, guarda caso, sono stati quelli per la pace (si stava per scatenare un’altra sporca guerra per il petrolio) e per l’acqua. C’è attenzione e consapevolezza del fatto che gli occhi vadano puntati su temi globali e su questioni quali l’ecologia. Ovviamente resta difficile, a questo punto, definire il proprio interlocutore. Trovare un terreno di scontro/discussione/negoziazione, come è stato il caso dei sindacati con i padroni o con i ministeri. Ma da qualche parte bisogna pure iniziare. Fatto sta che a Roma c’è stata la più grande manifestazione del mondo, gli italiani sono svegli, coscienti, e forse anche saturi dell’attuale situazione politica. Purtroppo però, la nostra classe politica aveva già deciso di 'mandare tutto a puttane'. Sarà che i nostri dirigenti sanno fare poco altro. Ma non è aria di battute. C’era tensione fin dal principio. Come non ne avevo mai sentita. Giunti a Via Labicana, sembrava che la situazione potesse essere pericolosa. Così abbiamo imboccato una strada laterale per andare ad attendere che il corteo confluisse a Piazza San Giovanni. Purtroppo non è mai arrivato. Se per la via ci sono stati alcuni "black bloc" che hanno bruciato 2 vetture, la polizia lì non è intervenuta. I fatti ai quali abbiamo assistito sono i seguenti: ¼ del corteo era arrivato in piazza. La polizia ha caricato violentemente i manifestanti (non i "black bloc"). Così mentre il resto del corteo arrivava, si è dovuto fermare senza sapere se andare avanti o indietro. Il camion dei COBAS ha chiamato al microfono la polizia, chiedendo istruzioni. Di fatto il ¼ di persone già in piazza (100 o 200.000 persone) era sotto choc, e mentre il resto del corteo arrivava, loro defluivano con espressione sconvolta e scioccata in senso opposto, scappando. Il camion è rimasto fermo a lungo, insistendo che tutti si radunassero dietro a lui perché era l’unico posto sicuro. A quel punto la polizia caricava anche in fondo al corteo. I sindacati hanno persino chiesto al microfono che venissero fermati gli agitatori. E invece la polizia ha continuato con lacrimogeni, getti d’acqua e cariche dei furgoni a prendersela con la folla. Alla fine tutti i camion delle organizzazioni sono scappati via. La piazza era gremita di gente senza leader. Molti non volevano andarsene, anche se ormai iniziava a sembrare improbabile un qualunque comizio, o un’assemblea. Ci siamo avvicinati ad una banda musicale che affermava la sua presenza con musiche e danze. In lontananza, oltre la folla, scoppi di petardi e cariche e lacrimogeni continuavano ad arrivare. Poi si sono fatti più intensi e anche la musica, soffocata dai gas, ha dovuto cessare. Centinaia di palloncini con attaccata la scritta “il fine non giustifica i mezzi”, che ornavano il palco, sono stati liberati e sono volati alti nel cielo trasportando il loro messaggio. I manifestanti si sono poi divisi in tre parti. I più giovani erano arrabbiati, e sono entrati massicciamente in conflitto con la polizia. Nel frattempo una buona metà del corteo che non è mai riuscita a raggiungere la piazza è rimasta probabilmente preda delle altre cariche, a monte. L’altra parte della popolazione della piazza affollava la parte antistante la basilica, un’area pedonale fatta a scaloni dove non rischiava di essere investita dai blindati che andavano via via caricando la folla a tutta birra e con i getti d’acqua accesi. Arrampicati sulle inferriate della chiesa vedevamo queste scene di violenza ed eravamo… allibiti. Ogni tanto arrivava fino a noi una gragnola di lacrimogeni, e allora tutti si scambiavano spray di acqua, limoni, creme speciali. C’era confusione e panico. Ma per fortuna il vento li disperdeva nuovamente dopo poco. La donna che era con me, una professoressa americana 60enne, mi chiedeva se volevo andarmene. Ma io non volevo abbandonare così i miei diritti. Sarei rimasta a vedere fin dove la repressione sarebbe arrivata. La gente era stomacata e sconvolta. Così, quando i giovani si sono rivolti con forza contro le camionette che li investivano, lanciando sampietrini a pioggia fino a far retrocedere i blindati disordinatamente (si sono persino tamponati a marcia indietro), è partito un applauso. La spirale della violenza, purtroppo, era innescata. Ed eravamo inermi ad osservare. Giungevano rinforzi. Fino a veder arrivare blindati militari. Continuavano a caricare instancabili. Quando hanno finito di svuotare gran parte della piazza, là dove non potevano arrivare con i blindati sono scesi a piedi, in formazioni di 50 armati di manganelli e caschi, e si sono gettati sulla folla dei manifestanti più pacifici. Sembrava che l’ordine fosse stato di non permettere alla piazza di riempirsi e di disperdere fino all’ultimo gruppo di 10 persone Ciò che la polizia combatteva, era il diritto stesso di assembramento. È più o meno a questo punto, dopo 3 ore di beirut, che un blindato è stato colpito da una palla di carta infuocata ed ha preso fuoco. Ho temuto per un attimo che la polizia vi fosse rimasta intrappolata. Sarebbe stato un rogo. Per fortuna così non è stato. Ma quando sono partita poco dopo, pensando che non c’era davvero più niente da fare, abbiamo trovato una città irriconoscibile. Gli elicotteri, i rumori di petardi che sembravano spari, le barricate ancora fumanti, tutte le strade chiuse da cordoni di blindati, uno stato di guerra totale. Il governo ha espresso un sentito ringraziamento alle forze dell’ordine. I media hanno parlato solo degli atti di vandalismo. Nessuno ha contato davvero i manifestanti. E le organizzazioni sindacali ora sono state convinte a prendersela con i "teppisti". Chi si preoccupa, invece, dell’immonda repressione antidemocratica e sfacciata di cui sono stati oggetto quasi 1 milione di cittadini? Come abbiamo potuto permettere che con il giochetto del terrore, sia stato rimesso in questione così platealmente il diritto fondamentale all’assembramento? Come abbiamo potuto lasciar soffocare da una bieca strategia mediatica la più grande manifestazione del mondo? La mia amica prof era stata avvertita 2 giorni prima dall’ambasciata americana che la manifestazione sarebbe stata violenta. Queste sono decisioni politiche a monte. Nella fase iniziale del corteo, malgrado le numerose richieste delle organizzazioni alle forze dell’ordine, gli incappucciati che si aggiravano non sono stati fermati. Qualcuno li ha visti persino scortare. Non si tratta di ascoltare le voci o di elaborare teorie del complotto, ma di gridare una verità che nessun media ha rilevato: la polizia ha represso in modo massiccio e sistematico un corteo di oltre 500.000 persone fino a disperderne anche l’ultimo brandello, con elicotteri, blindati e forze militari per circa 4 ore di seguito. Evviva la democrazia.

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