di
Elena Risi
27-04-2012
Il 28 Aprile è la giornata internazionale in memoria delle vittime di amianto. I dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità riportano che ci sono oggi 125 milioni di lavoratori esposti all’amianto e che molti milioni lo sono stati in passato. Senza contare i cosiddetti paesi in 'via di sviluppo'. Si stima che siano 120 mila le persone che ogni anno muoiono 'di amianto' nel mondo.
Fuori l’amianto dal lavoro e dalla vita è il titolo scelto per la conferenza stampa indetta lo scorso giovedì da Anna Maria Virgili, presidente del Comitato Esposti Amianto Lazio, per ricordare l’imminenza della giornata mondiale in memoria delle vittime dell’amianto.
Tra i presenti Alberto Filisio e Paolo Bianchini della Provincia di Roma, Ivano Peduzzi e Tonino D’Annibale della Regione Lazio, insieme agli esponenti di Comuni, associazioni e comitati che si dedicano a questa battaglia. Un appuntamento importante che non serve solo per ricordare ma anche e soprattutto per fare un punto della situazione sulla presenza di amianto nel nostro paese e nel mondo, una giornata che serva a confermare e ribadire l’impegno preso dalle istituzioni per imboccare una strada che porti a una risoluzione definitiva del problema.
La presidente Anna Maria Virgili si dice soddisfatta della mozione presentata e approvata dalla Provincia di Roma lo scorso 16 Aprile in seguito ad un’audizione con il suo Comitato, ma è indispensabile che questo impegno si traduca in azioni concrete il più presto possibile. Tra le questioni più urgenti approvate dalla Provincia la sollecitazione alla stipula di un Piano Regionale Amianto e una mappatura amianto in collaborazione con Regione e Comuni, perché nonostante il numero elevato di aree infestate dalla fibra assassina, su questi punti il Lazio è una delle regioni più in ritardo.
Basti pensare alla Valle del Sacco e a Colleferro, quel Comune che Guido Piovene aveva definito “piccola città operaia e modernista” e che oggi è nota alle cronache come una delle zone più inquinate del paese.
C’è Luigi Mattei a rappresentare questa piccola e dolorosa realtà, operaio esposto per vent’anni alla fibra dell’amianto, ha lavorato nella fabbrica ex RIVA fino al 1981 quando “per fortuna” – sottolinea Mattei – è stato licenziato.
La sua battaglia legale ha trovato giustizia solo lo scorso marzo, con la sentenza che finalmente gli ha dato ragione e che oggi impugna e mostra orgoglioso chiamandola “la mia Bibbia”. “Ci hanno messo sedici anni per riconoscermi lo status di esposto - riferisce Mattei amareggiato - ed io ero tra gli operai che aveva il compito di sotterrare fusti di amianto e altri materiali tossici in una discarica abusiva a cielo aperto”.
Quei veleni nel tempo sono stati assorbiti dal terreno, sono permeati in profondità fino ad arrivare alle falde acquifere del fiume Sacco e hanno inquinato tutta la Valle. Il resto è storia nota. Oggi gli esposti non sono più solo gli operai che hanno lavorato nelle fabbriche di Colleferro, ma tutti gli abitanti della zona che sono stati contaminati attraverso la catena alimentare presentando oggi allarmanti valori nel sangue.
Quella di Mattei è solo una delle tante storie di amianto nel nostro paese; per questo la presidente del Comitato ribadisce che è necessario un impegno trasversale di tutte le istituzioni e degl'enti coinvolti anche per informare le aziende sulla presenza di finanziamenti a fondo perduto che dovrebbero essere erogati dall’Inail entro la fine dell’anno per incoraggiare la sostituzione dei tetti in Eternit con il fotovoltaico.
Bisogna costituire tavoli di confronto e monitoraggio, gettare le basi per arrivare ad una legge che bandisca del tutto la fibra killer dal nostro paese e dal mondo. In Italia infatti la legge 257 del 1992 ne ha vietato l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la produzione e la commercializzazione ma non ha vietato l’utilizzo né stabilito un termine di dismissione definitivo.
Così a distanza di vent’anni da questa legge assistiamo all’ennesimo paradosso tutto nostrano: è vietato produrre amianto ma è consentito aspettare che la struttura diventi inutilizzabile senza necessità di rimuovere quel materiale che è stato universalmente riconosciuto come dannoso per la salute.
Ma per capire fino in fondo l’estensione e la complessità della questione amianto bisogna andare anche oltre i confini dell’Italia e dell’Europa, nei paesi che ancora lo producono: la Russia in testa, seguita da Cina, Kazakistan, Brasile, Canada, Zimbabwe e Colombia. L’Asia ha conquistato il triste primato per numero di persone esposte, seguita da Africa e America Latina.
Al termine della conferenza Alberto Filisio della Provincia di Roma non sente di poter parlare di conclusioni ma piuttosto di inizio di un percorso. Chiude a seguire la presidente Virgili, “Sono contenta dell’interesse e dell’impegno dimostrato e voglio credere, ci voglio credere – ripete - che si arriverà ad azioni concrete in tempi brevi”.