Abruzzo: cittadini e Parco dicono no alla centrale Enel Pizzone II

Continua la mobilitazione contraria al progetto di potenziamento della centrale idroelettrica di Pizzone, nel cui merito il Parco Nazionale d’Abruzzo ha già illustrato il proprio parere negativo. Si tratta di un progetto da oltre 500 milioni di euro presentato al Ministero dell’Ambiente da Enel Green Power per scavare quasi 10 chilometri di nuove gallerie nelle montagne.

Abruzzo: cittadini e Parco dicono no alla centrale Enel Pizzone II

Continua la mobilitazione dei cittadini rispetto al progetto della centrale idroelettrica di Pizzone II, nel cui merito il Parco Nazionale d’Abruzzo ha già illustrato il proprio parere negativo. Si tratta di un progetto da oltre 500 milioni di euro presentato al Ministero dell’Ambiente da Enel Green Power per scavare quasi 10 chilometri di nuove gallerie nelle montagne, con nuove strade, grandi aree cantiere, nuovo elettrodotto, deforestazione a raso per ettari, deposito di centinaia di migliaia di metri cubi di detriti nelle montagne delle Mainarde tra Alfedena, Pizzone, Montenero Val Cocchiara e Castel San Vincenzo al confine tra Abruzzo e Molise, interessando sia il territorio del Parco sia le aree limitrofe della Zona di Protezione Esterna.

Il Forum H20 e la Stazione ornitologica abruzzese spiegano: «La società proponente intende realizzare un sistema di pompaggio con nuova stazione elettrica da 300 MW da costruire anch’essa in sotterraneo in grandi caverne artificiali, attraverso appunto lo scavo di nuove gallerie del diametro fino a 6 metri tra i laghi artificiali di Montagna Spaccata e Castel San Vincenzo. Gli stessi elaborati progettuali prevedono la produzione di oltre 900.000 metri cubi di rocce da scavo, una parte consistente delle quali dovrebbe essere scaricata per sempre in alcune aree limitrofe. Oltre 11 ettari di bosco sarebbero tagliati a raso per ospitare le aree di cantiere della durata di ben 5 anni. Lo stesso paese di Pizzone si vedrebbe realizzare enormi sbancamenti sul versante della valle limitrofo al paese per realizzare le strutture esterne della centrale».

Dal canto suo il Parco Nazionale d'Abruzzo, in una nota comunica che «l'entità, i lavori previsti per la sua realizzazione e la stessa natura dell'opera proposta sono tali da rendere l'intero progetto assolutamente incompatibile con le esigenze di conservazione di una delle porzioni di territorio più pregiate e incontaminate del Parco». Il Parco illustra anche le motivazioni giuridiche della propria posizione: «L’area interessata ricade nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, territorio sottoposto, ai sensi della legge  394/91 (legge quadro sulle aree protette), ad uno speciale regime di tutela allo scopo di perseguire, tra l’altro, la conservazione di specie animali e vegetali, di habitat, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici nonché la difesa e la ricostituzione degli equilibri idraulici (art. 1 L. 394/91). Tale destinazione, dunque, preclude ogni ipotesi di modificazione degli habitat dei loro equilibri indispensabili per la tutela di specie minacciate di estinzione - scrive il Parco - In aggiunta, l’art. 11 della legge 394/91, al comma 3, stabilisce che nei Parchi, sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali. In particolare alla lettera c) sono vietati la modificazione del regime delle acque. La portata effettiva di tale divieto è stata chiarita dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con Sentenza n.19389 del 09/11/2012. Secondo la Suprema Corte tale norma impone, inequivocabilmente, nei Parchi, il divieto di tutte, indistintamente, le attività e le opere che possano comunque recare pregiudizio alla salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati. In particolare l'attività citata alla lettera c) - la modificazione del regime delle acque - è ritenuta direttamente inibita dalla legge, in quanto, ritenuta di per sé idonea a compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati e, di conseguenza, vietata già in astratto ed indipendentemente da ogni valutazione circa la pericolosità dell'opera oppure i relativi benefici. La volontà di vietare direttamente ogni modificazione del regime delle acque, si desume anche dalla lettura complessiva del citato comma 3, laddove la modificazione del regime delle acque è ricompresa tra le attività che sono vietate in termini assoluti, diversamente da quelle contemplate alle lettere d, f ed h, che lo sono, in senso relativo, ovvero "se non autorizzate" dall'Ente Parco. Sempre nella medesima sentenza della Suprema Corte, si asserisce come essendo la finalità della legge sulle aree protette dichiaratamente quella di garantire e promuovere, in attuazione degli art. 9 e 32 della Costituzione nel rispetto degli accordi internazionali, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del Paese, nei territori dei Parchi Nazionali, la tutela dell'ambiente è di rilievo preminente su qualsiasi altro interesse, anche di primaria importanza».

 

 

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