Roma. L'Accampata degli Indignati in Piazza S.Croce in Gerusalemme

All’indomani della manifestazione del 15 Ottobre 2011, a Roma un gruppo di persone ha deciso di accamparsi in Piazza S. Croce in Gerusalemme. Oggi, a più di dieci giorni, l’Accampata di indignati è divenuta un’assemblea popolare.

Roma. L'Accampata degli Indignati in Piazza S.Croce in Gerusalemme
Dopo la lunga e dura giornata di sabato 15 Ottobre, giunge la sera. Per le strade ancora fumanti di Roma c’è qualcuno che non ha sbollito la delusione, la rabbia ed il senso di impotenza per non essere riuscito a manifestare la propria voglia di democrazia e libertà. Gli è stata rubata la capacità di esprimersi e di gioire per la comunanza di intenti e di obiettivi. Così un gruppo di sconosciuti, di persone di età differente, di diversa provenienza geografica e ideologica ha spontaneamente deciso di non limitarsi a leccare le ferite segnate dall’accaduto e si è accampata in piazza. Oggi, a più di dieci giorni, l’Accampata di indignati alla violenza e al sistema è divenuta un’assemblea popolare. Gente che vuole sentirsi davvero libera, espressione della società civile che non vuole sventolare nessuna bandiera, nessun simbolo, per di più politico, e che vuole esprimere pacificamente l’idea di un progetto sociale mirante ad esaltare la centralità dell’uomo e della persona umana. Si tratta di un’ottantina di persone che ha deciso di resistere per la strada con l’intento di avere lentamente l’attenzione, il coinvolgimento e la condivisione degli altri. Hanno creato un piccolo villaggio autonomo con una quarantina di tende abitate da persone di fascia di età 24-35 provenienti dal mondo universitario, dal mondo del lavoro e dal mondo del precariato che si sono date delle regole di convivenza nel rispetto della persona, dell’ambiente e del luogo che occupano, una piccola area attigua alla chiesa di S. Croce. Questo spazio comunitario, aperto a chiunque, consta di due viuzze che si incrociano e che, per la loro denominazione, assumono un valore ben preciso e caratterizzante sia in seno all’assemblea pubblica che verso l’esterno, la via della dignità e quella della liberazione. L’Assemblea popolare è inoltre sensibile ed attiva nell’utilizzare materiale in disuso, nel riciclare oggetti, nella raccolta differenziata, si è cominciato a creare un piccolo orto, si limita il consumo di energia elettrica ed in breve si prova ad intraprendere la via della condivisione e dell’auto-sostentamento. Da giorni si susseguono le assemblee e le commissioni degli accampati per determinare un’organizzazione più efficace e per delinearne più nettamente i suoi contorni. Nessuna bandiera, nessun leader, no alla violenza, nessun simbolo di sistema ad identificarli. Vogliono svestirsi di tutto per provare a cambiare dando un esempio concreto di alterità. Hanno vissuto la manifestazione del 15 Ottobre come un momento surreale, come un film che, però, ha permesso di fare da spartiacque per una nuova ripartenza che li ha condotti a sperimentare il concetto di comunità. “È inutile pensare a cosa fare concretamente in economia, in politica, nel sociale se non si pensa dapprima a cambiare le persone”, ci dicono. “È quella la vera priorità”, continuano, “per quello non ci aspettiamo niente dal mondo istituzionale adesso, ma aspettiamo solamente le persone, abbiamo bisogno solamente dell’aggregazione della gente”. La 'Piazza Accampata' intende seminare nelle coscienze delle persone, mira a riunirle per provare a cambiare con l’impegno e la partecipazione popolare. Lancia l’appello e la richiesta di rendergli visita, di partecipare alle loro assemblee, alle loro commissioni, ai loro prossimi appuntamenti per fare le cose anziché soltanto pensarle. Nel frattempo, indipendentemente da ciò che accadrà in futuro, è bello vedere come questi ragazzi abbiano calamitato l’attenzione ed il consenso di tanta gente comune che, dimostratasi molto solidale, li sta aiutando concretamente per il loro sostentamento. La gente del quartiere, l’hotel sulla piazza, i passanti, gli amici, gestori di piccole attività e piccoli produttori forniscono volontariamente cibo, vestiti, tende, coperte, forniture, attrezzi e altro tipo di materiale utile. Sono tante le cose che verrebbe da chiedersi, sono numerosi gli spunti di riflessione, sono molteplici le discussioni che potrebbero intavolarsi. Per cambiare il macro è necessario cambiare il micro, ed il micro è ognuno di noi, il micro è nel nostro agire quotidiano, il micro è il nostro modo di interagire con gli altri esseri, con l’ambiente, con la natura, con gli animali, con l’intero universo. Tale tipo di cambiamento richiede processi lunghi, lunghissimi, forse generazionali ma ogni tanto è bene pensare che esiste solo l’oggi, il 'qui e l’adesso'. Così, al di là di ogni proiezione, al di là di qualsiasi visione prospettica, al di là del ciò che sarà, è giusto, oggi, dare spazio e voce a questi ragazzi che desiderano appropriarsi della loro vita, di un’altra vita e di un nuovo esistere e che rappresentano un’ennesima voce di dissenso e di disagio in questo 'belpaese'.

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