Acqua, un terzo di quella pubblica 'si perde per strada'

Il sistema idrico italiano è il meno caro ma anche il più 'maltenuto' d'Europa. Più di un terzo dell’acqua distribuita dai nostri acquedotti viene sprecata a causa di guasti, perdite e malfunzionamenti. Serve una cultura dell'acqua pubblica e una migliore gestione di questa preziosa risorsa.

Acqua, un terzo di quella pubblica 'si perde per strada'
Uno degli effetti positivi dell’imminente referendum è che, al di là delle censure operate da chi ne vuole annullare l’efficacia, i cittadini, i mass media e l’opinione pubblica in generale hanno cominciato a occuparsi dell’argomento 'acqua' con assiduità e interesse maggiori del solito. Per esempio, pochi giorni fa il Corriere della Sera (Corriere della Sera di Bologna del 31 maggio 2011) ha pubblicato un piccolo speciale sul sistema degli acquedotti italiani analizzandone le caratteristiche, dalle proprietà organolettiche dell’acqua fino ai consigli per berla. Ma il dato forse più interessante è quello che emerge dal conto del costo dell’acqua e in particolare delle sue perdite. La statistica è stata realizzata partendo da un ipotetico consumo di 200 metri cubi all’anno. Il costo medio nazionale per questa quantità è di 286 euro, con estremi – in riferimento alle città più importanti – di 108 euro a Milano, la più economica, e 448 euro a Firenze, la più cara. Queste cifre sono fra l’altro in continua crescita, poiché solo nell’ultimo anno l’aumento della bolletta è stato pari al 12,5%. La case history che il Corriere ha approfondito è quella di Hera, multiutility emiliano romagnola finita più volte sotto accusa per polemiche relative ai costi e alla qualità della sua gestione di servizi come raccolta e differenziazione dei rifiuti, pulizia stradale e, appunto, distribuzione idrica. Scorporando una bolletta media, 200 euro per 130 metri cubi annui – consumo stimato per una famiglia di tre persone –, le voci sono così strutturate: 18,18 euro di IVA (al 10%), 21,12 euro di costi di fognatura, 57,35 euro per le operazioni di depurazione, una quota fissa di 11,86 euro e 91,51 euro per l’acquedotto. Il dato più allarmante è però quello relativo agli sprechi idrici, vero tallone di Achille del sistema di acquedotti italiano e delle società di sevizi che li gestiscono. Il dato nazionale in proposito è agghiacciante: il 34% dell’acqua è “non fatturata”, cioè non è utilizzata dai fruitori dell’acquedotto. Il responsabile di Hera interpellato a proposito ha tenuto a precisare che alla voce contribuiscono anche gli errori nella lettura dei contatori, ma è evidente che rappresentano solo una percentuale trascurabile e, di fatto, circa un terzo dell’acqua pubblica viene persa. Per la precisione, ogni chilometro di acquedotto perde 8 litri a Bologna – Hera in questo caso fa un buon lavoro, essendo la percentuale del capoluogo emiliano di acqua non fatturata pari al 24%, abbondantemente al di sotto della media nazionale ma comunque elevata –, 33 litri a Milano, dove il servizio è gestito da MM, e addirittura 66 litri a Roma, responsabilità di Acea. Gli addetti ai lavori considerano questa percentuale fisiologica, contestando il fatto che perdite dovute a piccoli malfunzionamenti o a guasti occasionali non possono essere evitate e che la gestione di questi eventi è generalmente puntuale. Sarà anche così, ma sta di fatto che in Francia lo stesso dato è pari al 26%, in Gran Bretagna al 18%, mentre in Germania solo il 7% dell’acqua pubblica viene smarrito per strada. È vero che i costi idrici italiani sono i più bassi d’Europa, ma questo non solo si è rivelato essere un pericoloso boomerang – i consumi nostrani sono infatti i più alti d’Europa e questo è probabilmente anche collegato allo scarso valore monetario che viene attribuito a questa preziosa risorsa –, ma è anche causa, come abbiamo visto, di una rete infrastrutturale gravemente carente. Alle perdite dovute ai malfunzionamenti degli acquedotti dobbiamo poi aggiungere quelle imputabili alle carenze delle reti domestiche, che sono comunque nell’ordine del 5%. Il tutto è poi condito dalla pessima 'cultura idrica' di noi italiani, che in casa arriviamo a consumare fino al 70% di acqua rispetto a quella che ci servirebbe realmente. Sempre parlando di costi, il Corriere chiude la sua analisi mettendo a confronto l’acqua pubblica con quella imbottigliata. La prima, sempre in riferimento al tariffario di Hera, ha un costo medio di 0,0015 centesimi di euro per litro, mentre quella in bottiglia si aggira intorno ai 25 centesimi al litro. Ciononostante la percentuale di italiani che continua a comprare l’acqua al supermercato è ancora vertiginosamente alta, quasi il 90%, a dispetto della differenza praticamente nulla a livello di qualità.

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