di
Andrea Degl'Innocenti
24-07-2012
Con un pronunciamento storico la Corte Costituzionale ha annullato l'articolo 4 della Finanziaria-bis approvata dal governo Berlusconi, quello che obbligava alla privatizzazione dei servizi pubblici locali. I movimenti per l'acqua ottengono così un'importante risposta al loro impegno ed una maggiore garanzia del rispetto dell'esito dei referendum per tutti i cittadini.
Dovrebbe essere la normalità, ma nella situazione attuale la sentenza della Corte Costituzionale è apparsa a molti attivisti dell'acqua pubblica come un qualcosa di rivoluzionario. Annullato l'obbligo di privatizzazione dei servizi pubblici locali imposto dall'articolo 4 del decreto legge 138 del 13 agosto 2011. Motivo della incostituzionalità? Va contro l'esito dei referendum.
La Finanziaria-bis confezionata dal governo Berlusconi in realtà escludeva tale privatizzazione forzata per i servizi principali, fra cui l'acqua, proprio per evitare che la consulta vi applicasse una lettura del genere. All'interno dell'articolo 4 si leggeva infatti:“sono esclusi dall'applicazione del seguente articolo il servizio idrico integrato, il servizio di distribuzione di gas naturale, il servizio di distribuzione di energia elettrica, il servizio di trasporto ferroviario regionale nonché la gestione delle farmacie comunali”.
Ma non è bastato. La sentenza del 20 luglio ha applicato una lettura più ampia degli esiti referendari ritenendo che la loro validità sia estendibile a tutti i servizi pubblici locali. Dunque in questo senso l'articolo incriminato andava a ledere l'articolo 75 della Costituzione che stabilisce la validità dei referendum popolari. Come scrivono i giuristi Ugo Mattei e Alberto Lucarelli – estensori del ricorso – sul Manifesto “I referendum del giugno 2011 non riguardavano soltanto l'acqua ma costituivano un tassello chiave nella costruzione di un'altra visione del pubblico che coinvolge l'intero settore dei servizi pubblici e che è coerente con la nostra Costituzione economica ben più di quanto non lo sia la politica neoliberale delle dimissioni”.
Non celano l'euforia per la notizia i movimenti per la ripubblicizzazione dell'acqua, che in un comunicato parlano di “Grande vittoria dei movimenti” ed esaltano il ruolo della consulta che “restituisce la voce ai cittadini italiani e la democrazia al nostro Paese”.
La sentenza mette in crisi anche il tentativo di Alemanno di vendere il 21 per cento di Acea, la ex-municipalizzata romana. Da tempo la giunta di centro-destra di Roma Capitale sta tentando di diminuire drasticamente le quote in mano al pubblico, passando al 30 per cento dal 51 attuale. In pratica si stanno applicando alla perfezione i dettami e i tempi della legge Ronchi-Fitto, nonostante i referendum.
Inoltre incoraggia l'iniziativa 'Il mio voto va rispettato' promossa dal popolo dell'acqua. “Dopo la sentenza della Consulta è assolutamente legittima quella giusta reazione dei cittadini di ribellarsi ai tentativi di violare la legalità fissata con il risultato referendario”, afferma Stefano Rodotà in un'intervista al Manifesto.
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