L'ultima relazione annuale sulle emissioni dei trasporti dell'Agenzia europea dell'ambiente (AEA) ha registrato una riduzione dell'inquinamento prodotto dal comparto nel 2009, ma ha anche messo in evidenza la correlazione tra questo risultato e la fase recessiva che stiamo attraversando.
Non è stata l'innovazione tecnologica a mitigare l'impatto dei trasporti in termini di emissioni di gas a effetto serra. Secondo il rapporto 2011 dell'Agenzia europea dell'ambiente, i nuovi modelli di automobili hanno infatti contribuito in maniera modesta alla riduzione delle sostanze inquinanti emesse dai veicoli, mentre sta risultando determinante il momento di crisi.
Se infatti la domanda nel settore dei trasporti è cresciuta di circa un terzo nel periodo compreso tra il 1990 e il 2009, con un aumento del 27% dei gas a effetto serra (GES), nel 2009 questo trend si è arrestato e le emissioni sono scese. Una dinamica che rischia di invertirsi non appena l'economia riprenderà a crescere e con essa l'inquinamento.
Le proposte che l'Agenzia sposa per ottenere stabilmente un minore impatto ambientale dei trasporti sono quelle contenute nella comunicazione che la Commissione europea ha presentato quest'anno, tra cui un incremento del trasporto ferroviario e lungo le vie navigabili interne e la dismissione dei veicoli inquinanti nei centri urbani entro il 2050.
In più, l'AEA sostiene la necessità di aumentare il prezzo del carburante per disincentivare l'utilizzo dei veicoli privati e favorire la scelta di mezzi di trasporto ad alimentazione alternativa.
L'Agenzia afferma, infatti, che il prezzo medio reale dei carburanti per il trasporto su strada si è attestato su 1,14 euro al litro a giugno del 2011 - il 15% in più rispetto al 1980 -, con un aumento medio di meno di 0,5 punti percentuali all’anno in termini reali. La dinamica dei prezzi, continua l'istituto, non starebbe incoraggiando a sufficienza scelte di trasporto più efficienti.
La strada prospettata dall'AEA non manca tuttavia di destare qualche perplessità. L'aumento dei prezzi può spingere verso l'acquisto di mezzi ibridi ed elettrici, a condizione che si rimedi all'ineguale, e per lo più carente, distribuzione delle stazioni per la ricarica dei veicoli.
L'aumento del prezzo del carburante poi è un provvedimento che tende a sparare nel mucchio. A subirlo saranno tanto i cittadini che dispongono di una buona offerta di mezzi pubblici, quanto quelli privi di collegamenti alternativi al trasporto privato, e il rischio è che non si incentivino altrettanto le amministrazioni pubbliche, a tutti i livelli, ad investire per sopperire a queste mancanze.
Inoltre, anche questa misura potrebbe avere successo solo in concomitanza con una contingenza economica negativa o solo rispetto a categorie sociali impossibilitate a gestire il rincaro.
Per poter discutere seriamente sul fare degli aumenti del carburante uno strumento di politica ambientale sarebbe allora necessario ancorarli al vincolo di destinare le risorse ottenute ad investimenti per la mobilità sostenibile, non solo nelle aree urbane, e impegnare in un'operazione di trasparenza anche le compagnie petrolifere, perché non diventi l'ennesima occasione di speculazione.
Poi c'è la questione di come innestare una misura che punta sul disincentivo economico in un lavoro più ampio di sensibilizzazione e di cultura di rispetto dell'ambiente, perché non finisca per essere un costo sofferto solo da certe fasce della popolazione, ma diventi un'impresa collettiva partecipata da tutti.
Infine, il traffico su strada non riguarda solo i veicoli con cui ci muoviamo quotidianamente. Il coinvolgimento del mondo delle imprese, in particolare del comparto trasporti, è essenziale per evitare che passato il clima di ristrettezze i valori dell'inquinamento crescano bruscamente. Senza dimenticare il contributo del trasporto aereo e marittimo, le cui emissioni continuano a crescere.