di
Andrea Boretti
15-04-2011
L’Agenzia Spaziale Europea ha registrato a marzo che i livelli di ozono sull'Artico - nel settore euro-atlantico dell’emisfero settentrionale - sono tornati a quelli del 1997, vale a dire molto sottili. Si tratta del primo grosso passo indietro da quando nel 1987 vennero banditi i clorofluorocarburi.
Come ormai è noto, la terra è circondata da uno strato di ozono che la protegge dai raggi ultravioletti del sole che potrebbero essere dannosi non solo per la pelle dell’uomo - possono causare melanomi - ma anche per le piante, di cui possono inibire parzialmente la fotosintesi, e per il fitoplancton che è alla base della catena alimentare marina.
Bene, il marzo scorso le rilevazioni dell’Agenzia Spaziale Europea registrano uno spessore dello strato d’ozono tornato ai livelli del 1997: molto molto sottile.
Con il protocollo di Montreal, nel 1987, vengono messi al bando i clorofluorocarburi (CFC) sostituiti negli anni a venire da idrofluorocarburi (HFC) che non contenendo atomi di bromo e cloro non sono dannosi per l’ozono. Lo strato si è così, poco alla volta, ricostituito, almeno fino al mese scorso, come dicevamo.
L’interpretazione di questo tipo di fenomeno ha scatenato, come al solito, un dibattito, non indifferente. C’è, infatti, chi, come l’ESA dà la colpa a “insoliti forti venti, conosciuti come vortici polari”, questi venti avrebbero “portato via” ozono da questa zona del pianeta per ricollocarlo ai tropici.
Dice Mark Weber dell’Università di Brema: “molti studi dimostrano come la circolazione delle correnti nella stratosfera nell’emisfero nord in futuro potrà aumentare e, di conseguenza, molto più ozono potrà essere trasportato dai tropici a latitudini più elevate e ridurne la perdita (…) nel frattempo però nei decenni a venire continueranno ad esserci forti perdite chimiche di ozono nel corso di inverni artici eccezionali”.
Di carattere più allarmistico è invece la valutazione dell’Organizzazione Mondiale Metereologica (OMM), ovvero una delle Agenzie Scientifiche delle Nazioni Unite, secondo la quale la diminuzione dello strato di Ozono è dovuta alla persistenza nell’atmosfera di sostanze nocive: “Se l’area priva di ozono si muove dal Polo verso latitudini più basse, c’è da temere una maggiore radiazione ultravioletta nel corso della prossima stagione”.
Ad ogni modo se al Polo Nord il buco di ozono si allarga, al Polo Sud, pare che si stia assistendo al fenomeno inverso. Le ultime rilevazioni a riguardo, infatti, registrano negli ultimi 10 anni un aumento dello strato di ozono di circa il 15%, una parziale ricucitura che arriva in anticipo rispetto alle previsioni. Quando vennero banditi i CFC si sapeva che questi sarebbero comunque rimasti nell’atmosfera per decenni e gli scienziati previdero, infatti, una ricucitura del buco del Polo Sud per il 2020.
È difficile in ogni caso valutare come stiano andando veramente le cose visto che i dati sono ancora soggetti a troppe fluttuazioni, come dimostrano quelli relativi a marzo al Polo Nord. Una cosa però è certa, l’uomo con il suo operare è in grado di influenzare pesantemente il sistema climatico del pianeta.