La soluzione? Probabilmente è un insieme di soluzioni individuali e ciò significa adottare un paradigma totalmente diverso di filosofia e intenzioni umane. La domanda più pressante è quella che riguarda la capacità di nutrire la popolazione mondiale e la necessità di risolvere i problemi di città o aree che dipendono completamente dall’esterno per cibo ed elettricità. Allora occorre fare in modo che sussistano sistemi circoscritti all’interno dei quali gli elementi individuali della vita si nutrano a vicenda, in una mutualità che porta beneficio e non danno. E’ questo il pensiero di Chris Rhodes, che arriva dritto all’agricoltura cosiddetta rigenerativa e alla permacultura. “In questi metodi – spiega – la maggior parte dell’energia è prodotta in maniera naturale dalla flora e dalla fauna che vivono su e di quei terreni, poiché l’alimento per il suolo viene fornito dalle piante e, in una meravigliosa simbiosi, i batteri di un suolo che vive forniscono nutrimento alle piante”.
Com’è possibile dunque una transizione il più possibile indolore da un’agricoltura industriale a una rigenerativa e agrocoecologica? “Per cominciare – spiega Rhodes – occorre decolonizzare e ristrutturare l’agricoltura industriale di oggi spostandosi verso sistemi alimentari tradizionali e locali e ciò richiede un cambiamento del modo di pensare che ostacola e limita la cooperazione e l’abbondanza”. Occorre andare verso raggruppamenti localizzati di piccole comunità, fattorie locali e infrastrutture ferroviarie che le connettano permettendo i movimenti essenziali di beni e persone. E Rhodes salva la comunicazione elettronica e via internet se serve per connettere le piccole comunità tra loro, le nazioni e i continenti, per scambiare idee e conoscenza.
Già gli studi degli anni ’70 mostravano come per produrre 1 caloria di cibo occorressero 10 calorie di energia, prospettiva insostenibile. Ciò che è stato fatto finora ha portato a cambiamenti climatici che sempre più hanno ripercussioni negative sull’agricoltura stessa e la strada, secondo Rhodes, è quella appunto di preservare ed espandere i sistemi produttivi tradizionali di alimenti e fibre, riadattando culture e conoscenze perdute, che l’industrializzazione ha soppiantato. E’ la strada maestra per un futuro sostenibile che consenta la sopravvivenza del genere umano e Rhodes non manca di sottolineare come il termine “villaggio globale” sia infingardo, sottintendendo un “supermarket globale” dove le multinazionali piantano le tende. Rhodes sottolinea poi come i sistemi rigenerativi possano includere anche le città, “la cui progettazione va analizzata in termini di meccanismi naturali” che si stabiliscono tra di esse. “Molti non realizzano quanto urgente sia la necessità di un nuovo sviluppo rurale per l’Occidente industrializzato. Nei princìpi di “economia buddhista” di E.F. Schumacher, descritti nel libro "Small is Beautiful - A Study of Economics as if People mattered", si sottolinea la necessità di deindustrializzazione, per la quale prendere spunto da società semplici che consumano molto meno di noi”. Quindi anziché un villaggio globale, un globo di villaggi che potrà veramente essere la terra dei nostri figli.
Per saperne di più in Italia (l'elenco non vuole essere esaustivo ma solo esemplificativo):