Agrivillaggio, ovvero un piccolo quartiere agricolo a distanza di bicicletta dalla città. Questo, in sintesi, il progetto tornato prepotentemente alla ribalta negli ultimi tempi, vuoi per la crisi economica in atto vuoi per le polemiche politiche innescate dai Verdi, e di cui ci eravamo già occupati nel lontano 2011, intervistando allora l'ideatore di tale progetto, Giovanni Leoni. Un progetto che vede la creazione di 60 unità immobiliari su 28 ettari di terreno agricolo appartenente all'Azienda Agricola Leoni Igino, con l'obiettivo di integrare le attività umane con i cicli naturali e, in particolare, con quelli alla base della produzione del cibo e quindi della salute della comunità. In poche parole, un vero e proprio insediamento umano totalmente autosufficiente dal punto di vista alimentare ed energetico, caratterizzato da case, servizi e negozi, non isolato ma a due passi dalla città, di modo che la comunità potrà continuare a vivere e lavorare in città, con in più la qualità della vita che deriva dal vivere in una campagna capace di offrire agli abitanti cibo e servizi davvero a kilometri zero. Il tutto ubicato a Vicofertile, frazione del Comune di Parma.
Utopia? Megalomania di un imprenditore? O effettiva alternativa al sistema economico convenzionale?
A distanza di 3 anni abbiamo incontrato di nuovo Giovanni Leoni per fare il punto della situazione.
Sig. Leoni, a che punto è il progetto dell'Agrivillaggio?
«A Parma stiamo collaborando positivamente con l'amministrazione comunale che ci sta dando molta attenzione. Purtroppo le normative urbanistiche attuali, nate per favorire le speculazioni edilizie dei decenni passati, non sono adeguate per accogliere una novità assoluta come quella dell'Agrivillaggio. Una novità che comprende la rigenerazione del suolo, l'impatto ecologico e quello sociale per la comunità degli abitanti. L'assessore all'urbanistica ha già presentato pubblicamente un progetto di Parco agricolo periurbano che renderebbe possibile non solo la realizzazione del primo Agrivillaggio, ma una vera e propria rete di agrivillaggi alla periferia della città, che rivoluzionerebbe il rapporto tra città e campagna. Stiamo parlando di un modello che lancerebbe Parma all'avanguardia internazionale nella ricerca sui nuovi stili di vita compatibili con l'ambiente. Contemporaneamente a questo, si moltiplicano le richieste per studi di fattibilità per realizzare quartieri-comunità ecologici sullo stile dell'Agrivillaggio in Italia e all'estero. A breve partirò per la Francia dove mi hanno chiamato per realizzare un Agrivillaggio di dimensioni molto importanti nella Catalogna francese».
Il suo è un progetto che si basa sull'autosufficienza dal punto di vista alimentare ed energetico. E, nelle varie interviste rilasciate, ha affermato che chi guadagna 800 euro potrà avere una casa e lavorare. In che modo avverrà tutto questo?
«La casa è di nuova concezione: ampliabile e diminuibile all’occorrenza. Per un giovane single, che si affaccia al mondo del lavoro, sarà sufficiente un piccolo locale che potrà costare meno di un SUV da 50.000 euro. Non avrà però costi condominiali essendo una casa singola. L’ampliamento sarà graduale e al bisogno, casomai dopo aver incontrato l’anima gemella. I costi alimentari saranno ovviamente bassi abitando dentro un’azienda agricola. Il ciclo dei rifiuti sarà una risorsa e non un costo, perché l’azienda li smaltirà trasformando tutto l'organico in biogas e rivendendo il resto. L’efficienza energetica della casa e nuovi elettrodomestici, nati per consumare meno, all'interno di un sistema domotico di comunità e non, come oggi, legato alla singola unità abitativa, aumenteranno ulteriormente l'efficienza. L'Agrivillaggio, inoltre, sarà cablato per mettere a disposizione dei suoi abitanti la rete internet ultraveloce, rendendo concreta la possibilità di lavorare da casa: meno spostamenti, meno costi».
Quali saranno le dinamiche sociali dell'agrivillaggio? Ovvero, si parla di agricoltori, ma anche di negozi. Quindi ci sarà un sistema economico di base, con tasse da pagare?
«L'Agrivillaggio è costituito da una comunità di persone che sceglie di vivere dentro un’azienda agricola progettata per loro nel rispetto dell’ambiente. Ricordo che l’obiettivo dell’Agrivillaggio non è portare le persone a vivere in campagna, ma vivere a impronta ecologica 1, senza diminuire la qualità della vita attuale. Sto parlando di democrazia del futuro: accesso sostenibile alle risorse naturali comuni. L'Agrivillaggio è un’azienda che non si preoccupa del mercato globale ma dei suoi abitanti per cui produce cibo e salute. Oggi grazie al lavoro di tanti agricoltori sensibili abbiamo la possibilità di avere cibo a chilometro zero, ma nell'Agrivillaggio si va oltre: gli abitanti possono raccogliere il proprio cibo a distanza di una passeggiata. È quello che chiamo il "chilometro iperzero". È la conseguenza naturale di un sistema professionale di produzione agricola che viene messo al servizio degli abitanti della comunità anziché della grande distribuzione come oggi: farmer market, agriturismo, fattoria didattica, fattoria sociale, centri estivi. Le tasse saranno quelle agricole: non siamo evasori ma agricoltori che si preoccupano di salvare il pianeta».
Non solo lavoro e vita sociale, ma anche formazione. In che modo?
«Tra i servizi che l'Agrivillaggio offrirà ai suoi abitanti, ci sarà anche una scuola. In una prima fase sarà soltanto di supporto ai giovani che frequenteranno le scuole tradizionali in città, l'Agrivillaggio infatti è a distanza di bicicletta dal centro di Parma. Una formazione parallela che si avvarrà delle metodologie più avanzate grazie ai corsi messi a disposizione online dalle migliori università del mondo. Al momento siamo ancora nella fase di studio, ma è certo che l'Agrivillaggio dovrà avere una sua scuola "vera", magari partendo dai bisogni dei più piccoli. Ci sono molte esperienze cui attingere, dalle scuole steineriane a quelle libertarie a sperimentazioni istituzionali che potranno essere accolte nell'Agrivillaggio secondo le preferenze degli abitanti. L'importanza di avere una scuola dentro all'Agrivillaggio è che rende possibile accoppiare la teoria di un nuovo modo di vivere alla pratica quotidiana che si svolge in campagna: l'allevamento, la coltivazione del cibo, gli scambi interpersonali di mutuo soccorso».
I suoi "nemici", tra cui anche i Verdi, la accusano di aver fatto un'opera di lottizzazione. Qual è la sua risposta in merito?
«Alla base c'è un fraintendimento: mi si accusa di voler "consumare suolo" quando fior di università, a partire dal Politecnico di Milano, hanno confermato che l'impronta ecologica della comunità dell'Agrivillaggio è 1 o inferiore. Significa che la terra su cui realizzeremo l'Agrivillaggio viene di fatto "rigenerata". Chi vede come unica soluzione alla crisi abitativa attuale il recupero dell'esistente lo fa continuando a proporre il modello della città di oggi, città dove l'impronta ecologica è 9 o 10. In altre parole, anche se si recupera tutto l'attuale patrimonio urbanistico di Parma con le tecnologie cosiddette ambientali, ciò non impatta l'impronta ecologica e serviranno almeno altre 9 estensioni di terreno come l'attuale città per provvedere ai suoi abitanti. Nell'Agrivillaggio, invece, gli abitanti vivono sulla terra che li sostiene. Punto. È un'alternativa concreta, a basso costo, rispetto al vivere in città. Forse è anche per questo che spaventa i conservatori. Maurizio Pallante lo spiega molto bene nel suo ultimo libro "Monasteri del terzo millennio", quando cita il caso dell'Agrivillaggio e lo prende a esempio dell'insediamento comunitario per il terzo millennio. Il futuro è già qui se saremo capaci di coglierlo».
E' vero che il progetto verrà presentato all'Expo di Milano? Alla luce dello scandalo tangenti, pensa che l'Expo sia utile e necessario?
«Sono molto critico rispetto a come è stata gestita l'Expo finora. Ma la mia posizione rispetto a questo è del tutto simile a quella del sindaco di Parma che ha deciso di partecipare nonostante le critiche. L’Expo è una vetrina internazionale e il progetto dell'Agrivillaggio non è rivolto a Parma, ma al mondo. Abbiamo un bisogno drammatico di ridurre l'impronta ambientale del nostro stile di vita. E l'Agrivillaggio è una risposta, di sicuro non l'unica, ma è un tentativo serio. Se mi chiameranno all'Expo ci andrò con lo scopo di mettere a disposizione il mio know how a chi vorrà realizzare l'Agrivillaggio nel proprio paese. Non ho nessun brevetto sul progetto. E non lo avrò. Chi mi accusa, dovrebbe tener presente questo.
Sig. Leoni, lei ha tutto. E' imprenditore, ha un'azienda florida. Perché allora questo progetto? I maligni pensano che sia solo una trovata pubblicitaria per sé e la sua azienda. Come risponde?
«La mia azienda vende cipolle e ortaggi. Inoltre abbiamo cinque stanze all'Agriturismo. Chiunque del mestiere sa che non si vendono cipolle sui mercati agricoli per un'intervista in più in televisione. Inoltre è evidente che neppure l'agriturismo costituisce un business. Lo faccio perché ho tre figli piccoli e un'età in cui, dopo una vita di lavoro, voglio dedicarmi a qualcosa che riempia di significato la mia esistenza. Ho la possibilità di avviare un percorso che può essere di esempio ai miei figli e utile ai tanti che ogni giorno mi scrivono email da tutto il mondo perché attratti dalla possibilità concreta di un nuovo modo di vivere. Siamo in un periodo in cui ognuno di noi deve mettere a disposizione quel che può per risollevarci dalle crisi che ci investono su tutti i fronti. E quel poco che ho imparato, lo metto a disposizione di chi è interessato a costruire un mondo che non consuma il pianeta ma, anzi, lo rigenera. L'aspetto più straordinario, però, non è il rispetto dell'ambiente. Quel che davvero mi spinge ad andare avanti sono le persone che vogliono venire a vivere all'Agrivillaggio: sono persone ricche di valori e che vogliono partecipare attivamente alla realizzazione del progetto. L'Agrivillaggio non c'è ancora, ma la comunità dell'Agrivillaggio sì. Ho coltivato la terra per tutta la vita. Ora voglio coltivare una comunità assieme a queste persone».