di
Andrea Romeo
31-12-2012
“Al punto di arrivo comune – Per una critica della filosofia del mattatoio”. Questo il titolo del libro in cui lo scrittore Francesco Pullia, attivista per i diritti animali, traccia delle riflessioni sul rapporto tra umano e non-umano, mettendo in luce le insensate nefandezze eseguite dagli umani sugli altri animali per futili motivi economici, pratiche consolidate dalla cultura del dominio nel tempo.
“Reco ancora bene impresso in me il lamento straziante che, puntualmente, ogni capodanno proveniva da una casa di contadini nella zona, allora periferica, dove agli inizi degli anni Settanta si trasferì la mia famiglia. Nonostante ci fosse una distanza di pochi metri, avvertivo una forte lontananza tra il nostro condominio e quella casetta gialla con le tegole rossicce, circondata da una rete spinata e da piante, dove, secondo la crudele ritualità contadina, ogni inizio d'anno veniva ucciso un maialino. Quelle grida riempivano la strada, fendevano la nebbia invernale per giungere alle mie orecchie di bambino attaccato con il naso al vetro della finestra. Erano tremende, agghiaccianti”.
Il mondo in cui viviamo è un mondo di eterotopie, ove muri e recinti artificiali, apparentemente differenziati, dividono in realtà due categorie ben precise: da un lato l'umano, dall'altra parte l'animale. 'Animale': un termine, un concetto, una parola che annette a sé ogni diversità, ogni vita che non si presenti con l'aspetto del divino, nella forma di quel Dio che fu fatto ad immagine e somiglianza dell'uomo.
“L'uomo si è costruito un apparato dottrinale e normativo […] nonché un sistema sociale a proprio uso e consumo, autoreferenziale, con il supporto, ovviamente e la benedizione delle religioni (da lui stesso create)”.
Il dominio dell'uomo sull'animale è la matrice di ogni “-ismo”, rappresenta dunque un'illusione, delinea confini che esistono soltanto in quanto costruiti dalla specie che si è eretta al di sopra di tutte le altre: un artificio, una divisione totalitaria tra 'noi' e 'loro', quegli 'altri' cui ruolo è quello di velare l'umano giogo che in realtà riguarda anche noi stessi, una rete di gabbie in cui siamo tutti inconsciamente impigliati, contemporaneamente vittime e carnefici.
Una macchinazione in grande stile che è oggi la causa di una vera e propria guerra mondiale infinita perpetuata senza sosta, e con le modalità più efferate, contro gli animali non-umani i quali ne sono a priori gli sconfitti, esseri senza voce che passivamente sopportano il sacrificio dell'esser nati 'altro', simbolo per antonomasia della 'differenza' e della 'indifferenza'.
In questo contesto, gli illuminanti saggi di Francesco Pullia, scrittore, giornalista e attivista per i diritti animali, raccolti in questo libro dal titolo esplicativo e diretto Al punto di arrivo comune – Per una critica della filosofia del mattatoio (Mimesis), vanno nella direzione opposta, evidenziando come risulti sempre più urgente un cambiamento di questa condizione, un nuovo approccio verso l'altro che spacchi una volta per tutte questi “confini”, questi “muri” materiali e immateriali, in nome di una liberazione totale di ogni essere vivente umano e non-umano, nel reciproco riconoscimento e rispetto.
“Siamo parte di un molteplice, variegato tutto che, di volta in volta, si annuncia come essere umano, cane, gatto, pesce, bue, cavallo, maiale, rondine, pipistrello, bruco, farfalla, ape, ragno, lombrico, lucertola, foglia, fiore, acqua, vento, fuoco, e così via fino alla più minuscola e invisibile entità. Al di là dell'aspetto che assumiamo, siamo tutti, presenti e/o assenti, compresenti.”
Lo scrittore, anche attraverso gli occhi di celebri filosofi antispecisti ante litteram portavoce degli ideali della nonviolenza, come Capitini, Martinetti e Marcucci, ma anche Adorno e Horkheimer, Derrida, i promotori dell'antispecismo Singer e Regan, fino alle nuove realtà antispeciste (tra cui gli italiani Filippi, Maurizi, Caffo) che si stanno sempre più imponendo nel pensiero filosofico odierno, traccia delle riflessioni profonde sul rapporto tra umano e non-umano, mettendo in luce le aberranti e insensate nefandezze eseguite dagli umani su questi esseri per futili motivi economici, pratiche consolidate dalla cultura del dominio nel tempo. Pratiche le quali stanno altresì alla base di tutte le forme di violenza con cui l'uomo convive quotidianamente, partendo dalle cantine dei mattatoi palestre della violenza sull'altro, fino alle terribili guerre umane: tutto ha inizio dal dominio dell'altro di cui l'olocausto animale ne è base e simbolo.
La liberazione animale risulta dunque non “una questione tra le tante”, usando le parole dell'autore, ma “[...] di una questione, oggi più che mai centrale, di vitale importanza, che dev'essere degnamente affrontata sotto il duplice versante ontologico ed etico.” Per questo motivo “Niente e nessuno potrà mai legittimare il grilletto premuto dal cacciatore o l'uncino che nella macelleria tiene sospeso il corpo insanguinato di un bue, di un maiale, di un agnello, di un pollo, niente e nessuno se non un sistema, nel contempo culturale e produttivo, che si basa sulla regolarizzazione della schiavitù, sullo sfruttamento e sulla riduzione dell'altro, su un altro oggettivato, sull'annientamento della differenza. Da questa consapevolezza sorgono l'impulso e l'urgenza ad una rivoluzione strutturale che dall'oscurità dell'abominio dilagante ci conduca all'oltrepassamento di uno scarto tra l'uomo e tra gli altri esseri, alimentato da “teologie-economiche del mattatoio” fin qui dominanti, nella direzione di una liberazione piena, totale, radicale.”
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