di
Alessandra Profilio
04-01-2013
È tenuta sotto stretta sorveglianza la piattaforma per trivellazioni petrolifere che il 2 gennaio, a causa di una violenta tempesta, ha rotto i cavi e si è incagliata sulle coste di un'isola disabitata nel golfo dell'Alaska. La piattaforma Kulluk della Shell a bordo ha un carico di quasi 600 mila litri di carburanti e oli.
È tenuta sotto stretta sorveglianza la piattaforma per trivellazioni petrolifere che il 2 gennaio, a causa di una violenta tempesta, ha rotto i cavi e si è incagliata sulle coste di un'isola disabitata nel golfo dell'Alaska. La piattaforma Kulluk della Shell a bordo ha un carico di quasi 600 mila litri di carburanti e oli. Per questo si teme un disastro ambientale per l'isola di Sitkalidak, situata proprio davanti al Parco Nazionale Kodiak.
Sul posto ci sono le squadre di emergenza della Guardia Costiera americana che hanno riferito che “al momento ci sono perdite” ma “verifiche sono tutt'ora in corso”. Purtroppo “le condizioni meteo estremo e i mari agitati rappresentano ancora un ostacolo”, ha spiegato Susan Childs, responsabile Shell per questa emergenza.
Il timore è che i serbatoi a bordo della piattaforma vengano danneggiati e che possano sversarsi in mare gli idrocarburi, con danni probabilmente più gravi di quelli verificatisi nel Golfo del Messico a causa delle condizioni meteo decisamente più proibitive.
Negli Stati Uniti l’incidente ha riacceso il dibattito sulle trivellazioni off-shore di Shell. Il deputato democratico Ed Markey, capogruppo in Commissione Risorse Naturali, ha affermato: “le compagnie petrolifere non possono fare ricerche in modo totalmente sicuro nelle condizioni esistenti a quelle latitudini. In caso di incidente le conseguenza per l’ambiente sarebbero disastrose”.
“Sappiamo già del terribile impatto che gli sversamenti possono avere in Alaska – ha spiegato Ben Ayliffe, direttore della campagna polare Greenpeace Usa - Nel 1989 la petroliera Exxon-Valdez si è schiantata a Reef Bligh ed ha sversato centinaia di migliaia di barili di petrolio nel Prince William Sound, ricoprendo vaste aree di mare e di costa con uno spesso rivestimento di greggio e uccidendo migliaia di uccelli marini, lontre, foche ed orche. Ancora oggi la regione ne soffre gli effetti”.
“Purtroppo, questo tipo di incidente, - prosegue Ayliffe - questa volta con la Kulluk, non è nuovo per la Shell. I suoi tentativi di trivellare il petrolio nei mari gelati di Chukchi e Beaufort sono stati funestati da incidenti e disavventure in ogni fase del loro cammino: dalle navi di perforazione arenate ai motori incendiati, dall’insuccesso delle ispezioni di sicurezza alle apparecchiature essenziali che possono essere 'schiacciate come una lattina di birra', i tentativi della Shell di trovare petrolio nella regione artica sono barcollati da una farsa costosa e spericolata ad un’altra”.
Commenti