di
Elisa Magrì
05-07-2011
L'associazione ambientale Marevivo chiede all'Italia di farsi promotrice di un summit per il mare, un G20 che adotti decisioni comuni e improcrastinabili per la tutela delle acque gravemente inquinate, i cui ecosistemi sono seriamente minacciati dall'azione dell'uomo. L'organizzazione Oceana rilancia l'importanza dell'informazione e della consapevolezza dello stato degli oceani anche per le abitudini dei singoli.
Il problema dell'inquinamento degli oceani è uno dei più grandi fallimenti delle politiche europee in materia di pesca. Non ci gira intorno Oceana, l'associazione internazionale per la tutela degli oceani, quando segnala che 1,3 milioni di tonnellate di scarti di pesci marini sono gettati ogni anno in mare dai pescatori europei. Ma i danni arrecati agli oceani non si limitano a questo: secondo Oceana l'uomo ha già alterato o distrutto molti ecosistemi marini e condotto diverse specie, originatesi un milione di anni fa, al rischio di estinzione. Secondo uno studio apparso su Science meno del 4% degli oceani è oggi inalterato dall'attività umana.
Per questi motivi l'associazione Marevivo invoca un summit per il mare, ovvero un G20 per gli oceani “con il fine di disegnare una strategia globale di salvaguardia del mare ed individuare misure di tutela che possano garantire agli oceani di continuare a svolgere il loro ruolo di produzione dell’80% di ossigeno e di assorbire il 30% di anidride carbonica”. Che non si tratti di banale allarmismo, ma della denuncia di ingiustificabili ritardi da parte di governanti e industriali è un fatto noto e documentato.
Gli aspetti da prendere in considerazione sono molteplici: è noto, in primo luogo, il problema dell'abuso della pesca; il 75% delle specie marine sono ormai completamente sfruttate. Inoltre, le acque sono eccessivamente inquinate dal mercurio e da altri materiali tossici rilasciati dalle piattaforme industriali sulle coste. Attraverso i pesci il mercurio raggiunge anche l'uomo: l'EPA (Environmental Protection Agency) stima che una donna americana su dieci ha ingerito una quantità di mercurio sufficiente da provocare seri rischi di danni neurologici per il proprio nascituro.
Le emissioni di diossido di carbonio (o anidride carbonica) rendono, al tempo stesso, i mari sempre più surriscaldati e acidi, minacciando l'esistenza di interi ecosistemi, soprattutto quello dei coralli. Infine, non bisogna sottovalutare i disastri originati dalle pratiche indiscriminate di pesca intensiva, come quella a strascico (bottom trawls), che raschia letteralmente i fondali degli oceani alla ricerca di crostacei ed altri pesci che sfuggono ai pescatori. Queste pratiche sono analoghe a quelle di diboscamento delle foreste terrestri, in questo caso, però, il fatto ha persino del paradossale, perché è come buttare a terra gli alberi solo per inseguire un coniglio.
Che fare? Associazioni volontarie e non governative come Oceana e Marevivo promuovono soluzioni pratiche per tutelare i mari e gli oceani dai disastri di cui l'uomo è il principale agente. Benché esistano leggi sulla regolamentazione della pesca e contro l'inquinamento, Oceana e Marevivo lavorano attivamente per rafforzarle e assicurarne l'efficacia soprattutto nei confronti delle industrie e delle lobby che le disattendono sistematicamente. Oceana incoraggia, fra altro, iniziative dal basso di supporto e di diffusione dell'informazione, ed esorta i singoli ad adeguare i propri stili di vita.
Secondo Xavier Pastor, direttore di Oceana per l'Europa: “La Giornata mondiale degli oceani non dovrebbe essere un giorno di festa in Europa, ma piuttosto un grido d'aiuto e un invito ad agire. Mentre il compito da svolgere sembra scoraggiante, la realtà è che la situazione può essere invertita. I consumatori possono svolgere un ruolo, ad esempio evitando nei ristoranti (tra le altre), le specie minacciate e in pericolo come il tonno rosso del Mediterraneo e nasello e incoraggiando i rivenditori a rifiutarsi di venderli”.
Naturalmente il grosso delle responsabilità è in mano ai politici europei, che devono accertare che le misure legislative siano messe in atto ed istituire Aree marine protette in base a ricerche scientifiche ben gestite e monitorate. Ma per farsi un'idea dello stato attuale delle ricerche e delle minacce in atto è utile per tutti visitare i siti di Oceana e Marevivo e arrivare da soli alle conclusioni. Buona lettura.