di
Andrea Degl'Innocenti
07-12-2011
Dopo l'approvazione della manovra Monti, sono fiorite, su internet e non solo, le contro-manovre proposte da altri soggetti. Molti gli spunti interessanti e che fanno riflettere. Forse i tagli alle pensioni e le nuove tasse non erano così inevitabili e necessari. E c'è addirittura chi afferma che il decreto salva-Italia sia inutile...
Iniqua, insostenibile, atroce, punitiva. Ma anche urgente, necessaria, senza alternative. Fra le molteplici definizioni e gli aggettivi che sono stati affibbiati alla manovra da poco varata dal governo Monti forse manca quello più importante: inutile. Sebbene solo in pochi lo ammettano, voce ormai serpeggia fra gli economisti non allineati al pensiero dominante e gli osservatori più attenti: l'Italia si trova nel famigerato cul de sac, dal quale non è possibile uscire se non cambiando completamente paradigma.
Uno dei postulati del paradigma della crescita è infatti il rapporto debito/pil. In un paese dall'economia sana – sempre ragionando nell'ottica della crescita - questo rapporto non dovrebbe essere superiore allo zero, e il debito non dovrebbe crescere con ritmi superiori al prodotto interno lordo. In Italia questo rapporto si aggira attorno all'1,2, ovvero il debito è circa il 120 per cento del pil. Inoltre il nostro debito sovrano è soggetto a forti speculazioni: quello che viene contratto attualmente, attraverso l'emissione di bond e obbligazioni, ha degli interessi a dieci anni che si aggirano attorno al 7 per cento. Il pil invece è praticamente fermo, ovvero l'Italia non cresce.
Ecco, in questa situazione – sempre nell'ottica dominante - si può intervenire un due modi: agendo sul debito o sulla crescita. La manovra Monti agisce sul debito: cerca cioè di tagliare il più possibile le spese per chiudere in attivo il bilancio statale e ripagare parte del debito (una parte minima a dire il vero) sperando così che con il diminuire del debito calino anche gli interessi da pagare su di esso.
Ma così facendo egli va a colpire direttamente sia le risorse dello stato che le tasche degli italiani, che saranno più poveri e spenderanno meno. Dunque gireranno meno soldi, ancora meno ne entreranno nelle casse dello stato ed il bilancio tornerà in passivo. La crescita non ripartirà ed il debito aumenterà ancora. Scrive acutamente nel suo blog il giornalista Paolo Barnard, “Mario Monti si troverà con un cane che si morde la coda, e mentre da una parte darà un colpo per raddrizzare il cerchio, dall’altra il cerchio picchierà sul muro storcendosi di nuovo”.
È una situazione, quella attuale, dalla quale non si esce se non a patto di una radicale cambiamento di vedute. Per questo motivo sono fiorite, sul web come sulla carta stampata, moltissime proposte di contromanovre, che provano a vedere la situazione da altri punti di vista, e che nel cercare i soldi necessari al bilancio statale mettono al centro le esigenze dei cittadini piuttosto che quelle del mercato. Diamo uno sguardo a quelle più interessanti.
Partiamo dalla proposta lanciata da Marco Boschini e Domenico Finiguerra, il primo coordinatore dell'associazione Comuni Virtuosi, il secondo sindaco – virtuoso – di Cassinetta di Lugagnano. A parte le sacrosante considerazioni su corruzione ed evasione fiscale, che da sole “rubano” 180 miliardi all'anno allo stato; dopo aver accennato a economia sommersa e paradisi fiscali, due settori che fanno girare circa 850 miliardi annui, i due stilano una proposta su 16 punti, presentata nel blog di Finiguerra sul Fatto Quotidiano.
I cardini principali sono la riduzione delle spese militari, il taglio netto delle spese della politica, la tassazione dei capitali e delle transazioni finanziarie, la lotta all'evasione fiscale, la tassazione delle proprietà della chiesa – e l'annullamento dell'8 per mille -, la cancellazione dei progetti per le Grandi Opere, la tassazione di prodotti nocivi, l'eliminazione dei finanziamenti pubblici a scuole e sanità privata, l'abolizione dei finanziamenti ai maxi impianti per le energie rinnovabili.
Proposte che ad alcuni possono suonare come demagogiche. Alle eventuali critiche Boschini e Finiguerra rispondono che “Se facessimo solo il 20% di quest’elenco, sarebbe Politica con la P maiuscola. La vera demagogia è quella di chi propone le solite soluzioni: tagli alle pensioni, innalzamento età pensionabile, privatizzazioni, tickets, riforme istituzionali di livello condominiale.”
Altra proposta degna di nota è la controfinanziaria di Sbilanciamoci, lanciata inizialmente come alternativa alla manovra d'agosto del governo Berlusconi ma del tutto attuale. Si tratta di una manovra da 60 miliardi di euro, di cui 30 da destinare al risanamento del debito, i restanti 30 al rilancio dell'economia in chiave verde e sostenibile.
Sul fronte delle entrate, le proposte sono simili a quelle di Boschini e Finiguerra. “Colpire i grandi patrimoni con una tassa ad hoc, tassare i capitali rientrati dall'estero, ridurre del 20% le spese militari, cancellare le grandi opere”. Ma è sull'altro fronte che si avrebbero le novità più sostanziose.
Dal punto di vista degli interventi, sarebbero incentivati gli investimenti nella green economy, nelle piccole opere pubbliche, nella ricerca e nell'innovazione. Tutto questo, tenendo saldi i diritti dei lavoratori, dei pensionati, dei cittadini: “difendere i redditi più bassi, allargare lo spettro degli ammortizzatori sociali, rafforzare la rete dei servizi sociali e della tutela dei più deboli”.
Anche Legambiente - dal palco del suo IX Congresso nazionale, tenutosi a Bari - ha voluto dare il suo contributo al dibattito sulla manovra economica con una controproposta. Si parla, in questo caso, di 21,5 miliardi di euro recuperabili attuando una conversione ecologica di alcuni settori, incentivando la sostenibilità ambientale e disincentivando le pratiche più inquinanti.
Nello specifico si propone di disincentivare la mobilità privata, attraverso alcune misure fra cui una una patrimoniale sulle auto di grande cilindrata; di modificare il sistema con cui si prelevano e si pagano allo Stato le risorse naturali, visto che i materiali edili dalle cave e i prelievi idrici di acque minerali vengono pagati alle Regioni cifre irrisorie rispetto agli enormi guadagni realizzati dagli investitori; di disincentivare, con un altro strumento tariffario, il conferimento dei rifiuti in discarica.
Agli strumenti patrimoniali e tariffari elencati, Legambiente aggiunge una seconda serie di misure che vadano a tagliare gli sprechi come ad esempio il costo di grandi opere infrastrutturali che l'associazione ritiene inutili e a volte persino dannose.
Come si può ben vedere dagli esempi fin qui portati le alternative per fare cassa non mancano. Neanche queste proposte però saranno sufficienti a risanare realmente uno stato, se non verranno inserite in un quadro di cambiamento più ampio. Un cambiamento che non consideri solo gli aspetti economico e finanziario, di bilancio, ma parta da basi culturali, da una mutazione profonda degli stili di vita e del paradigma dominante.
È necessario, e urgente più che mai, dar vita ad un percorso collettivo che metta al centro del proprio ragionamento sulla società il rapporto fra individuo, collettività e sistema-mondo, e lasci all'aspetto economico, ai mercati, di regolare solo gli aspetti marginali dell'esistenza.
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