Innanzi tutto, per inquadrarne l’esperienza, c’è da spiegare chi è Larry Everest. Corrispondente per il giornale Revolution, autore di Oil, Power & Empire: Iraq and the U.S. Global Agenda (Common Courage, 2004), nel 1991 ha viaggiato attraverso l’Iraq per seguire la Guerra del Golfo e ha girato il video pluripremiato Iraq: War Against the People. Nel 2005 ha testimoniato nella sessione finale del World Tribunal on Iraq a Istanbul in Turchia.
Everest è uno dei milioni di individui ad avere visto “American sniper”, il film di Clint Eastwood sulla storia di un Navy Seal americano, Chris Kyle, film basato sull’autobiografia dello stesso soldato. Kyle ha combattuto in Iraq dal 2004 al 2009 quando gli Usa occupavano il paese. Nel febbraio 2013 è stato ucciso da un altro soldato che, secondo le ricostruzioni, soffriva di disordine da stress post-traumatico. “American sniper” ha ottenuto sei nomination agli Oscar ma sta provocando confronti anche duri e polemiche. Molti di coloro che lo hanno difeso, spiega Everest, sostengono che sia un film su quel soldato e la sua storia, che serva ad aprire gli occhi sulle sofferenze di un combattente, che sia un tributo a chi combatte e una critica alla guerra. “Tutte balle” taglia corto Everest. “Questo è un film profondamente reazionario, che umanizza e glorifica Chris Kyle, un cristiano fondamentalista che ha assassinato 160 cittadini iracheni, forse il numero maggiore che un soldato americano abbia ucciso. Inoltre il film demonizza e disumanizza ogni singolo iracheno, forse ad eccezione di una singola famiglia, ritraendoli come terroristi diabolici e selvaggi che meritano la morte. Ci propina una fandonia sull’invasione americana in Iraq e il ruolo che ha avuto, racconta l’America come la forza del bene, come la nazione che manda i propri militari in posti come l’Iraq per proteggere gli innocenti e distruggere il diavolo. Propone la visione secondo cui solo l’America e le vite degli americani contano qualcosa e tutto concorre a difenderle. Questa è l’enorme bugia raccontata da questo film. I soldati americani sono lupi assetati di sangue, non i cani pastore del mondo”.
Chris Kyle cresce in Texas, un bravo ragazzo all’antica proveniente da una famiglia tradizionale, bianca, patriarcale e patriottica. “Il padre diceva sempre al figlio che esistevano tre tipi di persone: la maggior parte è costituita da pecore paurose; poi ci sono i lupi che predano le pecore; poi ci sono i cani pastore che proteggono le pecore dai lupi. E suo figlio era senza dubbio un cane pastore. Entra nei Navy Seals e la sua determinazione diviene ancora maggiore quando, insieme alla moglie, assiste al crollo delle Torri Gemelle. E decide che sarebbe andato a proteggere l’America e le sue pecore dai lupi, i terroristi islamici. La sua unità viene mandata a Fallujah, in Iraq, nel 2004. Ma gli Usa e il suo esercito non sono cani pastore – dice Everest – sono lupi dalle cui fauci gocciola il sangue della gente”. E rincara la dose: “American Sniper allena la gente a vedere il mondo attraverso gli occhi dell’impero. La storia che ci viene raccontata è quella di un soldato assassino e particolarmente fanatico. Perché non quella di uno dei tanti veterani dell’Iraq che hanno gridato contro la guerra, uno di quelli che hanno gettato la medaglia e condannato i crimini di guerra che sono stati perpetrati? Inoltre, raccontare la storia di soldati-guerrieri non è il modo più adatto e veritiero per capire cos’è veramente la guerra. Non si può raccontare una storia personale totalmente staccata dal contesto in cui si trova o che lo falsifichi; e la storia di un individuo non può fungere da sintesi generale di fatti storici. Nel film, Kyle viene catapultato dal matrimonio al campo di battaglia, la spiegazione è che accade in reazione all’11 settembre. Ma che diavolo ci erano andati a fare gli Usa a Fallujah? Cosa diavolo stavano facendo in Iraq? E cosa diavolo stavano facendo in Medio Oriente ben prima dell’11 settembre? Pretendere di far cominciare tutto nel 1998 o nel 2001 e che tutto ciò che c’è da sapere sia l’eroismo di Kyle è una fandonia reazionaria. Prima dell’invasione dell’Iraq da parte degli Usa, il paese era governato da un tiranno, Saddam Hussein. Ma l’Iraq non era coinvolto nell’11 settembre. Non c’erano jihadisti islamici in Iraq e l’Iraq non aveva armi di distruzione di massa, come invece il regime Bush-Cheney aveva preteso di inventare. Erano tutte bugie deliberate per giustificare l’invasione e la conquista del paese”.
Perché dunque gli Stati Uniti hanno attaccato l’Iraq? Everest dà la sua risposta: “Perchè l’imperialismo Usa voleva stringere la morsa sull’Iraq e sul Medio Oriente intero. Gli Usa controllano la regione dagli anni ’50, hanno usato quel petrolio per dominare l’economia mondiale e gli altri poteri ad esso subordinati e si sono intascati miliardi e miliardi in profitti. Controllare il Medio Oriente significa controllare le rotte vitali del commercio e un crocevia militare strategico tra Africa, Europa e Asia. Milioni e milioni di vite sono state schiacciate per rafforzare questo ordine, inclusi i 500mila bambini iracheni morti a seguito delle sanzioni imposte dagli ONU-USA negli anni ‘90. La presa sulla regione si era andata allentando e gli Usa avevano bisogno di cacciare Saddam, prendersi l’Iraq e trasformarlo in un avamposto per i loro piani di potere totale, da impero globale. Quindi l’invasione americana e l’occupazione dell’Iraq non sono state uno sforzo nobile per portare giustizia. Sono state una guerra ingiusta, immorale, illegale e imperialista. Sono morte centinaia di migliaia di persone, un paese intero è stato devastato e 5 milioni di persone hanno perso le loro case. Ha portato al potere gli oppressori e ha alimentato il fondamentalismo islamico reazionario. La storia di una persona non può cambiare tutto ciò. E come si può fare un film che sia vero e sincero senza parlare di tutto questo? Peraltro la storia di Kyle ci dice veramente poco della natura predatoria e immorale dell’invasione americana dell’Iraq”.
L’immagine che la gente trae dal film, sostiene Everest, è che quella degli iracheni sia una vita in mezzo alle macerie e ai combattimenti, disgustosa. E Kyle ripete sempre: “Sono selvaggi”. Ma American Sniper non racconta come è stata distrutta Fallujah. Nell’aprile 2004, spiega Everest, gli Usa hanno costretto la maggior parte della popolazione ad evacuare e poi hanno bombardato, usando anche bombe al fosforo e bombe cluster. Con il fosforo si fondono pelle e carne fino alle ossa. “Stando alle testimonianze, a Fallujah gli american snipers sparavano a tutto ciò che si muoveva, compresi gli autisti delle ambulanze e il personale medico”. “Uccidevano la gente che tentava di portarsi via il corpo dei familiari uccisi, hanno provato a uccidere chiunque lavorasse negli aiuti umanitari” ha detto un abitante di Fallujah all’Inter Press Service.
Nel 2007 sono stati rivelati metodi crudeli e sconcertanti nelle uccisioni di iracheni avvenute a Iskandariya, a sud di Baghdad, da parte degli americani. Il video Collateral Murder, basato su riprese fatte filtrare da Chelsea Manning (ora in prigione per quel gesto), mostra un elicottero Us ache uccide civili e giornalisti. Due soldati che erano parte di quell’unità, a differenza di Kyle, si sono poi scusati con la popolazione irachena per le loro azioni. Quando un potere occupante porta avanti punizioni collettive e uccide civili si tratta di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Queste non sono le azioni di un cane pastore, ma di lupi dalle fauci sporche di sangue, per parafrasare Malcom X.
“American Sniper nasconde e riscrive la vera storia degli Usa in Iraq facendo calare una nebbia di propaganda imperialista, cercando di creare un mito e mentendo – prosegue Everest – Chris Kyle incarna il pensiero ‘L’America è il bene, tutto il resto è il diavolo, contano solo le vite degli americani’. L’autobiografia di Kyle è ancora più rivelatrice. Ha scritto che tutti quelli che ha ucciso se lo meritavano, che odiava i “selvaggi” iracheni e che amava ciò che stava facendo. Aveva una croce tatuata sul braccio perchè voleva che tutti sapessero che era cristiano. Aveva ucciso 30 ‘looters’ a New Orleans dopo l’uragano Katrina, disperati che cercavano di sopravvivere. Ma perchè scegliere per un film uno che trasuda razzismo e poi cercare persino di riscattarlo sullo schermo? Quando il corrispondente della NBC Ayman Mohyeldin ha osato criticare American Sniper ha ricevuto minacce di morte, ad altri è accaduta la stessa cosa”.
“American Sniper – aggiunge Everest – incarna la strategia messa a punto dagli Usa per fiaccare l’opposizione alla guerra in Medio Oriente, prima l’Afghanistan e l’Iraq, poi i droni in Pakistan e Yemen, ora in Siria e di nuovo in Iraq, con una costante instabilità che continua a crescere. In questo modo si concentra l’attenzione sulla sofferenza, sul sacrificio e sul “valore” dei soldati che fanno la guerra. Kyle protegge i compagni, non si nasconde, è incline al sacrificio. Insomma, si rischia veramente di credere che la tragedia non siano i milioni di iracheni morti, feriti o sfollati e con vite distrutte, ma la sofferenza dei militari che occupano quel paese. Si rischia veramente di arrivare a credere che, qualunque cosa si pensi della guerra, i soldati americani sono bravi ragazzi e bisogna comunque sostenerli. Questa è una guerra di conquista, che sopprime ogni opposizione, installa un regime reazionario e trasforma l’Iraq in una nuova colonia. Il film di Eastwood arriva in un momento delicato in cui gli imperialisti americani sono in difficoltà in Medio Oriente. E’ un lavoro che punta a dare sostegno ideologico e politico all’America a fronte anche dei crimini contro la gente commessi in quelle regioni”.
Si ringraziano Larry Everest e Global Research.