Angelo Misciagna ha girato il mondo facendo vari mestieri, frequentato ecovillaggi e progetti di comunità. Da un paio di anni ha deciso di stabilirsi nella campagna Toscana, vicino a Massa Marittima, nella località di Montebamboli. Si dedica a lavori stagionali in agricoltura e assieme alla compagna tedesca Jenny sono pure artigiani, lei bravissima sarta anche per costumi di scena, lui creativo calzolaio che realizza splendide calzature. Lungimiranti e saggi mettono assieme agricoltura e artigianato ben sapendo che sono il futuro della nostra società. E sono così convinti, capaci e motivati nella loro scelta che nonostante non siano ricchi, non abbiano alcun posto fisso o lavoro “sicuro”, hanno deciso di fare un figlio che nascerà a breve. Si direbbero degli incoscienti, invece proprio perché sono molto consapevoli stanno facendo le scelte migliori per loro e per il bambino che verrà. Scelte di consapevolezza e libertà.
Abbiamo intervistato Angelo per Il Cambiamento.
Hai girato il mondo; cosa hai imparato dalle esperienze che hai fatto?
Sicuramente viaggiare ha allargato i miei orizzonti. Ho girato per quasi 20 anni, intervallati da periodi lavorativi per guadagnare qualcosa e ripartire in viaggio, sempre tra paesi poveri e gente di strada. Infine io stesso ho imparato a vivere alla giornata e lavorando quando si presentava l’occasione. E così vivendo in un camper sono passati 17 anni. Ho avuto l'occasione di fare molte esperienze e d'imparare diverse cose semplici che danno qualità e gioia alla vita, come l'artigianato, la musica e tanto altro. Quindi non è vero, come ci insegnano in Occidente, che la nostra felicità è direttamente legata alle cose materiali. Cerco di riportare alla mente quanto sia superfluo, tutto ciò che il sistema ci propone come indispensabile. Tengo stretti tutti gli umili sorrisi incrociati nei miei viaggi.
Hai vissuto anche in ecovillaggi ed esperienze comunitarie; che insegnamenti ne hai tratto?
Vivere in un ecovillaggio, in una comunità è stata l'esperienza più intensa da tutti i punti di vista. È la scorciatoia per incontrare se stessi e vedere velocemente i propri limiti e soprattutto quanto siamo disposti ad andare oltre. Ho scoperto quanto sia impegnativo e difficile relazionarsi in ambiti comunitari, e devo accettare di non sentirmi più disposto. E quindi abbiamo trasformato questo capitolo creando la nostra piccola tribù familiare con me, Jenny e la bimba che verrà alla luce, rimanendo aperti ad amici, viandanti e viaggiatori che passano di continuo a trovarci. Nel frattempo cerchiamo di mantenere una rete di relazioni nel territorio circostante. Comunque restiamo consapevoli dell’importanza delle relazioni, sono per me e la mia compagna come l'acqua per le piante. La “comunità allargata” è forse ora il concetto che calza meglio in questo momento di vita.
Perché dopo tanto girare e tante esperienze, hai deciso di fermarti in un piccolissimo paese di case sparse come Montebamboli? Potevi andare per esempio a Berlino, la città della tua compagna, che è un luogo bramato da tante persone e in teoria dà moltissime opportunità.
Ho vissuto in città per i primi 20 anni della mia vita, e da allora continuo a trovare nuovi stimoli vivendo vicino alla natura. Negli ultimi anni di vita in camper cercavo un posto dove poter realizzare un piccolo progetto con tutto ciò che abbiamo imparato. Ed eccoci qui a Montebamboli dove casualmente da qualche anno mi ritrovavo tra queste colline a potare degli ulivi e a fare l'olio. Per me, come per la mia compagna, Berlino in questo momento della nostra vita ci avrebbe regalato poco, comparato alla sensazione di libertà che viviamo in queste meravigliose colline. Non precludo nulla per il futuro, neanche l'opportunità di poter invecchiare nella tanto bramata Berlino. Che effettivamente mi ha accolto e insegnato molto soprattutto dal punto di vista lavorativo.
Unisci alla tua passione per l’artigianato anche quella per l’agricoltura e l’apicoltura; come coniughi questi aspetti in una visione comune?
Fa tutto parte del "prendersi cura" di ciò che ci circonda, “qualcuno o qualcosa” che sia. Quindi una pianta, un insetto, una scarpa sono bisognosi di cure ed attenzioni come ognuno di noi. Più siamo attenti e minuziosi fuori e più ci prendiamo cura di noi dentro. Se riuscissi ad allargarlo a tutti gli esseri sarei beato.
Tanti dicono che il futuro del lavoro è nelle macchine, nell’automazione; la tua scelta di lavorare con le mani e con la tua intelligenza, non quella cosiddetta artificiale, cosa significa per te? Pensi che una scelta del genere possa diffondersi?
Probabilmente la difficoltà dell’essere umano in relazione con la macchina è proprio quella di non aver trovato un limite accettabile. È come se spinti dalla sete del denaro non ci rendessimo conto di aver perso il gusto ed il senso originario. Ho avuto l'opportunità e le richieste per poter lavorare molto di più e fare molti più soldi e per due volte senza nessuna esitazione ho rifiutato. Continuo di fatto ad essere molto lento e divertito di questo. Pur non essendo competitivo in nessun modo nel mercato capitalista. Forse l'automazione ruba un po’ di quel “prendersi cura” e quindi un po’ di gusto, anche se non rifiuto i macchinari se usati con intelligenza e parsimonia. Certo la manualità è uno stimolo per i nostri sensi (o sensazioni). In quanto al diffondersi purtroppo sono un po’ pessimista. Io mi limito a propormi, poi vedo chiaramente che il mondo va nella direzione opposta. Bisognerebbe ricominciare da capo.
A Roma tempo fa uno degli ultimi storici calzolai si lamentava che, nonostante la disoccupazione, non trovava nessuno che volesse imparare il mestiere e sarebbe stato obbligato a chiudere. Perché invece tu hai deciso di dedicarti alla calzoleria e come hai imparato?
Devo ammettere che se avessi incontrato questo calzolaio sarei stato la persona più felice del mondo. Ciò che ancora cerco di imparare da più di 15 anni l'avrei imparato in tre o poco più. Per tanti anni ho purtroppo incontrato anziani ancora molto legati al tenersi stretti la propria arte piuttosto che divulgarla con amore. Sono invece stato molto sorpreso nel trovare l'opposto a Berlino, quindi la particolare volontà di condividere questi mestieri antichi. Giovani e anziani mescolati a imparare ed insegnare, l'ho trovato molto creativo ed intelligente. Questa è proprio la differenza tra amare il proprio mestiere e l'esserne attaccato.
Proponi corsi per chi vuole realizzare le proprie scarpe; perché questa scelta, invece di vendere semplicemente le scarpe e basta? A chi sono rivolti i tuoi corsi? C’è bisogno di avere già esperienza per partecipare?
Cerco di fare in modo che i miei corsi siano il più possibile accessibili a chiunque; sono rivolti a tutti. Partendo dal sandalo semplice in cui si sono cimentati bimbi di 10 anni con ottimi risultati, fino ad arrivare a scarpe di semplice manifattura dove magari un minimo di manualità è richiesta. Propongo ora esattamente ciò che avrei voluto trovare allora. Quindi sono corsi dedicati soprattutto a chi vuole agilmente imparare le tecniche basilari per la costruzione di una calzatura. Sia per artigiani interessati ad approfondire come anche semplicemente a chi è curioso ed entusiasta di realizzare il proprio paio di sandalo o scarpa personalizzato.
Che tipo di calzature produci?
Non ho una vera e propria produzione di calzature. Faccio solo qualche sandalo o scarpa a persone che per qualche strano motivo ancora apprezzano il fatto a mano. Più che altro mi concentro nel divulgare questa passione. Comunque i materiali che utilizzo sono quasi completamente concia vegetale (quindi senza cromo) e ultimamente sto sperimentando una microfibra che ha caratteristiche simili al cuoio pur non essendo di origine animale. Ho sperimentato canapa e ortica con grandi soddisfazione.
Quali sono le soddisfazioni maggiori nella realizzazione di qualcosa fatto da te?
Le maggiori soddisfazioni sono sempre legate all'aspetto creativo. Il momento in cui si può dare veramente forma a ciò che si sente. La ripetitività non regala le stesse emozioni. L'indirizzo a quale sono orientato non è sicuramente quello commerciale. Mi dà molta soddisfazione creare modelli teatrali o sperimentali, ovviamente invendibili. I momenti più belli sono stare in laboratorio fra odori di pellame e mastice con la stufa accesa mentre fuori c'è bufera.