di
Andrea Romeo
11-01-2012
La specie umana, le altre specie, il consumo di carne e la scelta vegetariana. Partendo dall'induismo, Andrea Romeo ripercorre la concezione degli altri animali nelle differenti correnti filosofiche e nelle dottrine religiose che si sono affermate nei secoli.
Le religioni più antiche conosciute nella storia dell'uomo sono quelle che rientrano nell'accezione allargata del termine 'Induismo'. L'Induismo affonda le sue origini in tempi antichissimi, nel neolitico (circa 7000 a.C.), e queste dottrine hanno obbligato i propri seguaci ad una dieta assolutamente vegetariana (come il Giainismo) permettendo solo il consumo del latte della vacca, animale sacro, o comunque orientato verso uno stile di vita non-violento che quindi escludesse anche l'uccisione di animali.
Ancora oggi l'India - se escludiamo le grandi metropoli globalizzate e alcune dottrine che permettono il consumo, seppur limitato, di alcune carni - conta più di 300 milioni di vegetariani dalla nascita per motivi religiosi, ed è dunque lo stato col maggior numero di vegetariani del pianeta. Quindi la religione più antica conosciuta predica il vegetarianismo, il che ci lascia pensare che esistessero vegetariani anche nella preistoria e che addirittura il consumo abituale di carne sia un fenomeno assolutamente moderno.
I teosofi e gli studiosi di religioni in generale sostengono che le grandi religioni monoteiste hanno tutte una matrice comune: derivano tutte da antiche dottrine orientali (tibetane, sanscrite, sumere, babilonesi) adattatesi man mano ai vari popoli. Le religioni abramitiche (Islam, Ebraismo e Cristianesimo) mutano ambiguamente questo rapporto tra uomo e natura di matrice indiana, probabilmente per adeguarsi alle usanze dei popoli ai quali si rivolgevano: l'esempio lampante è la differenza sostanziale tra cristiani che si nutrono di maiale contro i mussulmani e gli ebrei che invece lo rifiutano in modo dogmatico, nonostante tutte e tre abbiano in comune lo stesso testo sacro, la Bibbia ebraica.
Nelle religioni abramiche Dio dà all'uomo il dominio sugli altri esseri viventi e, nel contempo, ci sono diversi passaggi che contrariamente suggeriscono una dieta vegetariana. In generale comunque le masse seguaci di queste religioni consumano carne e l'Ebraismo ortodosso vieta il vegetarianismo per motivi laici. Eppure Maometto, nel Corano, predicava benevolenza verso gli altri animali e, nonostante il profeta prediligesse una dieta vegetariana, l'Islam consuma carne, anche se non si può certo dire che sia il mondo mussulmano la causa principale delle mattanze odierne.
Il Cristianesimo è diviso. La maggior parte dei cristiani diventa consumatore di carne, un tempo pietanza delle festività, attraverso questa fusione tra antiche tradizioni e il violento consumismo moderno. Eppure all'interno del Cristianesimo vi sono gruppi di credenti assolutamente vegetariani, e alcune dottrine cristiane predicano il veganismo. I cristiani vegetariani sostengono che i vangeli canonici siano stati selezionati appositamente per creare (o mantenere) una certa tradizione culturale pre-cristiana. Infatti i vangeli apocrifi danno una più sobria immagine del Cristo che predica il vegetarianismo e il rispetto per tutte le forme di vita.
Un ruolo particolare ha l'avvento della filosofia in Grecia nel VII secolo a. C.. Grazie alla mancanza di dogmi assoluti con i filosofi abbiamo anche diversi punti di vista, talora opposti. Accanto ai filosofi antropocentrici che vedono gli altri animali come 'anime rozze' (ad esempio Platone e Aristotele) vi sono quelli che, come Plutarco, li difendono con tutte le loro forze in quanto 'animali', cioè esseri con un'anima ed un'intelligenza. In generale la filosofia, che pone le basi per l'avvento del pensiero scientifico oggi imperante, riflette il pensiero dominante: risulta antropocentrica.
Con l'avvento del razionalismo nel XVII secolo, l'animale viene considerato un oggetto senz'anima. La Scolastica aveva negato l'immortalità dell'anima agli animali, ma non l'anima in sé. Cartesio va oltre: partendo dalla concezione antropocentrica di matrice cristiana, visione legata con il nascente metodo scientifico sperimentale, rinnega agli altri animali dapprima la coscienza, e quindi l'anima, accaparrandosi così il diritto di fare di questi esseri ciò che ritenesse giusto, non badando assolutamente alle loro esigenze di esseri viventi.
La scienza moderna vede gli altri animali come veri e propri automi biologici che rispondono per riflesso agli stimoli esterni, determinando così atroci sofferenze che oggi raggiungono livelli di efferatezza quasi surreali. Le religioni avevano in qualche modo attenuato - avvalendosi solo delle usanze, irrazionali certamente, ecatombiche - queste atrocità, oggi comunque ancora in uso vicine al consumo materialista.
La concezione automatistica andrà avanti per tutto il periodo illuminista fino a tempi recentissimi, passando per Kant, per le Istituzioni filosofiche di Purchot del 1785, a L'uomo e l'animale dinanzi al metodo sperimentale di Netter del 1883, fino alle recenti teorie dei tropismi di Binet agli inizi del '900 e agli studi della psicologia sperimentale e del comportamentismo di Wundt, Thorndike e Skinner.
Una visione anche influenzata dal darwinsimo a sua volta di origine cartesiana, che attraverso la reductio ad processum della bios, trasforma la vita in una scala gerarchica di processi biochimici che man mano, lungo il percorso dal basso verso l'alto, diventano sempre più complessi fino ad arrivare all'uomo. La visione naturalista aveva avuto da un lato il pregio di spostare il baricentro immergendo l'uomo nella natura, insieme agli altri animali, coi quali è senz'altro biologicamente imparentato: del resto, forse non a caso, Darwin divenne vegetariano.
Allo stesso modo però il materialismo, mischiandosi con le tradizioni che già prevedevano l'uso di animali per il benestare umano, ha portato alla fine il degenerare di queste fino all'avvento di una filosofia dell'hic et nunc, del consumo senza limiti di vittime dell'ingordigia, ponendo l'uomo adesso in una nuova visione antropocentrica in quanto predatore dominante cui unico obiettivo è la lotta alla sopravvivenza. In questo contesto i discorsi sui diritti animali avranno sempre un ruolo periferico nel pensiero scientifico fino all'avvento dell'antispecismo, pur contando una lista consistente di filosofi e scienziati vegetariani.
Con l'avvento del consumismo, che inizia nell'immediato dopoguerra e si protrae fino ad oggi, abbiamo un vero e proprio mix tra l'ideologia antropocentrica occidentale e la trasformazione della Natura in merce, determinando un consumo massiccio di animali e derivati fuori dai tradizionali rituali religiosi.
Era inevitabile che l'Occidente toccasse il fondo con la diffusione degli allevamenti intensivi e dei laboratori di vivisezione, vere e proprie industrie di smontaggio animale, che trasformano la vita in beni di consumo. Questi modelli, avvalendosi dei media di massa che mostrano bucolici e apollinei mondi offuscando la realtà, e grazie ad una scienza asservita, hanno alla fine imposto i propri modelli, diffondendo la credenza presso le masse del bisogno assolutamente necessario di carne e derivati animali, e di conseguenza un assurdo incremento dei consumi.
Questo percorso ha portato l'uomo a prendere una nuova coscienza. Accanto al tradizionale antropocentrismo cristiano, si impone oggi un nuovo movimento filosofico, culmine di un percorso razionale ed etico, che sposta il baricentro dall'uomo a tutti gli esseri viventi: l'antispecismo. Termine coniato nel 1973 dallo psicologo Richard D. Ryder, l'antispecismo sembrerebbe quasi un passaggio naturale nella storia dell'Occidente. Accanto all'estrema violenza in cui siamo immersi, un movimento filosofico e politico, sempre più forte grazie alla rete, predica il rispetto per tutte le forme di vita estendendo i diritti propri dell'uomo anche agli altri animali.
Un movimento non più Dio-centrico o uomo-centrico, ma bensì ecocentrico. Una nuova coscienza collettiva che restituisce alla Natura la dignità perduta: una nuova rivoluzione filosofica è in atto.
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