Appello ai rettori degli atenei toscani: «Disapplicate il decreto su super green pass e obbligo vaccinale»

Hanno scritto ai rettori delle università Toscane chiedendo la disapplicazione del decreto che ha introdotto l’obbligo del super green pass e dell’obbligo vaccinale per i docenti: sono oltre 140 tra professori e personale delle università e istituzioni di alta formazione della Toscana, che denunciano la «pericolosa frattura sociale» creatasi nel nostro paese. E fa sentire la sua voce anche il rettore del Politecnico di Torino.

Appello ai rettori degli atenei toscani: «Disapplicate il decreto su super green pass e obbligo vaccinale»

Sono più di 140 i firmatari (lavoratrici e lavoratori degli atenei di Firenze, Pisa e Siena e degli Istituti di Alta Formazione della Toscana, tra tecnici, amministrativi, bibliotecari, lettori, collaboratori ed esperti linguistici, ricercatori, docenti) di una lettera aperta inviata ai rettori, ai direttori e ai presidenti delle rispettive istituzioni, con cui esprimono «viva preoccupazione per i recenti provvedimenti governativi in tema di estensione dell’obbligo vaccinale e di Super Green Pass misure che, in un momento particolarmente difficile da tutti i punti di vista, rischiano di acuire la frattura sociale già creatasi a seguito di due faticosi anni di pandemia».
Nella lettera, si chiede di procedere urgentemente a una valutazione della possibilità di disapplicare il Decreto Legge 1/2022, «ritenendo che esistano gli elementi per considerarlo in contrasto palese con il diritto internazionale, europeo e costituzionale».

I firmatari auspicano che sia avviata «una riflessione congiunta all’interno delle Istituzioni in cui lavorano e si dichiarano disponibili a collaborare all’individuazione di soluzioni idonee che, pur garantendo la sicurezza, evitino gravi disagi e discriminazioni all’interno della comunità universitaria e dell’alta formazione. Questo non solo nell’interesse dei lavoratori che, scegliendo di non vaccinarsi, incorreranno nella sospensione lavorativa a seguito dell’applicazione del decreto, ma anche della comunità accademica nel suo complesso, inclusi gli studenti, e della società in senso più lato».

Intanto Guido Saracco, rettore del Politecnico di Torino, ha affermato pubblicamente: «Spero che prima del 15 febbraio cambino le regole. Stiamo uscendo dalla quarta ondata, anche i numeri rispetto alle terapie intensive e ai reparti sono in diminuzione. Ha senso mantenere una misura così pesante come la sospensione dal luogo di lavoro per i non vaccinati dell'università, non solo gli over 50 come negli altri settori? Forse no». Saracco ha definito punitivo escluderli dal lavoro e privare le persone dello stipendio.

Ecco di seguito il testo della lettera aperta inviata dal personale universitario toscano:

«Magnifica Rettrice, Magnifici Rettori, Egregie Direttrici, Egregi Direttori, Egregie ed Egregi Presidenti,

siamo un gruppo di lavoratrici e lavoratori degli Atenei di Firenze, Pisa e Siena, e di Istituti di Alta Formazione della Toscana (tecnici, amministrativi, bibliotecari, lettori, collaboratori ed esperti linguistici, ricercatori, docenti) che ha avviato una discussione sulle ricadute nel mondo universitario delle politiche di gestione della pandemia. Tra noi vi sono sia persone vaccinate che non vaccinate, altre sono guarite dalla malattia e altre ancora sono state esentate dalla vaccinazione. In seguito all’emanazione del Decreto Legge del 7 gennaio 2022, n. 1, che ha modificato l’art. 4-ter del Decreto Legge del 1 aprile 2021, n. 44, estendendo l’obbligo vaccinale al personale delle Università, riteniamo necessario condividere con voi alcune riflessioni su importanti elementi di criticità presenti nel Decreto e sulle gravi ripercussioni che a nostro parere ne derivano. Come membri di queste Istituzioni, siamo molto preoccupati della frattura che è stata prodotta negli ultimi due anni da provvedimenti governativi che hanno diviso il corpo sociale, in un momento particolarmente difficile da tutti i punti di vista.
L’attuale fase epidemica è caratterizzata da una minore letalità e pericolosità del virus, verosimilmente dovuta sia alla circolazione della nuova variante Omicron, sia alla parziale capacità dei vaccini di arginare sviluppi gravi della malattia Covid-19. Questa minore letalità è tuttavia insidiosa, poiché la diffusione del contagio sta avvenendo su grandi numeri, e ciò può portare a un impatto rilevante sul sistema sanitario nazionale, pesantemente ridimensionato nel corso degli ultimi anni.

Pertanto crediamo che sia prudente tenere alta l’attenzione, ma riteniamo al tempo stesso doveroso riconoscere che il vaccino è strumento utile ma non risolutivo dell’emergenza, in considerazione soprattutto delle sue limitate capacità di immunizzazione, come anche le stesse case farmaceutiche e le agenzie regolatorie hanno messo in evidenza. I recenti Decreti Legge sembrano tuttavia ignorare questo aspetto, introducendo in modo diretto o indiretto l’obbligo di vaccinazione per interi settori della popolazione, incluse le fasce di età più giovani, a bassissimo rischio di sviluppare la malattia Covid-19 in forma severa come attestano i rapporti dell’Istituto Superiore di Sanità. Nessuna traccia vi è, invece, nei decreti, di strategie di più ampio respiro, che potrebbero includere screening ripetuti con test autosomministrati (come avviene ad esempio nel Regno Unito), controlli sull’aerazione dei locali, attivazione diffusa dello smart working, ove opportuno e possibile.
Va altresì considerato che i vaccini attualmente somministrati sono farmaci ancora in fase di sperimentazione, dato che l'autorizzazione alla loro immissione in commercio è avvenuta per via “condizionata” e temporanea, sulla base del Regolamento della Commissione Europea n. 507/2006 del 29 marzo 2006, che si applica espressamente ai “medicinali” per i quali “non siano stati forniti dati clinici completi in merito alla sicurezza e all'efficacia” (cfr. Paragrafo 2.5.4 in https://www.ema.europa.eu/en/documents/assessment-report/comirnaty-epar-public-assessment-report_en.pdf ), e che le evidenze scientifiche circa l’efficacia e la sicurezza della somministrazione di dosi booster a distanza ravvicinata sono scarse.
Questi aspetti, uniti alla mancanza di una pianificazione di medio-lungo termine e di una definizione dei parametri che permetteranno di ritenere conclusa l'emergenza Covid-19, rendono da un lato imprudente e dall'altro preoccupante la strategia di estensione dell'obbligo del Super Green Pass.
Inoltre, la comunicazione in tema vaccinale è stata estremamente variabile e incoerente: dalla promessa dell’immunità di gregge, si è passati all’evidenza che il vaccino non protegge dal contagio; da un solo ciclo vaccinale si è passati alla necessità di una terza dose e forse una quarta. Nel frattempo il CEO di Pfizer afferma che la formulazione attuale non protegge e che da marzo sarà disponibile una nuova versione del vaccino che proteggerà dalla variante Omicron.
Riguardo, nello specifico, all’estensione dell’obbligo vaccinale al personale universitario, osserviamo che in gran parte le nostre strutture sono risultate luoghi sicuri, dove non si sono verificati disservizi didattici, scientifici o amministrativi a causa di una diffusione incontrollata del contagio. Questo anche quando le lezioni e parte delle altre attività sono riprese prevalentemente in presenza, ad indicare che la tipologia e le attività lavorative all’interno dei nostri atenei possono essere svolte in sicurezza e modulate a seconda della fase epidemica.
Per tutti questi motivi, le misure previste dal Decreto Legge 1/2022 a nostro parere non appaiono coerenti e commisurate allo scenario attuale. Oltretutto, la normativa potrebbe generare conflitti e acuire discriminazioni all’interno dell’ampia comunità universitaria. Col nuovo decreto, a chi sceglierà di non vaccinarsi o di non proseguire con ulteriori somministrazioni sarà impedito di lavorare. Questa disposizione avrà gravi ripercussioni sociali e psicologiche, che incideranno sulla vita individuale e familiare dei lavoratori sospesi, incluse persone al termine della loro carriera lavorativa, oltre ad avere ricadute sulla formazione degli studenti, sulla ricerca e sull’attività culturale e amministrativa dei nostri atenei.
Negare il cosiddetto “assegno alimentare”, che viene erogato perfino a chi è sospeso per motivi disciplinari o per avere commesso reati penali, appare un provvedimento inumano che aggrava la misura di sospensione di per sé già lesiva del diritto al lavoro su cui si incardina la nostra Costituzione. Si verrà inoltre a creare una palese violazione del diritto alla privacy, in quanto la sospensione del lavoratore metterà in luce il fatto che questi non è vaccinato, rivelando così un suo dato sensibile.
Nel clima di dialogo e confronto su cui si basa la vita della comunità accademica, siamo fiduciosi che si possa avviare nell’immediato una riflessione congiunta su questi temi così cruciali per l’Università nel suo complesso e che vogliate considerare la possibilità di non applicare in modo automatico il Decreto Legge 1/2022, in quanto tale decreto appare in contrasto con norme nazionali, europee e internazionali.
Comprendiamo che, per consuetudine, i vertici delle istituzioni pubbliche ritengono di essere tenuti ad applicare ogni nuova norma e di non poter agire altrimenti. Tuttavia, soprattutto in situazioni complesse, è loro diritto e dovere accertarsi che le norme prescritte soddisfino i requisiti che le rendono legittime. A tale riguardo, l’art. 28 della Costituzione recita: «I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici». Esiste dunque una doppia responsabilità: una riferita al singolo dipendente pubblico e una riferita all’Amministrazione. Il pubblico funzionario è quindi tenuto a fare un’attenta valutazione di legittimità.

Di seguito evidenziamo gli elementi di dubbia legittimità del Decreto Legge 1/2022.

1. Il Decreto in oggetto non è stato ancora convertito in legge, mentre in base all’art. 32 della Costituzione gli obblighi in tema di salute possono essere disciplinati solo e soltanto da leggi  approvate dal Parlamento in via definitiva («Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge»), laddove per «legge» non può che intendersi un provvedimento legislativo adottato dal Parlamento al termine di un dibattito democratico aperto e trasparente che, per quanto riguarda i Decreti sul Green Pass e sul Super Green Pass, in Italia a tutt’oggi è evidentemente mancato.

2. Anche laddove una siffatta legge dovesse essere adottata dal Parlamento, essa non potrebbe in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana come stabilisce lo stesso art. 32 della Costituzione («La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana»). L’applicazione del decreto, a nostro parere, prefigura una violazione di tali limiti anche in quanto subordina a un trattamento sanitario il godimento dei diritti fondamentali al lavoro, alla sussistenza e alla socialità.

3. In materia di tutela della salute, inoltre, l’art. 32 della Costituzione antepone esplicitamente il diritto individuale all’interesse collettivo («La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività»). L’impostazione sistematica della Carta costituzionale, confermata da costante giurisprudenza della Consulta, fa sì che la salute del singolo non possa mai essere sacrificata o messa a rischio nell’ottica di salvaguardare la salute collettiva. Considerato che l’assunzione dei suddetti farmaci è da ritenersi un atto irreversibile, che esistono numerose segnalazioni di effetti avversi post-vaccinazione anche gravi e che la sperimentazione in materia si concluderà solo a fine 2023, non ci sono elementi per ritenere che il diritto individuale alla salute sia tutelato. Al contempo, non garantendo il vaccino l’immunità, ci sono anche dubbi su quanto l’attuale politica vaccinale tuteli la salute collettiva.

4. I contenuti del Decreto si pongono in contrasto anche con gli orientamenti espressi dalle due principali organizzazioni internazionali operanti sul piano regionale europeo, il Consiglio
d’Europa e l’Unione Europea, che hanno ritenuto necessario ribadire la libertà di scelta vaccinale allo scopo di scongiurare l’introduzione di illecite discriminazioni tra persone vaccinate e non vaccinate. Per prima è intervenuta l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, mediante la risoluzione 2361/2021 del 27 gennaio 2021, secondo cui «nessuno subisca pressioni politiche, sociali o di altro tipo affinché si vaccini, se non desidera farlo personalmente». In seguito è intervenuta anche l’Unione Europea, mediante il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 953/2021 del 14 giugno 2021, il cui considerando 36 afferma chiaramente che «è necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate», anche nel caso specifico di coloro che «hanno scelto di non essere vaccinate».

5. Le azioni che il Governo italiano pone in essere, adottando provvedimenti che di fatto spingono direttamente o surrettiziamente larghe porzioni di cittadini all’assunzione di farmaci ancora sotto sperimentazione, quali sono da considerare i vaccini anti Covid-19, si pongono in contrasto con alcuni principi generali di diritto internazionale ed europeo, nonché con principi fondamentali della bioetica (CIEB, Parere sull’obbligatorietà del vaccino anti-Covid , 20 dicembre 2021), quali: il principio di precauzione, come formulato dalla Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992 e recepito dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea; il principio del consenso informato, sancito da strumenti sia di natura deontologica (il Codice di Norimberga del 1947 e la Dichiarazione di Helsinki del 1964) che giuridica (il Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, ratificato dall’Italia nel 1978); i principi di beneficenza, di non maleficenza e di equo accesso alle cure sanitarie, cui si ispira anche la Convenzione europea per la protezione dei diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti delle applicazioni della biologia e della medicina (Convenzione sui diritti dell’Uomo e la biomedicina), firmata nel 1997 a Oviedo.

6. Riteniamo che costringere alla vaccinazione, pena la sospensione dal lavoro e la perdita del sostentamento economico, rappresenti un’imposizione ingiustificata dal punto di vista sanitario
e, in quanto tale, passibile di denuncia alla Corte Penale Internazionale come atto persecutorio nei confronti di un gruppo sociale, in questo caso identificabile dal suo status vaccinale (art. 7
Statuto di Roma).

Giova infine ricordare che la nostra Costituzione tutela il diritto alla salute, ma non lo pone al di sopra del diritto al lavoro e allo studio, né tantomeno al di sopra delle libertà personali. Tutti questi diritti devono essere bilanciati. Naturalmente l’epidemia va gestita con misure adeguate, ma senza rinunciare agli elementi cardine dello Stato di Diritto.
In conclusione, ritenendo che esistano gli elementi per considerare il Decreto Legge 1/2022 in contrasto palese con il diritto internazionale, europeo e costituzionale, auspichiamo che vogliate urgentemente procedere a una valutazione della possibilità di disapplicare il suddetto decreto.  Rimaniamo disponibili a collaborare nell’individuazione di soluzioni idonee che, pur garantendo la sicurezza, evitino gravi disagi e discriminazioni all’interno della comunità universitaria, nell’interesse di tutte le sue componenti».

Qui per l'elenco delle firme in calce alla lettera

 

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