“L'idea di avvicinarmi al mondo dell'arte di strada non mi aveva neanche mai sfiorato - afferma Guido - Sono e mi piace considerarmi un uomo di scienza”. E come finisce un uomo di scienza a destreggiarsi con Kiwido e catene di fuoco? “Tutto è cominciato con la famosa Luminara di San Ranieri in quel di Pisa, dove mi trovavo per fare l’università di Biotecnologie. Da bravo studentello fuori sede, giravo in cerca di vino e festa quando, una cara amica, Annalaura, decide di fermarsi a curiosare su una bancarella. E, dopo qualche minuto a cercare e ricercare, esclama: Le ho trovate finalmente!”.
Annalaura aveva trovato le Kiwido, quelle famose palline con i nastri colorati che si fanno roteare per aria cercando di creare forme e figure “quelle che, in termini gergali, chiamano bolas - spiega Guido - Dopo averla derisa per l’intera serata, qualche giorno dopo, ci ritrovammo a un aperitivo lungo il fiume. Un momento di relax sul viale alberato delle Piagge. Vino, patatine e Annalaura ripropone le Kiwido. In quel momento si è deciso tutto. Dopo qualche segno di disapprovazione, decido di provare”.
Guido non ci sa solo fare... non riesce proprio più a smettere! “Da quel momento, ho cominciato a far roteare ogni cosa. Palle fatte con calzini all’interno di altri calzini roteavano ad ogni ora in ogni luogo”.
Dopo poco tempo Guido entra a conoscenza di una palestra dove si riunivano i giocolieri “Lì mi sono avvicinato per la prima volta al fuoco e ho conossciuto Simone e Nicco. Con loro, dopo un lungo periodo speso a far fuoco ogni sera e in ogni dove, ho cominciato a lavorare al primo piccolo spettacolo con il fuoco”.
Intanto il tempo passava e anche gli studi universitari volgevano al termine. “Finiti gli studi ho lasciato Pisa per trasferirmi a Roma, città d’arte e cultura”. E proprio qui a Guido si apre un mondo: “La danza, il teatro, la giocoleria dei giocolieri, quelli forti. Lo spettacolo. I primi dissapori, le prime invidie, i sacrifici e l’allenamento quotidiano. Il fuoco come forma d’arte. L’arte come compagna di vita” racconta entusiasta.
In parallelo la ricerca del lavoro e le prime porte chiuse in faccia… “I miei curriculum non li leggevano neanche. Tanti colloqui andati male e poi l’idea: E se facessi questo? Se facessi del fuoco la mia vita?”
“Così ho iniziato ad allenarmi tutti i giorni e dopo mesi e mesi di prove ecco che vengono fuori i primi 15 minuti di uno spettacolo, che ora definirei: un po’ alla buona” ma all’epoca furono un’impresa!
Nasce Chantico - Il Focolare Addomesticato - uno spettacolo di danza con il fuoco che Guido mette in scena insieme a Valentina “Il nome d’arte l’abbiamo preso in prestito dalla Dea Azteca del Focolare domestico - spiega Guido - Sembra quasi una cosa davvero figa ma, in realtà, potremmo vederla anche come due imbecilli che si armano di tutto il necessario e se ne vanno qua e la a far spettacolo con una vecchia carretta, nelle piazze e le strade di ogni dove” racconta sorridente.
La vecchia carretta però inizia a macinare successi e con questi aumenta la voglia di Guido di migliorarsi e di imparare: le convention, i gruppi di giocoleria, i workshop. Altri spettacoli e il più grande successo: quello di essere riusciti a far diventare questa passione un lavoro.
Come hanno preso i tuoi questa decisione? “Dopo aver visto per la prima volta un mio spettacolo, l’hanno presa decisamente bene”.
Anche perché Guido non è mai diventato l’artista di strada che risponde al luogo comune del tipo un po’ naif e senza fissa dimora, anzi… “Non sono di certo un nomade errante - ammette - C’è chi sceglie di esserlo, un po’ per natura, un po’ per mantenere il ruolo che gli altri si aspettano di vederti impersonare. Per quanto mi riguarda, mi piace l’aperitivo, specialmente quello economico e popolare, mi piace il cinema e la fotografia ed un po’ anche la scrittura. Tutte queste cose, mi piace farle avendo un posto definibile come casa, nel quale tornare alla fine di un lungo viaggio o, semplicemente, dopo una serata alticcia, in giro per le strade”.
Quindi possiamo dire che facendo l’artista di strada si può campare bene? “Ormai il verbo campare viene accostato a qualunque cosa - risponde Guido - Io penso che si possa campare bene facendo qualunque lavoro. Tutto dipende da ciò di cui si ha bisogno”.
Oggi sono passati sei anni dal giorno in cui Guido ha conosciuto la giocoleria di strada, cos’è successo da allora? “Tante cose, tante nuove persone conosciute, tanti artisti, tante storie, passioni ed avventure. Ci sono stati anni in cui l’essere artista ha rappresentato la mia unica fonte di sostentamento… gli spettacoli non si contavano! Scendere in strada e far spettacolo, conquistando il pubblico ogni volta, non ha prezzo”.
Gli spettacoli, ora, sono un po’ di meno. Guido ha trovato un lavoro da “scienziato” e l’arte di strada è tornata ad essere esclusivamente una passione: “La motivazione non è più quella economica, ma solo una forte volontà creativa. Mi sento una sola persona con due vite diverse: una all’insegna della conoscenza e l’altra dell’arte”. Ma ciò non toglie che, appena Guido ha un attimo, ritorni a girovagare per le piazze, le strade e le stradine di ogni dove… “sempre insieme a Valentina, ai compagni di un tempo e al Focolare “che è diventato un simbolo di ciò che sono”.
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