«Non abbiamo una politica realmente comune su questo drammatico problema e la collaborazione tra polizie ed apparati di sicurezza soffre le gelosie ed i silenzi di un continente ancora oggi fatto di piccole patrie ed interessi particolari – interviene Silvestro Montanaro - Il terrorismo si combatte con politiche serie che affrontino alcuni problemi alla radice. Mettere fine alla guerra in Siria e mettere al bando Assad e tutti i criminali di quella infame mattanza, includere i sunniti iracheni nel governo del loro paese, fare altrettanto con le città e le tribù libiche prima fedeli a Gheddafi. Il terrorismo si combatte facendo terra bruciata delle sue risorse, dei suoi flussi di finanziamento. Il terrore si sconfigge mettendo fine ad ogni connivenza. Ad esempio, parlando chiaro e duro con le monarchie del Golfo Persico che con il terrorismo flirtano spudoratamente. Ad esempio denunciando e bloccando per sempre quelle operazioni di intelligence che hanno visto alcuni dei paesi occidentali tollerarlo e persino armarlo perché ci desse una mano contro i nostri "nemici" di turno. Quante delle armi e degli esplosivi usati in Europa e in altri luoghi del mondo provengono dai nostri arsenali? La Libia è oggi un paese armato fino ai denti dalle nostre diplomazie pur di far fuori Gheddafi. Metà o più degli armamenti dell'Isis provengono da forniture occidentali a gruppi di opposizione in Siria nostri "amici". I soliti idioti interessati usano il sangue innocente di queste giornate amarissime per invocare nuove guerre, altri per ribadire l'esigenza di nuovi muri contro i profughi. Miserabili. Per la nostra pace e per la pace di chi fugge da noi occorre serietà', politica, con quasi tutte le lettere maiuscole, se possibile. Solo una vera pace in Siria, la prospettiva di un futuro, bloccherà l'ondata umana verso le nostre sponde e potrà provocarne un abbondante reflusso. Solo politiche serie ci proteggeranno dall'orrore».
E Montanaro non manca di ricordare ciò che è accaduto appena qualche giorno fa in Costa d’Avorio e in Turchia. Così lontane, ma in realtà così vicine.
«In Costa d'Avorio musulmani e cristiani vivono da sempre insieme rispettandosi. L'attacco terroristico di questi giorni, 16 morti, vuole colpire anche questo, ha come obiettivo anche lo spirito di tolleranza. In più, Al Quaeda, che sembra aver firmato l'attacco a hotel e resort, mette nel mirino un paese attualmente leader della francofonia in Africa, la ex colonia per eccellenza, dove c'è un presidente portato al potere dai militari francesi e i business dei nostri cugini d'oltralpe sono la caratteristica totalizzante dell'economia ivoriana. Si colpisce, insomma, un pezzo di Francia conficcato in Africa. L'autobomba di Ankara, 37 vittime, è l'ultimo episodio di una scia di sangue annosa, figlia del conflitto irriducibile con la locale minoranza curda. Le speranze di pace e conciliazione sono state soffocate da Erdogan a suon di bombardamenti nelle enclave curde, ma anche da parte di frange dei movimenti curdi refrattarie ad ogni compromesso. In entrambi i casi, a morire, sono degli innocenti. Ad Ankara chi passava per caso dalle parti in cui è esplosa l'autobomba, in Costa d'Avorio qualche turista europeo in spiaggia e tanti poveri lavoratori locali senza colpa alcuna. Ho sentito molte volte giustificare queste azioni con frasi che trovo terribilmente oscene. “Abbiamo solo questo modo per farvi capire l'orrore cui ci avete costretto da sempre… per farvi toccare con mano lo scempio provocato dai bombardamenti dei vostri paesi… voi votate i governi che ci fanno guerra e ci sfruttano e quindi siete corresponsabili..”. Follia pura e peggio ancora. Solo per inciso, ed è solo una parte del ragionamento. Tra la gente di Ankara poteva esserci mia madre che mi ha insegnato l'orrore per le guerre e la prepotenza e l'attenzione per le ragioni delle minoranze. Nei resort in Costa d'Avorio, tra le vittime, c'erano lavoratori e lavoratrici pagate due soldi, da sempre dannati della terra. Danni collaterali, risponderebbero i teorici di certe simpatie giustificazioniste del terrorismo. Lo stesso ragionamento dei quartieri generali di ogni guerra. Lo stesso orribile cinismo. La guerra è solo orrore, il terrorismo altrettanto».
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