Danilo Casertano sostiene l'importanza del gioco nell'esistenza dei bambini. In questo senso, le scuole hanno il compito di garantire ai piccoli momenti e spazi per riscoprire quella naturale dimensione creativa e dinamica del gioco libero.
In questi giorni di polemica sull’opportunità o meno dei compiti a casa mi schiero immediatamente affermando che il compito primario del bambino è giocare.
Per i bambini della scuola primaria il gioco è il vero e proprio lavoro da compiere, ma in questi tempi di crisi non mi meraviglia il fatto che anche i bambini siano disoccupati e che le occasioni e i tempi per giocare siano davvero scarsi. Occorre precisare che dal mio punto di vista gli apparecchi elettronici non sono fonte di 'gioco', sono passatempi affascinanti e divertenti ma sicuramente passivi, ripetitivi e non socializzanti.
Le attività sportive sono preziose da molti punti di vista ma raramente coinvolgono entrambi i sessi e bimbi di età diverse, inoltre vi sono regole da rispettare e vi è poco margine per l’improvvisazione. Le attività artistiche, quando non diventano richieste pressanti di performance, sono senza dubbio arricchenti ma sono spesso svolte individualmente e sono esperienze comunque riservate ad una minoranza della popolazione.
Il gioco è per me quell’universale attività che veniva svolta regolarmente nei cortili, nelle strade, nei parchi e se qualcuno ha ancora la fortuna di vedere bambini in quell’habitat è pregato di contattare il WWF in quanto specie in via di estinzione più dei panda. Quando si inventano storie, si dà vita a personaggi, ci si traveste, i bambini si compenetrano in un mondo dove la realtà esteriore è fonte di ispirazione e il mondo interiore diventa la verità.
Nel parco dei Ravennati i bimbi della community school che hanno età diverse giocano insieme e molte volte quando arrivava il momento di farli rientrare per le attività ho provato un senso di disagio nell’interrompere storie complesse, avvincenti e appassionate. Sono proprio loro che mi hanno fatto riflettere come la scuola oggi possa, se non addirittura debba, creare degli spazi e dei momenti dove liberi dagli impegni da manager e dagli strumenti di distrazione di massa i bambini possano riscoprire quella naturale dimensione creativa e dinamica del gioco libero.
Credo fermamente che ci sia la necessità di ricucire quegli strappi che sono avvenuti all’interno delle nostre comunità dove nel processo di individualizzazione delle coscienze ci si è sempre più allontanati gli uni dagli altri sia sul piano umano che istituzionale. Le famiglie, la scuola, gli enti locali, le associazioni, le chiese sono troppo spesso in conflitto tra loro e i bambini sono da loro ignorati o contesi a seconda delle situazioni.
Certo è che le nostre comunità soffrono e i bambini cercano di sopravvivere ai nostri errori e follie come possono: a volte alienandosi, altre arrabbiandosi facendo sempre più fatica ad integrarsi. Io voglio vedere in questo processo l’aspetto positivo, ovvero la necessità di un cambio paradigmatico a livello collettivo e un grande salto sul piano della coscienza individuale, dove la pazienza, la fiducia e l’ascolto diventano gli strumenti di base per affrontare i temi pedagogici. Solo dopo l’accettazione della necessità di una pausa potremmo dare sfogo e vita a tutti quegli impulsi creativi in campo didattico e pedagogico e socio-ricreativi nell’ambito sociale di cui oggi il mondo è pieno ma che si perdono nella confusione e nell’ansia di rispettare tutte quelle 'doverizzazioni' che ci impongono un dover essere.
Mi sento un imprenditore, dò lavoro ai bambini ma invece di ricucire palloni li obbligo a giocare per conoscere l’infinito potere delle creatività. Come ogni imprenditore in questo momento storico ho difficoltà economiche e burocratiche ma segnali di cambiamento ne ho visti tanti, e in uno di questi sono sempre più onorato di scriverci.