Secondo il report 'Linea 40 - Lo scuolabus per soli bambini rom' dell'Associazione 21 luglio, che ha monitorato per un anno il percorso scolastico di un gruppo di minori rom di un "villaggio attrezzato" alla periferia di Roma, solo una piccola percentuale frequenta regolarmente la scuola primaria.
Quanti bambini rom frequentano le scuole dell'obbligo a Roma? Quanti di loro riescono a concludere gli studi? Finora nessuno ha avuto un'idea chiara di ciò che accade nelle scuole romane.
L'Associazione 21 luglio ha provato a far luce sulla situazione attraverso il monitoraggio del percorso scolastico di un gruppo di 55 bambini rom residenti nel “villaggio attrezzato” di via di Salone, situato all'estrema periferia orientale della capitale ed inaugurato nel 2006, a seguito dello sgombero forzato del campo 'tollerato' di Casilino 900.
Lo sgombero forzato di quest'ultimo ha comportato non pochi disagi alla vita di centinaia di persone. In particolare, l'allontanamento dal campo non ha più permesso ai genitori di accompagnare personalmente i figli a scuola, interrompendo così i rapporti, costruiti negli anni, con gli insegnanti e con i genitori degli altri alunni.
Durante l'anno scolastico 2010-2011 i 55 bambini hanno usufruito del servizio della linea 40, messo a disposizione dal Comune. Nel suo tragitto la linea 40 accompagna i bambini in diverse scuole le cui distanze variano dai 13 ai 16 km. La conseguenza è che la maggior parte dei bambini trasportati giunge a scuola con un'ora, a volte due ore, di ritardo. Allo stesso modo all'uscita è necessario prelevarli in anticipo perché viceversa la permanenza oltre l'orario consentito potrebbe dar luogo ad abbandono di minore.
La somma dei ritardi giornalieri produce a fine anno un'assenza per ogni minore di circa un mese. Solo nel mese di gennaio 2011 l'Associazione 21 luglio ha monitorato che dei 55 minori che utilizzano la linea 40, solo 11 hanno avuto la frequenza superiore al 75% così come sancito dalla legge, e nessuno di loro ha frequentato i 16 giorni previsti dal calendario scolastico per quel mese.
Prendendo il caso di una scuola elementare del quartiere Centocelle frequentata da 21 bambini rom, la maggior parte frequenta solo un giorno a settimana, qualcuno arriva a quattro volte a settimana, ma nessuno frequenta ogni giorno. Le possibilità per loro di arrivare al diploma sono scarsissime, per non parlare dell'università. Nessuno di loro diventerà mai un medico, un avvocato o un ingegnere.
In un documento del 7 aprile 2011, la Commissione Europea ha stimato che solo il 43% dei bambini rom completa la scuola primaria, rispetto a una media europea del 97,5%. Solo il 10% quella secondaria. Secondo la Commissione “gli stati membri dovrebbero garantire che tutti i bambini rom, sedentari o no, abbiano accesso a un'istruzione di qualità e non siano soggetti a discriminazioni o segregazioni”. Cosa si sta facendo dunque?
Per il biennio 2009-2011 l'appalto per la scolarizzazione dei minori rom presenti nei 7 “villaggi attrezzati” è stato diviso in lotti con una spesa pari a più di 2 milioni di euro ed ha interessato 1205 minori. Per il solo anno scolastico 2010-2011 negli 8 insediamenti non attrezzati il servizio di scolarizzazione ha riguardato 542 minori rom di via di Salone, per il servizio di trasporto (ATAC s.p.a.) e per la gestione (cooperativa sociale) Roma Capitale ha erogato nell'ultimo anno scolastico la somma di circa 450 mila euro, pari a circa 1.400 euro per ogni minore rom.
I risultati? La maggior parte dei bambini della linea 40 giunge a scuola con un'ora di ritardo ed esce con un'ora di anticipo. Godono di un diverso livello di apprendimento: i bambini rom a causa del disagio sociale dal quale provengono hanno lacune didattiche che spingono i docenti ad impegnarli in attività parallele. E poi, naturalmente, c'è il problema dell'emarginazione sociale: i bambini rom all'interno della classe risultano spesso emarginati, vi sono addirittura classi di 'sostegno' organizzate durante l'orario scolastico composte solo da alunni rom e con diversa età anagrafica.
Storicamente i provvedimenti diretti solamente alle comunità rom e sinti, anche se presentati come azioni di discriminazione positiva, hanno di fatto prodotto politiche nazionali e locali discriminatorie e penalizzanti. Questo perché sono spesso ideate e attuate con scarsa comprensione delle condizioni socio-culturali, con risorse finanziarie non sufficienti e con una organizzazione inadeguata, condizioni dunque che producono un risultato opposto a quello per cui sono create, ossia un aumento della condizione di emarginazione.
Uno di questi è il Piano Nomadi di Roma. Secondo Carlo Stasolla, presidente dell'Associazione 21 luglio: “È necessario interrompere la politica del Piano Nomadi di Roma, basata sulla realizzazione di spazi istituzionali di segregazione, quali sono i villaggi attrezzati, e sugli sgomberi degli insediamenti informali. Tali interventi impediscono l'accesso all'istruzione, la regolare frequenza e peggiora la qualità del livello scolastico degli alunni rom”.
Alla luce dei fatti emersi dall'indagine dell'Associazione 21 luglio, l'Antenna Territoriale Anti-Discriminazione, quale servizio di tutela contro le discriminazioni promosso dall'ASGI (Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione) con il supporto di Open Society Foundations, ha promosso un'azione legale contro il Comune di Roma e altri soggetti eventualmente responsabili, per il risarcimento danni derivante dalla lesione del diritto allo studio e all'istruzione, nei confronti dei minori appartenenti alla comunità rom del campo di via di Salone.
“Qualora venisse riconosciuta la violazione del diritto allo studio anche per un solo bambino rom - continua Stasolla - questo creerebbe un precedente importante. È la prima volta che le famiglie rom esercitano un'azione per violazione del diritto allo studio. Una violazione in aperto contrasto con il diritto interno nonché con quello europeo e internazionale”.
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