di
Virginia Greco
29-07-2011
Concepite con un nuovo approccio, le batterie 'a flusso semi-solido' immagazzinano più energia di quelle a ioni di litio, sono agevolmente ricaricabili, economiche e leggere. Potrebbe trattarsi di una svolta per i veicoli elettrici e le fonti rinnovabili applicate alla rete elettrica. I prototipi però non arriveranno sul mercato prima di due anni.
Novità nel campo dell’immagazzinamento dell’energia vengono ancora una volta dal MIT di Boston, dove un gruppo di ricercatori ha sviluppato un nuovo tipo di batteria che potrebbe essere la chiave per la riduzione dei costi e l’aumento dell’autonomia dei veicoli elettrici.
Si tratta di batterie a flusso semi-solido, dispositivi in cui gli elettrodi negativo e positivo (anodo e catodo) sono costituiti da particelle sospese in un fluido denso, che scorre attraverso una cella in cui avviene la reazione.
Le batterie a flusso non sono di per sé una novità, esistono già da tempo. La loro struttura è composta da tre aree: una centrale, in cui avviene la reazione, e due laterali, in cui sono ospitati i liquidi elettrolitici contenenti molecole elettro-attive, che rappresentano i due elettrodi. Quando il dispositivo entra in funzione, i due liquidi fluiscono (spinti da una pompa) nella cella centrale e qui essi interagiscono. I fluidi sono separati da una membrana semipermeabile, in modo che essi non si mescolino, ma gli ioni prodotti per elettrolisi possano passarvi attraverso.
Un sistema di questo tipo è particolarmente vantaggioso perché separa spazialmente la regione in cui sono stoccati i reagenti da quella in cui avviene effettivamente la trasformazione dell’energia chimica in energia elettrica. Ciò consente un agevole ricaricamento della batteria: è sufficiente rimpiazzare i due liquidi con fluidi 'carichi'. Oppure si possono cambiare solo le vasche laterali sostituendole con delle nuove, per poi ricaricare quelle esauste successivamente.
In secondo luogo, le due parti strutturali possono essere scalate in maniera indipendente, così da avere una cella centrale piuttosto piccola e leggera e serbatoi per i reagenti più voluminosi (eventualmente anche di varie dimensioni). È più facile anche la realizzazione di gruppi modulari, in cui cioè varie celle sono accoppiate per lo sviluppo di una maggiore potenza.
Il problema delle batterie a flusso finora note è che esse presentano una scarsa densità di energia, ossia - a parità di volume - le batterie a ioni di litio sono in grado di immagazzinare una quantità di energia molto più elevata.
Nelle batterie a flusso, infatti, molto spazio è occupato dai liquidi in cui le molecole dei componenti attivi sono sospese. Peraltro, essi devono essere pompati continuamente e rapidamente all’interno della camera di reazione, affinché il dispositivo funzioni bene e in maniera continua.
Le nuove batterie a flusso semi-solido, messe a punto dal gruppo di ricerca guidato dai professori di scienze dei materiali W. Craig Carter e Yet-Ming Chiang, avrebbero risolto il problema di questo spreco di volume, essendo più “dense di energia”.
In pratica, anziché di liquidi elettrolitici nei quali sono sospese molecole, si parla di fluidi estremamente densi, dove cioè la quantità di liquido 'inutile' è ridotta al minimo per massimizzare invece la presenza di elementi attivi in poco spazio. Data la loro densità, questi fluidi non necessitano neppure di essere spinti a gran velocità nella cella centrale, essi bensì percolano con relativa lentezza. Sono come sabbie mobili che fluiscono da una camera all’altra in circolo chiuso.
Il colore nerastro e la consistenza ha portato i suoi inventori a soprannominarli 'greggio', o meglio 'greggio di Cambridge', dalla località vicino Boston che ospita il grande campus del MIT.
Le batterie a flusso semi-solido sono dunque in grado di coniugare i vantaggi delle batterie ricaricabili alla flessibilità e scalabilità a varie dimensioni delle celle elettrolitiche. Secondo i ricercatori, esse vantano una densità di energia immagazzinata a parità di volume dieci volte superiore a quella delle precedenti batterie a flusso. In più, i costi dei materiali utilizzati e della realizzazione della struttura stessa sono molto inferiori ai corrispettivi per le batterie a ioni di litio.
La produzione di batterie leggere, economiche, facilmente ricaricabili e soprattutto che possano immagazzinare maggior energia darebbe senza dubbio una spinta notevole al mercato dell’auto elettrica, poiché alcuni dei problemi principali che la rendono oggi poco competitiva troverebbero soluzione.
“Questo studio spiana la strada a tutta una famiglia di nuove batterie”, afferma Chiang, “poiché l’architettura concepita non è legata a nessun componente chimico in particolare; noi esploreremo diverse combinazioni chimiche applicabili in sistemi a flusso semi-solido”.
La semplicità con cui questi dispositivi possono essere scalati a dimensioni maggiori e posti in strutture modulari fa pensare che, oltre ad alimentare le auto, essi possano servire per le reti di distribuzione elettrica degli edifici.
Con il loro alto potenziale di immagazzinamento energetico, queste batterie potrebbero forse anche affrancare sorgenti di energia rinnovabile quali sole e vento dal loro limite di essere poco affidabili perché intermittenti.
Se tutto andrà come sperato dai suoi inventori, una simile tecnologia attirerà molti guadagni. Pertanto Chiang e Carter hanno già fondato, insieme all’imprenditore Throop Wilder, una compagnia ad hoc, la 24M Technologies, che ne detiene la licenza e sta raccogliendo capitali.
È ancora presto però per vedere sul mercato le batterie a flusso semi-solido, ulteriori studi sono imperativi al fine di ottimizzarne le performances e l’efficienza, scoprendo quali siano i composti migliori da usare come elettrodi e come elettroliti.
“Il nostro obiettivo - afferma Chiang - è avere entro due anni un prototipo del sistema di dimensioni ridotte e completamente funzionante, pronto per essere ingegnerizzato e prodotto come sostituto delle attuali batterie per auto elettriche”.