Multinazionali europee, senatori USA e negazionisti uniti nel denunciare la "bufala del secolo": il cambiamento climatico... Euro e dollari finanziano quei senatori che cercano di contrastare le politiche "verdi" di Obama.
Secondo alcuni senatori statunitensi il riscaldamento climatico non esiste. James Inhofe, senatore dell’Oklahoma, ha dichiarato pubblicamente che il global warming è “la più grande truffa mai perpetrata ai danni del popolo americano”, il senatore David Vitter sostiene che bisognerebbe “riconsiderare seriamente” le politiche ambientali, Roy Blunt, candidato senatore nel Missouri, ha affermato: “non ci sono elementi scientifici per dire che stiamo veramente alterando il clima del nostro pianeta”. Da un'indagine del Climate Action Network Europe risulta che tali senatori – candidati alle elezioni di medio termine che rinnoveranno il Congresso americano il prossimo 2 novembre – hanno ricevuto un finanziamento da parte di alcuni colossi europei come Bayer, Basf, Lafarge, GDF-Suez e la ben nota Bp per essersi opposti al programma politico di Obama che verte sullo sviluppo delle energie rinnovabili, abbracciando invece le tesi super-conservatrici del Tea Party di Sarah Palin.
Il rapporto “Come e perché le compagnie europee finanziano coloro che negano i cambiamenti climatici alle elezioni del Senato Usa 2010” si basa su alcune cifre, divenute note tramite un database online, pubblicate lo scorso ottobre dalla Commissione federale elettorale americana.
Le multinazionali sopra citate avrebbero versato 306.000 dollari dividendoli tra i vari senatori. In testa la società tedesca Bayer che ha donato 108.100 dollari seguita dal colosso mondiale della chimica Basf con 61.500 dollari. La multinazionale francese del cemento Lafarge ha versato 34.500 dollari mentre la società dell’energia elettrica Gdf-Suez ne ha versati 21.000. La Bp, invece, ha messo 18mila dollari a disposizione degli ultrà negazionisti Jim DeMint e James Inhofe.
Il portavoce della Bayer, Günter Forneck, tiene a precisare che “non sono soldi delle imprese ma di un fondo composto dalle donazioni volontarie degli impiegati delle imprese stesse”. Sarebbe potuta essere una buona escamotage per eliminare le tracce di rapporti diretti tra società e politici, ma così non è stato. Accanto alle compagnie europee, anche altre società petrolifere ed elettriche indiane e mediorientali sono attente alle politiche ambientali americane.
Obama ha denunciato il “fattaccio”: “alcune aziende stanno spendendo milioni per una campagna che mira a distruggere le leggi sulla qualità dell’aria, mettendo in pericolo la salute e la prosperità di questo Stato”. Come si legge nel rapporto siamo di fronte ad “un sabotaggio climatico a livello mondiale, perché l’inerzia degli Stati Uniti è una delle principali ragioni per cui a Copenhagen non è stato raggiunto un accordo ambizioso”. Sono in tanti, infatti, a voler vanificare il pacchetto clima-energia americano così da non consentire un nuovo accordo internazionale che limiti le emissioni di gas serra. In questo modo non verrebbe ratificato nessun Protocollo di Kyoto (già di per sé insufficiente) e nessun altro protocollo che miri a bloccare il riscaldamento globale.
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