La Bicocca in Guatemala per salvaguardare le acque locali

Da poco si è conclusa la prima missione in Guatemala dei ricercatori dell’Università Bicocca di Milano, impegnati in un progetto di gestione eco-sostenibile delle risorse naturali. La missione ha reso possibile apportare miglioramenti al sistema idrico locale del lago Atitlàan e di quello destinato al consumo umano.

La Bicocca in Guatemala per salvaguardare le acque locali
Sono partiti da Milano con un ferro da stiro per analizzare i batteri coliformi nell'acqua, un rivelatore di banconote false al posto del complesso e costoso sistema di analisi basato su lampade UV e una pianta per purificare l’acqua. I ricercatori dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca sono stati impegnati in una missione in Guatemala, nell’ambito del progetto di gestione ambientale e del rischio nel Dipartimento di Sololà, in Guatemala. Il programma di ricerca è stato sostenuto dal Consolato Italiano in Guatemala nell'ambito dell’iniziativa di Emergenza “RAN” (Rischio Ambientale e Nutrizionale) per l’assistenza alle popolazioni vittime della tempesta tropicale Agatha e dei disastri ambientali ad essa correlati. Massimo Labra, Maurizio Casiraghi e Andrea Galimberti dello ZooPlantLab del Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze hanno studiato per una settimana le caratteristiche e le criticità del lago Atitlàan, uno dei bacini idrici più ampi ed importanti del centro America ed uno dei più colpiti dalle conseguenze della tormenta tropicale. I ricercatori hanno incontrato gli esperti del posto con i quali hanno studiato le soluzioni per contrastare, praticamente a costo zero, l’inquinamento. Gli interventi, portati nel quadro del programma che vuole affrontare concretamente il problema dell’accesso all’acqua potabile, sono necessari sia per preservare l’ecosistema sia per tutelare la salute dei cittadini. Le acque del lago di Atitlàn contaminate da Escherichia coli finiscono, infatti, nelle case e sulle tavole degli abitanti dei paesi che si affacciano sul lago, con gravi conseguenze per la salute. I ricercatori hanno analizzato la qualità chimica e microbiologica dell’acqua del lago attraverso l’utilizzo di Immediatest-Acqua, un kit fai da te brevettato dall’Ateneo, e di altri strumenti rudimentali ma di più comodo trasporto, a costo zero. La ricerca, si può dire, si è sviluppata in maniera rigorosa, ma ugualmente creativa sia per contenere i costi, sia per problematiche sorte durante il trasferimento. I ricercatori hanno analizzato l’acqua aggiungendo una sostanza, in pratica una sorta di alimento, che solo i batteri coliformi fecali sono in grado di metabolizzare. Quando è presente un coliforme, questo si ciba della sostanza, creando una molecola colorata di giallo, che rende visibile la reazione. È sufficiente la presenza di un solo batterio in 100 ml di acqua per vedere questo processo. Tuttavia, dopo l’aggiunta della sostanza, bisogna incubare per 18 ore a 37°C. L’incubazione avviene in apposite sacche simili a blister per pillole che devono essere sigillate a caldo. In laboratorio esiste una macchina ad hoc per farlo, ma per contenere i costi i tre ricercatori hanno provato con un ferro da stiro e ha funzionato. Trascorse le 18 ore di incubazione hanno preso i pozzetti colorati di giallo e li hanno irradiati con raggi UV per verificare se fossero presenti gli Escherichia coli (se la colorazione diventa fluorescente, infatti, vuol dire che i batteri che sono presenti non sono genericamente dei coliformi fecali, ma sono appunto Escherichia coli). Nel kit era contemplata la lampada a UV, ma durante il viaggio si è rotta la lampadina. Essendo difficile riuscire a trovare una cosa del genere sul Lago Atitlàn, hanno deciso di provare l’attrezzo che serve per identificare le banconote false, che si è dimostrato perfettamente all’altezza del compito. I test hanno evidenziato un inquinamento microbiologico piuttosto consistente e in alcuni punti un eccesso di fosfati, derivanti prevalentemente dai detersivi che vengono impiegati direttamente nel lago per il lavaggio dei panni. Insieme ad Africa 70, una Ong di cooperazione internazionale che coordina il progetto e che interviene in favore delle popolazioni del Sud del mondo, è stata quindi impostata un’attività di educazione ambientale per ridurre l’utilizzo di detersivi inquinanti. Gli abitanti del posto ne usano quantitativi anche dieci volte superiori a quelli suggeriti e già nel 2009 il lago ha subito un gravissimo fenomeno di eutrofizzazione con una improvvisa fioritura di ciano batteri tossici che hanno messo in pericolo l’approvvigionamento idrico di tutti i paesi che si affacciano sul lago. La spedizione ha per questo motivo incontrato le donne del posto, spiegando loro come lavare senza inquinare. Per quanto riguarda l’inquinamento microbiologico è stata analizzata l’acqua nei punti di prelievo dell’acquedotto cittadino e, soprattutto, nelle cisterne da cui viene prelevata l’acqua distribuita nelle abitazioni. Grazie ai test semplificati è stata valutata l’efficienza della clorazione come elemento di disinfezione e quindi monitorata la qualità dell’acqua nelle diverse aree della città. Nel municipio di Sololà, dove grazie al Progetto Emergenza “RAN Guatemala” coordinato da Cooperación Italiana, verrà implementato il sistema di idrico locale a partire dal punto di prelievo dell’acqua del lago sino alla distribuzione, è stato possibile non solo identificare quale debba essere il punto migliore per inserire le nuove pompe ma anche le criticità nello stesso sistema di distribuzione. Insieme al Departamiento de Agua Municipal della Municipalità di San Lucas Tolimán è stata valutata la possibilità di inserire nuovi impianti di clorazione in punti strategici della rete per garantire l’eliminazione di batteri patogeni nelle acque potabili di quelle aree più lontane dal centro cittadino e in cui era stata evidenziata la crescita abnorme di coliformi. Un ulteriore elemento importante è rappresentato dalla scoperta che una pianta acquatica locale, conosciuta come “Tul”, ha tra le sue proprietà una notevole capacità di purificazione dell’acqua. Le analisi, infatti, secondo quanto riportato dai risultati dell’operazione, evidenziano come il Tul costituisca una vera e propria barriera contro i fosfati, oltre ad avere un ruolo importante nell’equilibrio della biodiversità e dell’ecosistema del lago. La Ong Africa 70 e le associazioni locali hanno subito attivato un programma di incentivazione alla coltivazione di questa specie. Secondo la dichiarazione di Massimo Labra: “I tecnici locali conoscono a fondo i problemi del territorio, ma talvolta non hanno mezzi tecnici per risolverli. Quello che abbiamo fatto è stato semplicemente fornire loro dei sistemi semplificati per svolgere da sé le analisi dell’acqua. La missione ha permesso un vero e proprio trasferimento tecnologico delle metodiche. Grazie ai semplici test e ai costi ridotti, oggi anche nelle piccole realtà locali del lago si possono eseguire analisi dell’acqua e implementare quindi il sistema idrico locale”. Conclude Casiraghi: “Unendo gli sforzi e le conoscenze abbiamo concretizzato molto in una sola settimana di lavoro. E si può far tanto anche avendo pochi strumenti. A loro abbiamo lasciato delle piccole attrezzature che permettono di abbattere i costi e i tempi delle analisi dell’acqua. Basti pensare che prima gli operatori del posto erano costretti ad andare a Città del Guatemala affrontando un viaggio lungo 10 ore e spendere circa 40 euro per dei semplici test microbiologici. Ora possono fare tutto nei loro laboratori, utilizzando semplici strumentazioni come il ferro da stiro che in questo caso va a sostituire la piastra termo riscaldante”.

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