Blueconomy, l'Italia è prima per servizi ambientali forniti dal mare

L’Italia si aggiudica un altro primato, che si affianca a quello di Paese con la maggiore quantità di beni culturali al mondo: la ricchezza prodotta dai servizi ambientali forniti dal mar Mediterraneo. Lo rivela uno studio realizzato da Plan Bleu, organismo interno al Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, che evidenzia come l'enorme valore di questi 'servizi' offerti dalla biodiversità nelle nostre acque sia un patrimonio su cui nessun altro Paese mediterraneo ha la fortuna di poter contare.

Blueconomy, l'Italia è prima per servizi ambientali forniti dal mare
Gli ecosistemi marini non sono preziosi solo a livello naturalistico o paesaggistico, hanno anche un valore economico: nove miliardi di euro. Ecco quanto vale il patrimonio italiano, più di un terzo della ricchezza prodotta dai servizi ambientali che il mar Mediterraneo fornisce a Paesi come Grecia e Spagna. Complessivamente il valore economico dei beni ecologici prodotti annualmente dal mare nostrum ammonta infatti a 26 miliardi. Lo rivela il rapporto Ecosistemi marini mediterranei: il valore economico dei benefici ambientali, uno studio eseguito da Plan Bleu, organismo del Programma Ambiente Mediterraneo delle Nazioni Unite (Unep/Map). L’Italia si qualifica così prima non solo come nazione maggiormente ricca di beni culturali, ma anche come Paese mediterraneo con il più alto quantitativo di servizi ambientali forniti dal mare: biodiversità, qualità del paesaggio, depurazione naturale dell’acqua e mantenimento delle coste. Stando ai dati del rapporto delle Nazioni Unite, le 26 aree marine protette italiane, con i loro 360mila ettari di mare, sono la migliore espressione di tutela del valore dei servizi ambientali. Ma non basta, se si considera che è in questa limitata porzione di fascia costiera che si concentra una vera e propria ricchezza, un patrimonio naturale in grado di produrre, secondo Plan Bleu, beni per 36 milioni di euro ogni anno. Da queste considerazioni è nata la Blueconomy, che può offrire molto, ma alla quale per sopravvivere serviranno più fonti rinnovabili ed un minor impatto a livello paesaggistico, a partire dal freno che, da sempre in Italia, si auspica possa venire dato all’abusivismo edilizio. Anche il turismo si dovrà fare più sostenibile, e maggiore importanza dovrà essere data alle innovazioni che permettono basse emissioni di gas serra. Tutela delle riserve naturali, insomma, significa anche difesa e valorizzazione delle potenzialità meramente economiche dei servizi ambientali forniti dagli ecosistemi. Da tenere presente anche la continua crescita della popolazione e del turismo di massa. Nel 2005 erano 420 milioni gli abitanti dei Paesi mediterranei. Di questi, già sei anni fa, ne vivevano in riva al mare oltre 148 milioni. Cifre importanti, alle quali ci sono da aggiungere quelle in costante crescita relative al turismo internazionale, concentrato oltretutto nell’80% dei casi nel periodo fra maggio e settembre. Dai 58 milioni del 1970 le coste mediterranee hanno visto salire il numero di visitatori a 228 milioni nel 2002: un trend che non tende a diminuire, e che si stima arriverà a far superare i 346 milioni di turisti entro il 2020. Tutte queste persone hanno ed avranno un enorme impatto sugli ecosistemi marini e costieri. Secondo Plan Bleu, questa tendenza può essere addirittura un vantaggio per i Paesi interessati. Serve però gestire al meglio la situazione, a partire dalle misure che si prenderanno per tutelare, appunto, il mare, i paesaggi e tutti gli ecosistemi che, alla fine, sono la vera attrazione per questa enorme quantità di turisti provenienti da tutto il mondo. Ecco quindi la necessità, secondo gli esperti Unep/Map di rivedere completamente il paradigma delle economie mediterranee, perlopiù non così all’avanguardia in termini di tecnologie ambientali e di politiche che mirino alla sostenibilità. Fonti rinnovabili, drastiche limitazioni all’impatto paesaggistico, diffusione di strutture turistiche e residenziali sostenibili. Saranno davvero in grado Paesi come la Grecia, la Spagna e l’Italia, con tutti i loro problemi, non solo economici, ma anche e soprattutto legati alla mentalità dei loro politici e di gran parte dei loro abitanti, a cogliere questo suggerimento e sfruttare al meglio le loro ricchezze? Per il momento non sembrerebbe così, almeno da noi. Fino a quando la costruzione di orribili complessi edilizi sulla costa o di inutili centri commerciali nell’entroterra verrà anteposta alla salvaguardia di parchi e riserve naturali, c’è poca speranza che questa enorme ricchezza possa essere tutelata. E, come nel caso dell’immensa quantità di beni artistici e culturali che cadono letteralmente a pezzi, così potrebbe avvenire anche per le bellezze naturali che ci ritroviamo. Con la differenza che, queste ultime, hanno un inestimabile valore anche per la nostra possibilità di sopravvivenza. Ma molte cose si muovono nella direzione 'giusta'. E l’economia blu sembra avere veramente grandi possibilità di futuro. Se non altro per l’enorme potenziale che ha in sé, e le grandi opportunità offerte a Paesi che, ormai, versano in condizioni economiche in alcuni casi disastrose. Vincenzo Zottola, presidente della Camera di commercio di Latina, è fiducioso: “La blueconomy si basa su una nuova possibile alleanza tra conservazione dell’ambiente marino e costiero e sviluppo di tecniche innovative, ad alto contenuto tecnologico e a basso impatto ambientale, in tutti i campi della vita quotidiana”. E aggiunge: “Il contributo dell’imprenditoria non solo attenta alle ragioni dell’ambiente ma pronta a fornire soluzioni avanzate e pulite è centrale nella definizione di uno sviluppo sostenibile applicato ai territori, soprattutto nella fascia costiera che è il luogo di maggiore pressione antropica nei Paesi mediterranei”.

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