di
Alessandra Profilio
27-09-2011
Il presidente della Bolivia Evo Morales ha deciso di sospendere il controverso progetto di una strada in Amazzonia che spaccherebbe in due la riserva naturale Isiboro Sécure. Il progetto resterà sospeso finché non ci sarà una consultazione popolare. La decisione di Evo Morales è giunta in seguito alla violenta repressione messa in atto il 25 settembre dalla polizia contro i manifestanti.
Il presidente della Bolivia Evo Morales ha deciso di sospendere il controverso progetto di una strada in Amazzonia che spaccherebbe in due la riserva naturale Isiboro Sécure. Il progetto resterà sospeso finché non ci sarà una consultazione popolare. La decisione di Evo Morales è giunta in seguito alla violenta repressione messa in atto il 25 settembre dalla polizia contro i manifestanti.
Secondo quanto riportato dal Giornale Radio Rai il presidente boliviano ha definito “imperdonabile” la repressione violenta declinando ogni responsabilità circa l'intervento della polizia alla marcia indigena. Il presidente, riferisce il Giornale Radio Rai, avrebbe però negato la morte negli scontri di un bambino di tre mesi, come riportato da altri media.
Dubbi circa l'estraneità di Evo Morales all'azione della polizia vengono però sollevati dalle parole del ministro della Difesa Cecilia Chacon che annunciando le sue dimissioni ha affermato: “Ho preso questa decisione perché non sostengo la scelta del govreno di intervenire e non posso giustificarla e difenderla perché esistono altre alternative”.
Viene dunque da interrogarsi circa le responsabilità del presidente boliviano nella repressione della marcia indigena contro la realizzazione della strada in Amazzonia. È possibile che la polizia abbia agito in totale autonomia senza aver ricevuto dal governo l'ordine di intervenire?
D'altra parte, ci domandiamo, perché Evo Morales ha deciso soltanto ieri di sospendere il progetto?
La marcia degli indios (una marcia di 600 chilometri verso la capitale La Paz) contro il progetto della strada che dovrebbe attraversare la più grande riserva forestale del Paese è partita infatti alla metà di agosto da Trinidad, nel nord della Bolivia. La marcia avrebbe dovuto concludersi nella capitale La Paz. Due giorni fa, il 25 settembre, la marcia è stata però interrotta dalla polizia che ha intercettato la colonna di manifestanti nella cittadina di Yucumo, a nordest di La Paz.
Il progetto contestato dai guaranì e dagli altri popoli dell’Amazzonia boliviana riguarda il collegamento autostradale che da Manaus, in Brasile, dovrebbe arrivare fino a Manta, porto ecuadoriano sul Pacifico. Secondo il progetto un pezzo del tratto boliviano dovrebbe attraversare l’area del territorio indigeno e parco naturale Isiboro Sécure (Tipnis) dove vivono 16 comunità indigene, per un totale di 50 mila persone persone.
E proprio da queste comunità è partita la protesta contro il governo, accusato di perseguire una politica favorevole alle industrie minerarie e alle grandi opere in contrasto con i principi di difesa della Pachamama (la Madre terra) sanciti anche nella nuova costituzione boliviana, approvata a febbraio del 2009.
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