di
Andrea Degl'Innocenti
28-08-2012
Il Presidente della Bolivia, Evo Morales, ha annunciato che dal 21 Dicembre 2012, in corrispondenza della "fine" segnata dal calendario Maya, la vendita della bibita statunitense sarà vietata nel paese. Oltre alla forte valenza simbolica, dietro l'operazione c'è una questione di sopravvivenza e di economia: la protezione delle piantagioni di coca e la commercializzazione di prodotti locali simili alla Coca-Cola.
C'è chi sostiene che finirà il mondo, chi annuncia l'invasione degli alieni, chi predice sciagure e cataclismi. Per adesso, l'unico effetto concreto della fine del calendario Maya è stato tutt'altro che pernicioso. Almeno per i boliviani. Il presidente indigeno Evo Morales ha infatti annunciato che a partire dal 21 dicembre 2012 la Coca-Cola sarà bandita dal paese. La multinazionale statunitense segue così a ruota le sorti toccate al connazionale McDonald's, costretto a chiudere i battenti in Bolivia lo scorso gennaio a causa dello scarso successo dei suoi prodotti.
In Sud America – come d'altronde in gran parte del mondo - la Coca-Cola ha una lunga storia di sfruttamento, inquinamento, condizionamenti politici. Emblematico è il caso della Colombia. Qui l'azienda, per mano della sua filiale Panamco S.A., sfrutta da oltre vent'anni la corruzione del governo nazionale e la tensione sociale del paese per imporre condizioni inumane ai propri lavoratori e attuare strategie di repressione verso le organizzazioni sindacali.
Mai nessun paese però, fino ad ora, era arrivato a bandire la bevanda dal proprio territorio. La data del 21 dicembre, poi, non è casuale. Essa coincide con la fine del calendario Maya. In quel giorno Morales ha convocato la Riunione Mondiale degli Indigeni, che si terrà nella Isla del Sol. Il ministro degli Esteri David Choquehuanca ha dichiarato che l'evento farà parte delle celebrazioni in occasione della fine del capitalismo e l'inizio della cultura della vita. “Il 21 dicembre 2012 – ha detto - sarà la fine dell'egoismo, della divisione. Quel giorno segnerà anche la fine della Coca-Cola e l'inizio del Mocochinchè (tipica bevanda tradizionale del posto a base di nettare di pesca). Tutto questo, per amore di Pachamama, la nostra Madre Terra”.
È innegabile che la decisione abbia una forte valenza simbolica ed etica. La Coca-Cola è da anni il simbolo del capitalismo made in Us, la sua cacciata simboleggia, nelle intenzioni dei boliviani, la fine di un'epoca storica. Il governo ha inoltre motivato la propria scelta con i danni che la bibita gassata e zuccherina produrrebbe alla salute: i suoi presunti collegamenti con infarti ed ictus.
Ma è altrettanto lampante che le motivazioni che vi stanno alla base sono anche di tipo economico. Innanzitutto vi è la volontà di preservare la coltivazione di foglie di coca dallo sfruttamento da parte di aziende straniere; esse sono infatti sempre più utilizzate nella produzione di prodotti di largo consumo fra cui, afferma il governo nonostante le plurime smentite della multinazionale, proprio la Coca-Cola. Già nella nuova costituzione indigenista voluta proprio da Morales e approvata con un referendum nel gennaio 2008 la coca era definita "patrimonio culturale della Bolivia" e "fattore di coesione sociale".
Un anno fa fu lanciata la Coca Colla, bevanda prodotta localmente a partire dalle foglie di coca, che prendeva il nome dalle “Collas”, popolazioni indigene andine. Intanto nel vicino Perù spopola ormai da tempo la Inka Cola, diffusasi in molti paesi dell'America Latina e venduta persino nei supermercati statunitensi.
Insomma, l'uscita di scena della nota bevanda nordamericana potrebbe lasciare un vuoto che i prodotti locali si affretterebbero a riempire. Alcune ricerche mostrano come l'ascesa dei prodotti dei paesi emergenti sia uno dei fenomeni economici più rilevanti del nuovo millennio. Un articolo a riguardo di Repubblica: “I primi dieci anni del nuovo millennio ci hanno consegnato una rivoluzione epocale: l' ascesa delle aziende dell' ex Terzo Mondo e l' affermarsi di nuovi logo commerciali, improbabili fino a ieri, ma che stanno, invece, sovvertendo le gerarchie del secolo scorso”. I prodotti dei paesi emergenti si rivolgono soprattutto al mercato interno e a quello degli altri paesi in via di sviluppo limitrofi; qui mirano a soppiantare i corrispettivi occidentali.
Ad ogni modo, quali che siano le motivazioni alla base della scelta, la scomparsa dal mercato boliviano della bibita statunitense non può che essere accolta con un sorriso. Meno danni all'ambiente, alla salute, meno sfruttamento del lavoro, più valorizzazione della cultura e delle tradizioni alimentari locali. Sono ragioni sufficienti. Gli amanti boliviani della bevanda scura e gassata si consoleranno con una Coca-Colla, oppure con una Inca Cola, a partire dal 21 Dicembre. Non sarà poi la fine del mondo.
Commenti