L'allarme è altissimo, la situazione di assoluta emergenza. L'uomo, infatti, sta distruggendo l'habitat degli ultimi Orangutan, causando la loro estinzione e la morte e la distruzione di moltissime altre specie animali e vegetali.
Michela Kuan racconta la sua esperienza nel Borneo e il suo impegno per le Ong impegnate nel salvataggio di questi animali.
Perché ha deciso di fare questo viaggio?
Sono partita come volontaria e a titolo personale. Ho scelto un periodo in cui per le organizzazioni impegnate nel salvataggio e recupero degli animali è più difficile trovare volontari. Il nostro lavoro è bellissimo ma molto duro e ci porta a confrontarci quotidianamente con tematiche pesanti da digerire e che ci portano a riflettere moltissimo su quelli che sono i sistemi di sfruttamento dell'animale a 360 gradi. L'area che io seguo è la sperimentazione animale ed è una delle più dure ma anche per chi si occupa di seguire altri settori come la produzione delle pellicce, i macelli, la caccia, i trasporti, la situazione non è certo delle più allegre. Avevo bisogno di una pausa e di recuperare un contatto con gli animali di cui mi occupo. Volevo cercare di aiutarli non soltanto attraverso un computer, cosa molto importante ma senza un contatto diretto con l'animale. Così ho scelto di partire per l'Indonesia. E' un'esperienza un po' diversa rispetto alle altre forme di volontariato: nei canili delle città, nei parchi o nelle aree protette in Italia ed Europa, ad esempio. E' un viaggio transoceanico e quindi diventa impegnativo non tanto economicamente quanto fisicamente ed emotivamente. Molti non se la sentono di fare viaggi così lunghi ma in realtà si tratta solo di un paletto mentale perché si tratta di luoghi e ambienti molto positivi e la gente che decide di fare queste esperienze e con cui si viene a contatto è gente di solito molto motivata.
L'Orangutan è un animale estremamente simile a noi. Com'è stato venire a contatto così ravvicinato con questi animali?
L'Orango è l'animale più vicino a noi, insieme allo scimpanzè, dal punto di vista genetico. Si tratta di un animale che fa parte degli ominidi. E' stata un'esperienza che mi ha fatto molto riflettere. Le foreste, l'habitat naturale di questi animali, sono quasi del tutto scomparsi e per gli oranghi la situazione è molto triste. Ci rendiamo conto, infatti, che stiamo praticamente lottando contro i mulini a vento. Interessi economici enormi comandano su tutto e sulla vita di tutti: animali, esseri umani, piante.
Che cosa sta succedendo esattamente alle foreste del Borneo?
Delle foreste immense che ricoprivano il Borneo sono rimasti piccoli fazzoletti di terra. Vengono, infatti, incendiate per guadagnare terra per la coltivazione principalmente dell'olio di palma. Gli animali spesso si rivoltano verso l'uomo e vengono uccisi a colpi di machete. Altre volte vengono percossi o feriti gravemente e lasciati morire. Il Centro in cui sono stata io si occupa di salvarli, curarli e poi reinserirli in natura cercando di interferire il meno possibile. Le strutture che normalmente li ospitano sono grandissime perché questi animali hanno bisogno di molto spazio. Sono state create delle isole in cui gli oranghi vengono tenuti e curati e dove l'uomo si occupa di nutrirli ma senza entrare in contatto con loro proprio per rispettare la loro natura schiva e per facilitare il loro reinserimento in natura. Ricordiamo che gli animali non sono fatti per l'uso e consumo dell'uomo. Le foreste, purtroppo, sono tutte in pericolo. Non solo in Asia ma in tutto il mondo ci sono multinazionali che depredano ambienti e mettono in pericolo interi ecosistemi irriproducibili, per creare coltivazioni o allevamenti intensivi di animali da carne. E' tutto un sistema sbagliato che fa arrivare soldi solo nelle tasche di persone ricche e senza scrupoli. Le popolazioni che usufruiscono di questo sistema sono le popolazioni occidentali che quindi sono direttamente responsabili.
In cosa consistono le isole dove vengono curati gli oranghi e da chi vengono messe a disposizione?
Le isole si trovano all'interno del Centro di recupero e sono divise dall'acqua, di cui gli oranghi hanno paura, come dei piccoli fiumi che le separano. Quindi gli animali non possono scappare ma hanno moltissimo spazio a disposizione. Man mano che si abituano vengono messi in isole più grandi senza rifornirli più di cibo in modo da riabituarli gradualmente all'autonomia. Quando sono pronti vengono catturati e riportati nel cuore della foresta indonesiana. I volontari si caricano di gabbie pesantissime, perché l'orango è un animale molto grande, e camminano per giorni per raggiungere i luoghi più adatti per liberarli. Gli animali vengono seguiti attraverso un microchip. Mentre ero lì abbiamo visto che una femmina aveva avuto i cuccioli. Questo ci fa ben sperare. In seguito il microchip, che è esterno, si perde.
Che cosa succede agli animali che non possono essere rimessi in libertà perché non sopravviverebbero?
Ci sono animali che riportano danni talmente gravi da non poter più essere reinseriti in natura. Molti, per esempio, rimangono ciechi o con gravi disabilità. Questi animali rimangono per tutta la loro vita all'interno di queste strutture in cui vengono curati, alimentati e seguiti. Ci sono volontari che lavorano quotidianamente a contatto con loro con passione e amore. Purtroppo, proprio perché si tratta di animali molto simili a noi, possono come gli esseri umani ammalarsi di depressione o di noia. Sono animali molto intelligenti, espressivi ed estremamente delicati.
Chi organizza il recupero degli animali tratti in salvo?
C'è un'equipe fissa di veterinari che si occupa costantemente di loro. Anche perché, soprattutto per i cuccioli orfani, è necessario un gruppo di riferimento fisso di persone a contatto con loro. E' necessario uno staff di cui gli animali riescano a fidarsi. Poi ci sono i volontari che affiancano questo lavoro, danno una mano, come nel mio caso, ma rimangono per poco tempo.
Le organizzazioni che si occupano di questo lavoro sono indonesiane? Come si sostengono?
Sì, ce ne sono diverse. Si tratta di Onlus senza fini di lucro, in Indonesia come nel Borneo Malesiano. Queste organizzazioni vivono di finanziamenti da parte dei volontari o da parte dei turisti che possono visitarle. E' molto importante coinvolgere i turisti in questo modo se si vuole incentivare un turismo di conservazione. Il volontario entra molto più in contatto con questa realtà rispetto al turista, naturalmente.
Quali sono le sensazioni più belle che ricorda?
Quando mi alzavo al mattino l'alba era meravigliosa. Il suono che sentivo era solo quello degli animali intorno a noi e quello della foresta che si risvegliava dal sonno. Eravamo immersi nella natura, senza insediamenti umani nel raggio di chilometri. Era una situazione estrema e bellissima. E' molto difficile tornare nelle nostre città e riadattarsi ai ritmi, al traffico e al caos cui siamo abituati. Quando torni il troppo e lo spreco cui ci siamo purtroppo abituati, ti salta agli occhi e diventa insopportabile.
Tutti possono fare questa esperienza? A chi rivolgersi per fare un'esperienza di volontariato come questa?
Tutti possono farlo ed è sempre il momento giusto per andare ad aiutare e dare il proprio contributo. La struttura a cui mi sono rivolta io si chiama Great Project. C'è inoltre una guida che si chiama Green Volunteers che può essere utile per orientarsi. Ci sono molti progetti per il recupero della fauna selvatica, dalle tartarughe ai rapaci, anche in Europa e in Italia.
Qual è realisticamente il futuro degli Oranghi?
Purtroppo, realisticamente parlando, sono vicini all'estinzione. Stiamo osservando dei fantasmi. La terra rimasta a loro disposizione è pochissima e il loro sistema riproduttivo è simile all'uomo, fanno pochi cuccioli, con gestazioni che possono essere difficili e il rischio di estinzione è altissimo. Le multinazionali continuano a lucrarci sopra e non sembra esserci un vero interesse da parte dei paesi coinvolti. Si tratta, inoltre, di animali delicati e complessi. Questo non significa smettere di lottare, naturalmente. Le organizzazioni che si occupano di questi progetti di tutela fanno un lavoro fondamentale che deve essere sostenuto.
Quali altri animali sono in pericolo nelle zone che ha visitato?
Ci sono gli orsi della luna di cui si parla meno ma che stanno subendo un vero e proprio sterminio. Sono orsi piccoli e diffusi nel Sud-Est asiatico a cui viene estratta la bile. Vengono utilizzati e sfruttati con una cannula costantemente attaccata al pancreas da cui si estrae la bile. Gli animali vengono praticamente tenuti immobilizzati all'interno di gabbie. La bile viene poi utilizzata come base per la preparazione di composti medicamentosi o afrodisiaci. Molti di loro provengono dai circhi o altre forme di esibizione di strada in cui vengono usati per far divertire i turisti. Questo dimostra che siamo anche noi responsabili se si continua uno sfruttamento animale di questo tipo. L'esperienza relativa al recupero di questi orsi è stata veramente bellissima. Questi animali sono estremamente empatici ed espressivi.
Che cosa possiamo fare da domani mattina anche noi e nella nostra vita di ogni giorno?
Possiamo fare moltissimo. Ad esempio molti di noi hanno delle ferie a disposizione ma si lamentano di non avere la possibilità di vedere luoghi lontani e tropicali. Questo è un modo per poter viaggiare e visitare veri e propri paradisi sostenendo in modo tangibile le organizzazioni impegnate nelle operazioni di salvataggio degli animali. Contemporaneamente si ha la possibilità di arricchirsi e crescere. Possiamo diventare persone consapevoli e informate. Questo può fare la differenza.
Che cosa, invece, possiamo evitare di fare per non alimentare la distruzione di ambiente e animali?
Ad esempio, possiamo evitare di acquistare i prodotti che contengono olio di palma, ogm o derivati animali. Possiamo evitare di acquistare prodotti che non siano biologici o che provengano da una produzione non etica. Possiamo evitare di essere responsabili dello sfruttamento di animali, piante, ambienti ed esseri umani. Oggi se vogliamo diventare persone consapevoli possiamo informarci e non abbiamo più scuse vista la grande disponibilità di informazioni presenti su Internet e a disposizione di tutti. Nascondere la testa sotto la sabbia, ormai, non è più possibile.