15 novembre 2016, Boario Terme: viene trovato ucciso con 80 pallini in corpo un esemplare di Ibis eremita di nome Enno. Il ritrovamento è realizzato dal corpo delle guardie volontarie del WWF Lombardia, costantemente all’opera per cercare di contrastare il più possibile il bracconaggio nel nostro paese. Enno faceva parte di un gruppo, o meglio uno stormo di Ibis eremita che è stato portato per anni dall’Austria all’Oasi WWF di Orbetello e ritorno per cercare di acclimatarli nuovamente e insegnargli la rotta migratoria verso un posto sicuro. I ricercatori e le ricercatrici li guidavano in deltaplano, seguiti fedelmente e ordinatamente da questi buffi uccelli. La specie infatti è estinta da un po’ in Italia ed è super protetta in tutta Europa, non ha nessun valore alimentare ed è facilmente riconoscibile per colore, dimensioni e per il lungo becco curvo. Ma questo non è bastato ed anzi forse proprio per questo e per l’orgoglio malsano di aver ucciso una specie rara e protetta, il bracconiere lombardo ha premuto il grilletto.
In Italia questo fenomeno di illegalità diffusa, che è praticato in larga parte da cacciatori e pescatori regolari, ha una frequenza ampia e una diffusione capillare sul territorio. Si va dalle Alpi del Piemonte, agli appennini centrali e meridionali della Toscana e dell’Abruzzo, passando per le lagune venete, e i campi della Puglia. Non c’è regione e non c’è ambiente immune da questa orda di malfattori e ladri. Sì, avete capito bene, ladri, perché la fauna è una proprietà pubblica dello stato e dei cittadini italiani ed il bracconaggio corrisponde ad un vero e proprio furto o a vandalismo, a seconda dei casi. I reati sono di vario grado e tipo. Si va dall’uso di armi improprie, richiami illegali, all’uccisione di specie protette ed in grave pericolo di estinzione. Talvolta dietro a questo fenomeno si celano interessi economici (come la vendita di carne di selvaggina a ristoratori ed albergatori compiacenti), oppure semplicemente tradizioni dure a morire, retaggio di tempi economicamente assai duri e di una cultura antropocentrica in cui le specie animali erano considerate a completo uso dell’uomo, e quelle che non lo erano venivano considerate nocive. In entrambi i casi, il destino degli animali era lo stesso, la morte, spesso tra atroci sofferenze e torture (vedi l’uso delle tagliole che trancia il piede a volpi, tassi, lupi…)
Ma veniamo ad un po’ di dati significativi. Nel Mediterraneo siamo la nazione nella quale vengono uccisi illegalmente il più grande numero di uccelli. Stiamo parlando di un numero di animali che si aggira (anche a seconda degli anni) tra i 4 e i 7, 8 milioni di esemplari abbattuti. Secondo un rapporto di Legambiente sul tema, tra il 2009 e il 2015 sono state commesse 20 infrazioni al giorno contro la fauna selvatica. Si tratta di numeri di enorme gravità, e se si aggiunge che il bracconaggio, seppur diffuso ovunque, ha in alcune regioni e province il suo picco, si capisce la gravità del fenomeno per i migratori. In testa alla classifica ci sono Campania, Sicilia, Puglia e Calabria, regioni dove spesso dietro a tali reati vi è una forte connessione con la criminalità organizzata locale, e dove il giro di affari sull’uccellagione è di centinaia di migliaia di euro. Anche province come il bresciano danno filo da torcere al Corpo Forestale dello Stato e alle guardie volontarie di WWF, Lipu, Lac ed altre associazioni. In particolare proprio sulle montagne di Bergamo e Brescia vi è una grande diffusione dell’archetto. Una pratica crudele e assolutamente illegale, che colpisce decine di specie di uccelli di piccole dimensioni. Fra le altre specie che cadono negli archetti figurano tordi bottacci, scriccioli, regoli, cince, fringuelli, peppole, ma anche civette e ghiandaie.
La mattanza è di tale portata che l’Unione Europea ha deciso di aprire un procedimento per constatare se vi siano i requisiti per avviare una procedura di infrazione. Agli uccelli uccisi per scopi culinari (poi diciamo che gli asiatici sono dei barbari perché mangiano di tutto) si aggiungono le innumerevoli uccisioni di predatori come orsi, lupi (decine quelli rinvenuti), aquile, astori, falchi pescatori, albanelle, pecchiaioli, gufi, civette, volpi, tassi. Tutti uccisi in modo crudele e completamente al di fuori delle norme. Il Corpo Forestale dello Stato ha avviato un progetto dal nome Life Pluto che vede la realizzazione di unità cinofile con cani addestrati al rinvenimento di bocconi di carne avvelenati, trappole micidiali in una stagione fredda e scarsa di cibo. I delinquenti sono spesso cacciatori ostili ai predatori, ma anche contadini e pastori intolleranti verso ogni altra forma di vita che non sia il loro gregge.
Molto deve essere ancora fatto per combattere il bracconaggio, sia dal punto di vista della prevenzione che dal punto di vista della repressione. In entrambi i casi però le istituzioni “fanno orecchie da mercante”. La politica nazionale elimina la Guardia Forestale, unico vero baluardo verso chi compie reati ambientali. Leggi sempre più permissive permettono di delinquere legalmente mentre a livello locale le Regioni stanziano sempre meno soldi per le aree naturali protette (la Regione Toscana prevede una spesa di molto contenuta per le riserve naturali da mettere in bilancio per il 2017, minore dei già scarsi fondi elargiti negli anni passati) e sempre meno potere alle guardie volontarie. Questo per fare degli esempi di un sistema generale di politica collusa ed ignorante, nel senso che ignora il bene più prezioso del nostro paese, la natura e gli animali che ne fanno parte.