Concretezza e condivisione: anche così si può cambiare il mondo

Prendere decisioni condivise ed efficaci, agire in maniera concreta mantenendo saldi i princìpi su cui le azioni si ispirano, superare le divisioni nel rispetto della diversità: ce lo insegna Beatrice Briggs, fondatrice dell'IIFAC (International Institute for Facilitation and Consensus).

Concretezza e condivisione: anche così si può cambiare il mondo

Beatrice Briggs ha la capacità di farsi capire subito, arriva con chiarezza ed efficacia al cuore e alla ragione, propone nuovi paradigmi e un agire che si ispira proprio al cambiamento di prospettiva. A ottobre sarà in Italia, al Parco delle Energie Rinnovabili in Umbria, dove terrà un corso dal 13 al 19 ottobre proprio sulla facilitazione, il metodo del consenso e la risoluzione dei conflitti. Terrà poi un corso anche all'ecovillaggio Torri Superiore dal 22 al 26 ottobre.

Proponi insieme metodiche di facilitazione, risoluzione dei conflitti e ricerca del consenso; quale nesso c’è?

La correlazione tra questi tre aspetti sta nel fatto che si manifestano nei gruppi. La mia passione è proprio questa, lavorare con i gruppi affinchè divengano più “efficaci”, soprattutto quelli che si prefiggono cambiamenti sociali positivi. Il ruolo del facilitatore è quello di aiutare le persone a fare un uso migliore del tempo e dell’energia progettando incontri che siano concentrati su questioni precise, che siano efficaci e partecipativi. Il facilitatore aiuta anche il gruppo a identificare e risolvere i conflitti e a prendere buone decisioni che portino ad azioni costruttive. Troppo spesso gruppi bene intenzionati falliscono perché non sanno come finalizzare le sfide.

In che modo con la metodologia che proponi tutti possono esprimersi e quindi avere maggiore libertà di espressione e di crescita all’interno dei vari progetti?

Le abilità nel comunicare sono cruciali per lavorare come facilitatore nei gruppi. Inoltre credo che il facilitatore debba anche sapere ascoltare, debba saper cogliere l’essenza di ciò che i partecipanti dicono ed evocare la cosiddetta intelligenza collettiva del gruppo. Abbiamo bisogno di creare spazi dove possa trovare ascolto anche chi solitamente viene escluso dalla conversazione e dove chi ha idee differenti possa essere ascoltato e ascoltare, in modo che ognuno impari dall’altro. Diventare un bravo facilitatore fa parte di una trasformazione personale che aiuta la trasformazione sociale.

Visto che i conflitti all’interno di gruppi e organizzazioni sono spesso il motivo principale per cui molti progetti falliscono, pensi che con il metodo che proponi si possono superare conflitti anche gravi? Ci puoi fare degli esempi di situazioni che hai affrontato e risolto?

Concordo sul fatto che l’incapacità di finalizzare i conflitti in maniera costruttiva sia la causa del fallimento di tanti gruppi e organizzazioni. E’ incredibile vedere quanto velocemente tanti di noi cadano nella trappola, si convincono di avere ragione e spingono la propria visione per “vincere” a tutti i costi.  Peraltro la pratica diffusa di votare a maggioranza su questioni controverse non fa che contribuire a questo comportamento “disfunzionale”. E’ questa una delle ragioni per cui insegno il processo di creazione del consenso che offre un modello alternativo di risoluzione non violenta dei conflitti e di adozione delle decisioni che tutti andranno poi a sostenere. Negli ultimi 25 anni di facilitazione e partecipazione ai gruppi che applicano con consapevolezza il metodo del consenso, ho visto tantissimi esempi di situazioni in cui l’insieme dei singoli trascende i conflitti manifesti per raggiungere un sentire comune. Mi torna alla mente un gruppo di discussione in cui facevo da facilitatore e nel quale due società stavano trattando la pianificazione di una fusione. Alla fine di un lungo confronto emerse che si temeva che uno dei due avrebbe prevalso sull’altro e quando fu chiaro questo aspetto fu altrettanto chiaro a tutti che la fusione non era la cosa migliore da fare. Secondo me si è trattato di un esito positivo che probabilmente ha evitato anni di difficoltà. A volte dire no è la decisione giusta.

Dato che giri parecchio il mondo con i tuoi interventi e corsi, secondo te è in atto un cambiamento in positivo della situazione generale?

Sono fortunata perchè lavoro soprattutto con gruppi che puntano a cambiamenti positivi del loro contesto; vedere il loro impegno mi dà speranza.

Tu sei americana ma vivi in un ecovillaggio in Messico, ci puoi dire i perché di questa scelta e che differenze ci sono affrontando le tue tematiche nella mentalità anglosassone e in quella latina?

Vivo in un ecovillaggio in Messico perchè mi sono innamorata di quel luogo e di quella gente. Essere un migrante mi affascina perché mi obbliga a mantenere l’attenzione sulle differenze culturali e a rispettare i costumi del posto. Quando ci ritroviamo per discutere dei nostri problemi a nessuno piace perdere tempo in discussioni infinite che non portano a nulla né vogliamo che siano pochi a decidere per tutti. E’ così che ho scoperto che la gente che cerca di cambiare positivamente nel mondo accetta di buon grado l’opportunità di imparare i metodi più efficaci per lavorare insieme agli altri.

A ottobre sarai in Italia per un corso al Parco Energia Rinnovabili e uno all’ecovillaggio di Torri Superiore, pensi che in Italia si possa sviluppare un forte movimento attorno alle tematiche che proponi e che la facilitazione possa diffondersi  come metodo di successo nella risoluzione dei conflitti?

Spero che i corsi che terrò in Italia a ottobre possano portare alla creazione di  una squadra forte e determinata di persone che possano imparare le tecniche della facilitazione e della risoluzione dei conflitti. Il ruolo dei facilitatori non è quello di fungere da panacea, ma se le capacità vengono messe a servizio di gruppi orientati al cambiamento, allora si può fare veramente una grande differenza.

Per tutte le informazioni sul corso che si terrà al Per cliccate qui

 

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