La società inglese Cairn Energy ha cominciato delle operazioni di trivellazione nelle acque fredde della Groenlandia nonostante le condizioni ambientali estreme di questi luoghi rendano quasi inevitabili incidenti e danni all'ambiente.
Le acque fredde della Groenlandia conservano il 13% di riserve di petrolio e il 30% di riserve di gas, particolare che non è sfuggito alla società inglese Cairn Energy che ha da poco cominciato delle operazioni di trivellazione nella zona artica.
Estrarre petrolio nelle aree artiche non è un'operazione semplice ma una vera e propria sfida con la natura: movimenti del pack, iceberg, temperature estremamente fredde, tempeste e condizioni difficili quando scende la notte artica che dura circa 6 mesi.
Per tali difficoltà le compagnie petrolifere che operano nella zona artica stanno esplorando le aree marine più vicine alla costa cercando di costruire piccole isole artificiali da collegare alla terraferma e trasformare un'esplorazione off-shore e quindi in mare aperto, in una su terra. Laddove non sarà possibile, si costruiranno delle grandi strutture in acciaio ancorate sul fondo marino come la piattaforma Prirazlomnoye di 100.000 tonnellate in un mare profondo 20 metri, a nord della Russia.
Nonostante l'entusiasmo e il fervore delle compagnie petrolifere che insistono nel sostenere che le piattaforme saranno a prova di ogni evento estremo, diverse associazioni ambientaliste preannunciano possibili disastri e pericoli per le piattaforme e per le navi a causa delle condizioni estreme di questi luoghi che rendono quasi inevitabile qualsiasi tipo di incidente e quindi danni all'ambiente.
Una fuoriuscita di greggio può essere contenuta solo in estate, ma le acque molto fredde rendono l'olio molto più stabile che non in quelle calde. Smaltire eventuali fuoriuscite è molto difficile in natura, ma anche l'uomo riesce a fare ben poco, l'esempio accaduto nel Golfo del Messico parla chiaro.
