di
Alessandra Profilio
10-12-2012
Poca ambizione e nessun impegno concreto. A Doha, in Qatar, i 194 Paesi che hanno partecipato al summit sui cambiamenti climatici hanno trovato un accordo soltanto per estendere fino al 2020 il protocollo di Kyoto.
Dopo due settimane di difficili negoziati, si è conclusa sabato 8 dicembre la 18ma Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima. A Doha, in Qatar, i 194 Paesi che hanno partecipato al summit sui cambiamenti climatici hanno trovato un accordo soltanto per estendere fino al 2020 il protocollo di Kyoto, la cui validità termina a fine dicembre 2012.
Tuttavia, l'impegno a ridurre ulteriormente le emissioni di gas serra è stato assunto solo da parte dell'Unione europea e di qualche altro Paese, una minoranza pari a circa 15-20% del totale. Rimangono ancora fuori i Paesi 'grandi inquinatori': Usa, Canada, Giappone, Russia, Nuova Zelanda, Cina (il primo Paese inquinante), India, Brasile, Messico e Sud Africa.
A Doha, oltre all'estensione del protocollo di Kyoto, la determinazione dei rappresentanti della società civile e di alcuni Governi dei Paesi più colpiti, ha portato ad ottenere, almeno sulla carta, il riconoscimento del risarcimento per danni causati dai cambiamenti climatici e l'impegno dei paesi industrializzati di stanziare per lo meno una somma pari alla media di quanto sborsato negli ultimi tre anni in aiuti climatici.
"Non è stato un percorso facile - ha commentato il commissario Ue all'Ambiente Connie Hedegaard - ma abbiamo lanciato un ponte e speriamo che ora possiamo andare più spediti".
Eppure, secondo Legambiente, la strada verso un accordo globale è in salita. “I governi – ha dichiarato da Doha Mauro Albrizio, responsabile Clima e politiche europee di Legambiente - da Doha non sono stati in grado di mettere in campo quella volontà politica indispensabile per colmare con impegni concreti il preoccupante gap esistente (8-13 Gt di CO2 secondo il recente rapporto dell'UNEP) tra gli impegni di riduzione assunti sino ad ora dai diversi paesi e la riduzione di emissioni indispensabile entro il 2020 per rientrare nella traiettoria di riscaldamento del pianeta non superiore almeno ai 2°C. Dimenticando che gli impegni di riduzione attuali ci stanno portando verso una via di non ritorno con un surriscaldamento stimato tra i 3.5°C e i 6°C”.
Secondo il WWF i negoziatori a Doha hanno fallito nel raggiungere perfino il minimo delle aspettative ai negoziati sul clima.
“Alcuni paesi sviluppati hanno bloccato i negoziati facendo passi indietro rispetto ai loro impegni precedenti e rifiutandosi di prenderne di nuovi. E la cosa peggiore è che era solo una manciata di paesi – come la Polonia, la Russia, il Canada, gli USA e il Giappone”. È quanto ha affermato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima Energia del WWF Italia che ha seguito i negoziati a Doha.
“Ciò che ci dice la scienza, e ciò che milioni di persone hanno sperimentato quest’anno, è che lottare contro il cambiamento climatico è ora estremamente urgente. Ogni anno è fondamentale e ogni anno in cui i governi non agiscono fa aumentare i rischi per noi tutti.”
“La cartina di tornasole di questi negoziati erano: effettivi tagli delle emissioni; impegni finanziari concreti e reali contro il cambiamento climatico, e la base per un nuovo accordo globale sia ambizioso che equo entro il 2015. Invece abbiamo avuto un accordo vergognosamente debole, talmente lontano dalla scienza che dovrebbe sollevare questioni etiche in chi ne è responsabile”.
Poca ambizione e nessun impegno concreto. L'ultimo summit sui cambiamenti climatici è stato insomma l'ennesimo flop e ha confermato che il vero cambiamento non può essere messo in atto dai leader del mondo.
IL METEOROLOGO LUCA LOMBROSO SULLA CONCLUSIONE DELLA CONFERENZA DI DOHA:
“Apocalypse Doha”
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