Valeria Scopesi, 37 anni, un marito e due figli piccoli (di otto e nove anni) il 7 settembre 2012 ha detto addio al suo posto fisso in una farmacia di Genova per fare un salto nel buio. Il giorno seguente, il giorno del suo trentacinquesimo compleanno, ha iniziato a chiudere gli scatoloni per il trasloco “e intanto piangevo come una fontana... Abbandonavo tutto ciò che conoscevo per qualcosa di totalmente incerto. Ero convintissima della nostra scelta, ma la paura c'era e anche tanta gente che non capiva e ci prospettava catastrofi imminenti, vita di stenti, morte di fame....“ Ma andiamo con ordine, perché la storia di Valeria e della sua famiglia merita di essere raccontata dall’inizio… alla cima. “Avevo tutto - ci dice Valeria - un buon lavoro da farmacista che mi piaceva molto, un buon contratto a tempo indeterminato, dei colleghi simpatici con cui andavo molto d’accordo, un orario part time che mi permetteva di stare un po’ di più con i miei figli. La farmacia, così come la scuola e l'asilo, i negozi principali e pure il supermercato erano tutti nelle vicinanze di casa. Un appartamento di ben cinque vani e mezzo. Cosa potevo desiderare di più?”.
Eppure né Valeria né il marito Michele erano felici: “Il problema principale era la casa - ci racconta Valeria - io la definivo una scatola da scarpe in cui noi quattro, più il gatto, iniziavamo a stare davvero stretti. Sognavo un grande giardino e pure mio marito scalpitava per una casa più grande”. Col passare del tempo poi, anche altri problemi hanno iniziato ad acuirsi: “A causa del lavoro non riuscivo a seguire i miei figli come desideravo e a questa insoddisfazione si aggiungeva un’insofferenza sempre più forte nei confronti della routine, della vita condominiale e dell’indifferenza di molti nei confronti di temi per me fondamentali come l’ambiente e la salute di tutti. Nelle riunioni di condominio, per esempio, si discuteva sempre delle stesse questioni, ci si lamentava dei soliti problemi… mai che nessuno prendesse sul serio proposte come l’installazione dei pannelli fotovoltaici o la riduzione dell’impatto ambientale!”.
Così Valeria e Michele hanno iniziato a informarsi e a guardare gli annunci immobiliari: “Michele è stato da subito il più entusiasta - ricorda Valeria - voleva andare in quelle casette in periferia in mezzo al nulla. Io invece, che ero una comoda, facevo fatica ad abituarmi all’idea di lasciare l’unico posto dove avevo sempre vissuto, con tutto sotto casa, in modo da non dover quasi mai usare la macchina”. Ma ormai il seme del cambiamento si era innescato nella mente di Valeria: “Più andavo avanti più aumentava in me un senso di claustrofobia. Più m’informavo più cresceva in me la consapevolezza che ce la potevamo fare. Poi il destino mi ha fatto imbattere nei libri di Simone Perotti che ho letto con lo stupore e la meraviglia di quando da bambini si scopre che Babbo Natale non esiste. Grazie a quei libri ho iniziato a farmi delle domande: che senso ha lavorare come muli mentre la vita scivola via nell'attesa improbabile di una pensione? Non significa forse sopravvive nell'attesa di morire? Non c’è davvero alternativa a questa frustrazione, a questo senso di vuoto e di solitudine a cui tutti ci siamo abituati?”.
Ci hanno messo tre anni “e quasi una separazione” prima di trovare la soluzione giusta per tutti. Ma poi un giorno… “Michele vede questa casa su internet… è bellissima, indipendente, su due piani, in mezzo al bosco, in montagna a 886 metri di altezza, nell'entroterra di Varazze, con un giardino enorme! La andiamo a vedere una volta sola, immersa nella nebbia, a cinque chilometri dal paese, con una strada stretta, brutta e piena di curve per arrivarci e, soprattutto, senza elettricità. L'impianto era alimentato da un gruppo elettrogeno… Invece di vederne tutti i contro che c’erano io non facevo altro che sognare il tetto pieno di pannelli fotovoltaici!”.
Era il maggio 2012 quando, dopo aver messo in vendita la loro scatola da scarpe genovese, Valeria e Michele firmano l’acquisto della loro nuova casa. Oggi sono passati esattamente tre anni. Tre anni in cui è successo davvero di tutto: “Basti pensare che non abbiamo ancora la linea elettrica… per dire le tempistiche italiane per avere la corrente in una prima casa!” Ma non è tutto: “Quando ci siamo trasferiti, in fretta e furia perché i bambini dovevano cominciare la scuola, c’era solo un caminetto di quelli vecchio tipo, dove senti il calore solo se la distanza è tale da rischiare di prendere fuoco. Le finestre, piene di spifferi, erano ancora da cambiare. Una si era addirittura rotta durante i lavori…”.
Insomma, il primo inverno Valeria e famiglia l’hanno affrontato del tutto impreparati. Ma per niente demotivati... “Il primo inverno nella nuova casa è stato il più rigido degli ultimi tre anni e noi, in quelle condizioni, abbiamo dovuto imparare tutto da zero: dall'accatastare la legna all'accendere il fuoco. Ho spalato talmente tanta neve che potevo mangiarmi polente e bisonti a volontà senza ingrassare di un etto - ci dice Valeria orgogliosa e divertita -. Inoltre vivevamo a lume di candela, il generatore per ovvi motivi di consumo e inquinamento stava acceso un paio d'ore al giorno in cui azionavo gli elettrodomestici e i bambini potevano vedere un po' di televisione prima di cena. Per il resto, tutto spento, e alle 9.30 cominciava a venirti un sonno che vedevi solo la strada del letto”.
“A ripensarci adesso viene da sorridere, ma il primo anno è stato davvero intenso…” continua Valeria, finalmente soddisfatta dei suoi amati pannelli fotovoltaici perfettamente installati sul tetto, e orgogliosa di come sia cambiata la sua casa e la sua vita negli ultimi tempi. “Oggi posso dire di aver imboccato seriamente la via della decrescita e non intendo più tornare indietro perché credo moltissimo in questo progetto e nel mio piccolo so che posso fare qualcosa per preservare il nostro pianeta. Anche per questo ho scelto di diventare vegetariana. Tempo fa leggendo un libro dal titolo Pensare come le montagne, ho capito quanto il nostro modo di mangiare incida sull'aumento della fame del mondo, sull'inquinamento e sul consumo di acqua. E da lì non ho più avuto dubbi… Ora stiamo pensando anche di prendere delle galline e magari una capretta. La ritengo una decisione coerente con la mia scelta di boicottare gli allevamenti intensivi, ma anche in linea con l’idea di essere troppo golosa per diventare vegana”.
Oggi Valeria si dedica molto all’autoproduzione “faccio di tutto un po’: dai saponi ai detersivi, dallo shampoo alle creme, dai balsami agli oleoliti… Poi ho iniziato a coltivare un orto e ovviamente cucino molto”. Niente più pizza da asporto o schifezze da supermercato: al cibo, e alla casa, ora ci penso lei. “Mio marito lavora molto, anche perché il mutuo da pagare ce lo abbiamo anche noi. E all’inizio, dopo essermi licenziata, ho vissuto male il fatto di non avere più un’entrata. Non era il lavoro in sé a mancarmi, ma lo stipendio mensile. Oggi invece posso dire di sentirmi tutt'altro che inutile. Lui lavora sul guadagno, io lavoro sul risparmio. D'altronde il nostro è un gioco di squadra dove tutti i ruoli sono fondamentali e tutti contribuiscono alla riuscita del progetto”.
E nel lavorare sul risparmio Valeria sta diventando una vera fuoriclasse: “All’autoproduzione ho iniziato a unire il baratto. Dopo aver letto Vivere senza soldi ho cominciato a scambiare tutto ciò che potevo con quello che mi serviva. Ho scambiato prodotti fatti da me per delle piantine di lampone, per un taglio di capelli, per delle uova di galline felici. E abbiamo dato ospitalità a casa nostra in cambio di potatura della siepe, taglio della legna, lievito madre, e molto altro ancora. C’è piaciuto talmente tanto che ora stiamo pensando seriamente di aprire un B&B!”.
Ma la conquista più grande di Valeria è stata riavere il tempo per fare la mamma o, per meglio dire, la mamma tassista… “Li scarrozzo tutti i giorni tra pattinaggio, karate e scout, ma loro sono contenti e io pure! Adesso, oltretutto, riesco a seguirli nei compiti, cosa che prima, lavorando tutto il pomeriggio, non avrei mai potuto fare”. E in più c’è anche tutto il resto della famiglia da accudire: “A noi si sono aggiunti due cani e tre gatti e mezzo… perché uno è randagio e viene solo per mangiare! Tutto questo per me è stupendo. Fin da bambina ho desiderato avere degli animali ma vivendo in appartamento non mi è mai stato permesso, invece ora posso concedermi il lusso di offrire questa ricchezza ai miei figli”.
Una delle tante ricchezze che oggi per Valeria non ha prezzo: “A chi mi chiede se non mi mancano tutte le mie vecchie comodità, non posso che rispondere: no. Non mi manca andare a lavorare tutti i giorni a pochi chilomteri da casa immersa nel traffico cittadino, non mi mancano i semafori, i clacson, i motorini su tutti i lati, le code in sopraelevata… Non trovo scomodi i tanti chilometri nella tranquillità e nel silenzio, incontrando caprioli, osservando panorami mozzafiato, cantando in macchina con mia figlia. Non trovo scomoda neanche la nebbia da tagliare col coltello. Ho vissuto trentacinque anni in città e ora mi chiedo come ho fatto. Qui ho conosciuto le stagioni. Qui vedo la natura cambiare tutt'intorno a me a seconda della temperatura. Qui vedo gli inverni con la neve. Qui vedo la primavera risvegliarsi in un carnevale di profumi e di colori. Pure l'autunno qui è qualcosa di strepitoso e io non ho mai amato l'autunno a Genova”. E sulla felicità: “Beh, ci sto ancora lavorando! Scordatevi l'idea che sia tutto facile… c'è da farsi il mazzo, non è una vacanza e, spesso e volentieri, capita di prendere a testate i muri. Ma quando penso che la mia nuova vita è sdraiarsi la sera e ammirare un tappeto di stelle dalla mia finestra, riempire bottiglie di acqua di fonte quando si torna da scuola, vedere panorami stupendi che si aprono all'improvviso tra gli alberi mentre si guida, mangiare i funghi del mio giardino, sentire ragli di asini mentre si aspetta il pulmino della scuola, vedere greggi di pecore al pascolo, percepire Dio nello splendore della natura in una giornata di sole.. Posso dire con certezza che no, no non tornerei mai indietro”.
Sogni nel cassetto? “Che mio marito riesca quanto prima a scalare marcia pure lui, lavorando un po’ meno e abbracciando questa nuova vita in tutto il suo splendore. E, magari, scrivere un libro per raccontare quest’avventura. Anche perché credo davvero che la nostra storia sia da raccontare…. siamo la testimonianza vivente che nel 2015 si riesca a vivere senza corrente elettrica… e non si sta neppure male!”.
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