di
Claudia Bousquet
14-08-2013
Passeggiare in un bosco, a stretto contatto con la natura, sembra riconciliarci con il mondo. Da sempre filosofi, poeti, scrittori e gente comune lodano l'importanza e il beneficio di questa pratica che ancora oggi sembra essere insostituibile per il benessere del corpo, della mente e dello spirito.
Una moderna jeep ci conduce alle soglie di una vecchia città, apparentemente morta.
Lì, tra i bianchi resti di Noto antica, si apre un piccolo cammino impresso sulle antiche rocce calcaree erose dall'acqua e dal vento; un dimenticato sentiero che, come tutte le cose offuscate dal trambusto della frenetica vita quotidiana, cela un luogo incantato, silenzioso, tra le cui pietre si ascolta solo il fruscio delle foglie di giovani ed antichi alberi bruni e dorati.
Una voce narrante, dal tono pacato, insieme ai nostri sonori passi, risveglia nella memoria la realtà di un luogo remoto in cui, un tempo, pullulava la vita, non solo di animali, ruscelli e piante, ma anche di piccoli ometti indaffarati nel lavorare le pelli degli animali, tra le fresche ombre di antiche grotte.
Camminando tra alti lecci, maculati platani e sfioriti oleandri, si riodono i suoni di una valle densamente popolata: immagino uomini camminare, altri seduti in riposo, altri ancora indaffarati a passare da una grotta ad un’altra per terminare i loro lavori artigianali; stanchi muli che si dissetano ai bordi del fiume insieme ai loro padroni...
Il nostro passo sembra farsi più lento, come il mio respiro, più si scende più il silenzio pervade il vergine quadro bucolico dentro cui improvvisamente ci troviamo.
Una melodia di cascatelle richiama la mia attenzione, ne seguo l’eco che mi conduce ad un lago ai cui bordi forse, un tempo, giovani ninfe sedevano cantando e rigenerando la vita.
Mi siedo, contemplo la pace di un luogo rimasto integro nonostante il passare del tempo.
Tutti gli improvvisati pellegrini si accomodano, come vecchi viandanti, sulle rive di un trasparente fiume... ognuno ha scelto accuratamente la propria roccia, io preferisco tacere sotto l’unico albero incastonato tra le pietre. Passivamente mi lascio pervadere da una dolce intensa sensazione, suscitata dal leggero brulichio di bolle d’acqua che, libere ed allegre, scorrono su quel ridente letto che cattura interamente la mia attenzione. Mancano solo le libellule, dove sono finite le nere ballerine che vivono lungo i corsi dalle acque incontaminate?
Quel mio unico pensiero viene trascinato dalla corrente, lasciando spazio solo al quieto silenzio.
Ringrazio la nostra guida per il dono fattoci, anche un giorno d’inverno può nascondere una primavera dai profumi velati di finocchietto selvatico, di calendula e di umida fresca erba. Ecco i frutti del dolce camminare, i segreti naturali celati da semplici foglie e generose gocce d’acqua...
Acqua alta scorre,
bianca spuma sopra l'onde,
fresca acqua di piogge scorre al fiume,
ecco gli alberi del sughero
le loro molli cortecce cadono nell'acqua...
Pioggia cade dalle nuvole...
Acque del fiume vorticano...
Ella, la Dea, ne emerge
e cammina sulla terra sciutta...
CANTO ALAWA
Al nostro rientro, mentre gli invitati imbandiscono la tavola dell’agriturismo 'Terra di Pace' mi trovo a sfogliare un testo scritto dalla nostra guida[1] che solletica la mia voglia di ridare spazio, dopo tanti anni, ad un commento sul piacere del camminare.
In particolare mi colpiscono le righe scritte da chi prima di me ha già trovato delle buone parole che possono invogliare degli attenti lettori a passeggiare, delle semplici costatazioni riportate dalla stessa guida sul suo libro[2]:
"Si può dire che da sempre gli uomini hanno passeggiato....ma fra tutte le possibilità offerte dalle passeggiate quella del contatto con la natura è stata finora la più privilegiata, in quanto pratica benefica in grado di riconciliarci al mondo, come nella visione romantica di H.D. Thoreau: ritengo che non potrei conservare la mia salute e le mie facoltà se non passassi almeno quattro ore al giorno, e spesso anche di più, a bighellonare per i boschi, le colline e i campi, completamente libero da ogni preoccupazione materiale.
In molti hanno seguito le orme del vagabondo di Walden, i filosofi soprattutto, i pensieri migliori - notava Kierkegaard - li ho avuti mentre camminavo, e non conosco pensiero così gravoso da non poter essere lasciato alle spalle con una camminata".
Camminare, viaggiare, ammirare le bellezze della natura rende i cuori dei viandanti affini e spesso permette a certa poesia di appoderarsi delle nostre comuni, e a volte poco colorite, espressioni quotidiane per trasformarle in comodi silenzi e in gustose parole da mangiare[3].
Buone camminate a tutti!
1. 'Paesaggi dell’agro netino. A piedi per antichi sentieri' di Tino Franza (riporto parte dell’introduzione: p. 15).
2. Non accadeva da quando, anni fa, ho speso tante, ma tante parole per dare un corpo ed un’anima alla mia tesi di laurea dedicata al cammino di Santiago.
3. Volendo inserire l’espressione usata dallo scrittore Alves Rubem nel suo testo intitolato proprio così: 'Parole da mangiare'.