Il Canale di Sicilia sopra una polveriera

Il governo dà l’ok a un progetto di trivellazioni nel Canale di Sicilia che potrebbe decretare una vera e propria emergenza ambientale. Ancora una volta Eni ha vinto. L’associazione ambientalista Greenpeace presenterà ricorso e ha chiesto il sostegno e la collaborazione dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani.

Il Canale di Sicilia sopra una polveriera

«Vergognose le omissioni del decreto che ha sancito la “compatibilità ambientale” del nuovo progetto di trivellazioni nel Canale di Sicilia – ha detto Greenpeace - abbiamo già avviato la procedura per presentare un ricorso e chiediamo aiuto alle amministrazioni locali e alle associazioni di categoria per fermare questa follia».

Il sindaco di Scicli ha confermato la volontà di partecipare al ricorso. Il sindaco di Palermo Orlando ha espresso il suo appoggio alla denuncia presentata da Greenpeace e assicurato che si farà portavoce presso i comuni interessati della necessità di presentare un ricorso contro il decreto. Greenpeace ha chiesto all’ANCI Sicilia di valutare la possibilità di ricorrere in rappresentanza dei Comuni che potrebbero essere in futuro interessati dalle trivellazioni petrolifere.

A esprimere le preoccupazioni del mondo della ricerca scientifica, della pesca e del turismo, sono stati Fabio Fiorentino, ricercatore Istituto per l'Ambiente marino e costiero CNR Mazara del Vallo; Giovanni Basciano, responsabile regionale Agci Agrital; Marco Lion, responsabile ambiente Touring Club Italiano.

Rischio frana, rischio di incidente ai gasdotti, rischio di incidente rilevante durante la perforazione o per incendio della piattaforma: sono alcuni dei punti senza risposta del decreto del Ministero dell’Ambiente che chiude il processo di Valutazione di Impatto Ambientale (decreto VIA n 149/14) del progetto “Off-shore Ibleo” di ENI, che prevede otto pozzi, una piattaforma e vari gasdotti al largo della costa tra Gela e Licata. Le valutazioni sono rimandate a successivi approfondimenti e, per il rischio di “incidente rilevante” deve essere ancora definito uno scenario che valuti i danni e la possibilità di riparare a tali danni, che identifichi le misure di mitigazione e compensazione e che quantifichi i costi per gli interventi.

«Questo decreto è scandaloso. La commissione che doveva valutare il rischio ambientale delle trivellazioni non lo ha fatto e non ha preso in considerazione il rischio da incidente rilevante» afferma Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace. «Lo stesso decreto dichiara che stiamo parlando di impianti ad alto rischio industriale: è gravissimo che siano stati autorizzati quando ancora non sappiamo nemmeno quali sono gli scenari da valutare».

Il decreto autorizza inoltre attività rischiose in un’area tutelata, il Biviere di Gela, che include numerosi siti della rete “Natura 2000”, nei quali sono consentiti solo interventi necessari per motivi di salute dell’uomo e sicurezza pubblica. Vi sono inoltre almeno otto siti “Natura 2000” a poche decine di chilometri dal progetto, su molti di essi non è stata nemmeno fatta una valutazione degli impatti.

Il decreto ignora infine il parere negativo della Regione Siciliana che fino a maggio 2013 si è opposta, con delibere di giunta e documenti degli uffici tecnici, alla proliferazione delle trivelle ritenendo che esse “porterebbero benefici praticamente nulli per la collettività e per il comparto dell’industria della pesca e del terziario turistico avanzato, mentre altissimi potrebbero risultare i potenziali costi relativi alla sostenibilità ambientale ed economica”.

Per rispondere a queste preoccupazioni il decreto prevede un fantasmagorico progetto di comunicazione sui valori del paesaggio e del patrimonio naturale a carico di ENI. «Fa riflettere il fatto che l’intesa di Crocetta con i petrolieri sia stata firmata proprio lo scorso 4 giugno, lo stesso giorno della pubblicazione del decreto che approva il progetto “Off-shore Ibleo”. Ovviamente, sulla Regione, che pure viene ridicolizzata da questo decreto, non possiamo più contare. Tocca ai sindaci dei territori coinvolti, e alle associazioni, intervenire subito per fermare questa follia» conclude Giannì.

Leggi il rapporto “Offshore Ebleo”

 

 

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