I Centers for disease control and prevention (Cdc), l’agenzia federale di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti, ha recentemente pubblicato un report dal quale si apprende che alcuni casi di miocardite si sono verificati nei giovani in seguito alla somministrazione dei vaccini anti Covid a mRna (Pfizer e Moderna). Nello specifico il Vaccine safety techincal work group (Vast), il gruppo che si occupa di «riesaminare i dati sulla sicurezza del vaccino da quando è iniziato il programma di vaccinazione degli Stati Uniti», ha analizzato le segnalazioni di miocardite arrivate all’agenzia ed ha concluso che «questi casi sembrano verificarsi prevalentemente negli adolescenti e nei giovani adulti, più spesso nei maschi rispetto alle femmine, più frequentemente dopo la seconda dose e generalmente entro quattro giorni dalla vaccinazione».
Tuttavia viene anche sottolineato che ad oggi ci sono relativamente poche segnalazioni, la maggior parte dei casi «sembra essere lieve» e, inoltre, non è ancora chiaro se il problema sia stato causato dal siero o meno. Ma la possibilità che i casi di miocardite derivino dall’inoculazione del siero non sembra poi essere così remota. Basti pensare che anche in Israele è recentemente emerso il medesimo problema: secondo alcuni media locali, da un rapporto trapelato scritto da alti funzionari del ministero della Salute israeliano si apprende che a fine aprile erano 62 i casi di miocardite su oltre 5 milioni di vaccinati, la maggior parte verificatisi dopo la seconda dose (56) e tendenzialmente nei maschi con meno di 30 anni che avevano ricevuto il vaccino Pfizer. Sarà forse per questo che, seppur al momento non vi sia niente di certo, i membri del Vast hanno ritenuto che le informazioni sui rapporti di miocardite dovrebbero essere comunicate ai fornitori ed ai medici, così che essi possano «migliorare il riconoscimento precoce e la gestione appropriata delle persone che sviluppano tali sintomi dopo la vaccinazione».
Detto ciò, nonostante tutto questo l’Ema (Agenzia europea per i medicinali) venerdì ha autorizzato il vaccino Pfizer per i ragazzi dai 12 ai 15 anni ed a tale decisione ha fatto seguito quella dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), che ha accolto il parere espresso dall’Ema. Ci si chiede però se, sulla base di quanto appena detto, la somministrazione di vaccini approvati in via d’emergenza sia necessaria nei confronti dei giovani. Per questi ultimi, infatti, il Covid non rappresenta una malattia molto pericolosa ed i rischi legati ad esso sono molto bassi. Inoltre pur prendendo in considerazione la motivazione ufficiale di tale modus operandi, ossia quella secondo cui i minorenni rappresentino un pericolo per la diffusione del virus, va ricordato che al momento non vi sono certezze a livello scientifico sul fatto che i sieri siano in grado di rendere non contagioso il vaccinato. Dunque, come sottolineato recentemente anche da un gruppo di scienziati inglesi, se da un lato i potenziali benefici sono chiari per gli anziani e per le persone vulnerabili, dall’altro non lo sono per i più giovani, nei confronti dei quali l’equilibrio tra benefici e rischi è molto diverso.