di
Elisabeth Zoja
08-08-2011
Negli ultimi dieci anni i collaboratori del progetto internazionale 'Census of Marine Life' hanno registrato migliaia di nuove specie marine. Il timore dei ricercatori è che gran parte delle specie si estinguano prima della loro scoperta.
Che il mare contenga specie sconosciute è un dato di fatto ormai accertato. Ma quali specie sono? E quante? Probabilmente milioni. Negli ultimi dieci anni i collaboratori del progetto Census of Marine Life hanno registrato migliaia di nuove specie. 2.500 ricercatori di 85 paesi diversi si sono dedicati a mari, oceani e fiumi per scoprirne di nuove e possibilmente salvarle dalla loro estinzione.
Gli oceani sono i più grandi habitat naturali della Terra: Census of Marine Life vi ha finora trovato 230.000 specie, dal batterio alla balena. Nelle grandi profondità i ricercatori hanno osservato pesci fosforescenti che sembrano avere lampadine alle punte delle antenne. Per osservare queste specie lontane sono state inviate 500 spedizioni e investiti 500 milioni di euro, principalmente da sponsor privati.
I biologi hanno scoperto banchi di aringhe grandi come la superficie di Manhattan e centinaia di nuove specie di plancton. Attraverso l’uso di satelliti hanno potuto osservare diverse specie di squali e tracciare il percorso di salmoni per migliaia di chilometri. Per organizzare un progetto di tali dimensioni è stato necessario suddividerlo in 14 settori diversi: zone costiere, barriere coralline, mare profondo, microbi marini, plancton…
Dopo dieci anni di lavoro gli scienziati hanno messo a disposizione le descrizioni di 185.000 specie sull’enciclopedia-online Ocean Biogeographic Information System (OBIS). Inoltre il progetto ha reso possibile una vaga stima sulla quantità totale di specie negli oceani. La cifra oscilla ancora fra 1 e 5 milioni di specie: è dunque probabile che superi in quantità la biodiversità terrestre, che arriva a 1,5 milioni.
Fra i risultati più interessanti ve n'è uno che riguarda la catastrofe petrolifera del Golfo del Messico: gli esperti del settore 'microbi marini' si sono interessati particolarmente alle specie capaci di decomporre il petrolio senza necessità di ossigeno. Purtroppo però, il desulfococcus oleovorans non riuscirà a eliminare il petrolio a causa delle basse temperature degli abissi nei quali si trova. Il liquido nero continuerà dunque ad avvelenare l’oceano per decine, se non per centinaia, di anni.
Anche gli abissi delle zone polari serbano molte sorprese: nella sola Antartide i ricercatori hanno trovato 5.600 varietà di organismi. "Nel mare profondo si fa prima a scoprire una nuova specie che a darle un nome", dichiara Pedro Martinez del centro tedesco per la ricerca di biodiversità marina. Gli scienziati avrebbero dunque ancora molto da scoprire. A ottobre però il censimento della popolazione marina si è fermato. Potrà proseguire solo con ulteriori fondi e un maggiore appoggio politico, magari attraverso la creazione di un consiglio ONU per gli oceani.
I ricercatori si sono anche posti domande sullo sviluppo dell’habitat marino: quali specie vivevano qui una volta? E quali continueranno a viverci? I dati documentano, infatti, la sparizione di specie quali lo squalo del Gange e la balena grigia del Pacifico-ovest.
Ovviamente è in parte la pesca smisurata a distruggere gli ecosistemi: almeno 120 delle 200 specie più pescate sono sottoposte a uno sfruttamento che si trova al limite dell’eccesso o che spesso lo supera (dati FAO).
Siccome ormai le zone di pesca più comuni sono praticamente spopolate, i pescherecci industriali utilizzano reti a strascico lunghe ben 130 chilometri negli ecosistemi più sensibili. Tali habitat ospitano specie quali il pesce specchio atlantico, che raggiunge 140 anni di età e procrea solo a partire dai vent’anni. Ha una progressione evolutiva paragonabile alla nostra; eppure non riusciamo a rispettarlo perché la pesca commerciale ha come obiettivo il profitto immediato e non quello duraturo: pescando anche gli esemplari troppo giovani si compromette la conservazione della specie.
D’altra parte possiamo proteggere solo quel che conosciamo. In questo senso il Census of Marine Life non vuole solo soddisfare le nostre curiosità, ma evidenziare le responsabilità che abbiamo nei confronti degli oceani.
Considerati la recente distruzione di un intero ecosistema nel Golfo del Messico e i problemi relativi alla pesca eccessiva, possiamo solo sperare che dall’inventario di Census of Marine Life non debbano venire cancellate specie appena scoperte.