Nell’accordo finale di COP21 (QUI il testo integrale) c’è scritto che il riscaldamento globale deve stare al di sotto dei 2 gradi; era negli impegni iniziali, era questo l’obiettivo che era stato presentato come progetto ambizioso. L’impegno sulla carta è stato sottoscritto, eppure a quelle firme si sono accompagnati cori da ogni dove che sostengono come questa sia l’ennesima «frode», l’ennesimo insieme di «vaghe promesse» che assumono una tremenda gravità oggi, visto il punto cui sono ormai giunti i cambiamenti climatici. «In realtà l’accordo non impone ai paesi di tagliare le emissioni abbastanza velocemente» hanno detto i tanti movimenti scesi in piazza sabato per chiedere una giustizia climatica vera. Il rischio è che questa intesa si riveli l’ennesimo buco nell’acqua. Nick Dearden, direttore della campagna Global Justice Now ha detto: «E’ oltraggioso che questo accordo venga presentato come un successo quando invece mette a rischio i diritti delle comunità maggiormente vulnerabili e non contiene praticamente nulla che serva a garantire un clima sicuro e sostenibile per le future generazioni». «Anche questa volta gli Stati Uniti, con il sostegno dell’Unione Europea, sono riusciti a far eliminare dal testo o a stemperare molti punti per rendere le azioni prive di significato» ha aggiunto. «Mancano completamene questioni vitali come la riduzione vincolante delle emissioni, le responsabilità legali per perdite e danni e il riconoscimento dei diritti umani». Si associa alle critiche anche il direttore esecutivo di Oxfam, Helen Szoke, che afferma: «Abbiamo solo una vaga promessa di un obiettivo futuro, ma non c’è alcun obbligo per le nazioni a tagliare le emissioni abbastanza velocemente da evitare la catastrofe climatica».
Dal canto suo Oscar Reyes, analista dell’Institute for Policy Studies, ha detto: «La realtà è che i grandi inquinatori come gli Stati Uniti stanno promettendo tagli alle emissioni che assommano a un quinto di quanto dovrebbero tagliare. Si è invece evitato di parlare della necessità di lasciare i combustibili fossili sottoterra per fermare la crisi climatica in atto».
James Hansen, ex scienziato della Nasa e “padre” dell’allerta clima, ha parlato di una vera e propria frode basata sulle promesse e senza alcuna azione concreta. «L’impegno è di contenere il riscaldamento di 2 gradi e poi di cercare di fare un po’ meglio ogni 5 anni. Sono parole senza senso, non c’è azione, solo promesse. Fino a che i combustibili fossili saranno quanto di più economico hanno a disposizione, continueranno ad utilizzarli. Solo tassando le emissioni di gas serra si riuscirà a indurre le nazioni ad abbassarle abbastanza velocemente da evitare il disastro». Proprio Hansen, insieme a 16 colleghi, ha firmato uno studio pubblicato lo scorso luglio secondo cui i ghiacciai della Groenlandia si stanno sciogliendo più velocemente dell’atteso; di conseguenza il contenimento del riscaldamento di 2 gradi non basterebbe. Secondo lo studio, i livelli dei mari potrebbero alzarsi in tempi brevi di cinque metri rispetto ad oggi e questo comporterebbe l’allagamento di intere città e metropoli. Secondo Hansen, «si parla di centinaia di milioni di profughi climatici da nazioni come il Pakistan e la Cina, non possiamo lasciare che accada».
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