Grazie all’adesione del Comune di Roma all’Agenda 21 della Carta di Aalborg, nasce il Progetto Pilota "Coltiviamo la città", che trasformerà un tratto della tangenziale, ora dismessa, in un giardino agronomico di nuova generazione, di 2 km di lunghezza per 20 di larghezza, da Batteria Nomentana a via Lorenzo il Magnifico, di grande impatto visivo e ambientale. La Carta di Aalborg si basa sul principio secondo cui il processo di progettazione organizzato prevede il coinvolgimento dei cittadini e della comunità locale nella definizione dei problemi, degli obiettivi, degli strumenti e delle azioni per un futuro durevole e sostenibile. Nel caso specifico di Roma, il progetto prevede la riqualificazione di aree urbane che versano in stato di abbandono e di degrado, e la trasformazione di queste in polmoni verdi produttivi che possano rientrare nella categoria “spazi sociali”, indispensabili complementi degli spazi riservati. Esperienze di vita cittadina che vanno ben oltre la dimensione agricola, diventando protagoniste di nuove e rinnovate forme di aggregazione sociale, veri e propri fenomeni culturali in grado di accomunare, interessare ed orientare i cittadini verso un riutilizzo sostenibile dell’area metropolitana e uno stile di vita basato sull’ecologia della mente. In tale contesto si pone il Progetto Pilota “Coltiviamo la Città”, ideato da Nathalie Grenon, architetto e segretaria generale dell’Associazione Res. Progetto che prevede la realizzazione di un grande giardino pensile con le sue varie attività didattiche, commerciali, culturali e di tempo libero. Sarà caratterizzato da un muro coperto di vegetazione rampicante, che fungerà da filtro per le polveri sottili. All’interno, ci saranno vari spazi: un giardino dei nonni e dei nipoti; uno agronomico gestito totalmente dalle scuole; il giardino dei meli del Lazio, con la coltivazione di 16 diverse tipologie di mele; un fruttaio ed un auditorium, come centro raccolta e degustazione, ma anche centro conferenze per le presentazioni mirate sulle attività del giardino agronomico; una pista ciclabile e una pedonale. Il tutto condito da continui interventi di artisti, giochi di luce, fontane. E verrà piantato un albero per ogni neonato.
Con i suoi 52.000 ettari di terreni agricoli in coltura, Roma ha un’opportunità unica tra le grandi capitali europee: quella di riaffermare uno statuto delle risorse naturali capace sia di rigenerare le aree urbane, sia di offrire un modello di urbanizzazione sostenibile per le campagne, dando una destinazione virtuosa agli spazi ancora liberi. Oggi un esempio significativo è l’Orto di Santa Croce in Gerusalemme, nel centro di Roma, che con i suoi prodotti, oltre alla propria comunità, può soddisfare anche le richieste degli abitanti del quartiere. Ma è una mosca bianca. Infatti il paesaggio urbano, ormai, contempla il verde solamente nella sua dimensione “decorativa”: non come elemento vitale, ma come cornice del “costruito”, dal carattere puramente ornamentale e non più produttivo. La creazione invece di aree coltivate, di orti e frutteti, come nel caso del Progetto Pilota “Coltiviamo la Città”, potrebbe essere un’ottima soluzione per la trasformazione di aree urbane che il più delle volte versano in stato di abbandono e degrado. La proposta progettuale di valorizzazione del verde metropolitano punta al recupero dei valori della cultura contadina, cancellata a tutti gli effetti dalla new economy, in un’ottica di riappropriazione che, attraverso l’azione sinergica di istituti professionali, scuole d’arte e istituti agrari possa offrire ai giovani nuove prospettive professionali, radicate nel valore “vitale” del verde urbano.
Di fatto, gli obiettivi che si prefigge tale grande progetto non sono solo la tutela dell’ambiente, ma anche l’inclusione sociale, la mobilità sostenibile, la promozione dell’imprenditorialità, di nuove idee e imprese, arrivando a sviluppare nuove forme di occupazione. Non solo agricoltura allo stato puro, dunque, ma istruzione, formazione, sviluppo territoriale dal basso, realizzazione di infrastrutture, risparmio energetico. Luoghi di educazione ambientale, strumento di recupero dei prodotti stagionali naturali ormai dimenticati o a rischio estinzione, questi orti generano un’esperienza unica dal punto di vista cognitivo, visivo, tattile e affettivo, che consente ai cittadini di sperimentare la meravigliosa forza vitale intrinseca alla natura. Lavorare la terra significa attività fisica all’aria aperta, per la lavorazione del terreno e la raccolta dei prodotti, ma anche contemplazione del ricco patrimonio vegetale. Si chiama ortoterapia di gruppo o individuale, perché induce una sinergia positiva che integra le varie generazioni e le diversità socio-culturali, includendo anche le persone con diverse abilità.