Il 3 maggio scorso la Commissione europea ha pubblicato la sua nuova strategia per la biodiversità in direzione del 2020, termine del più ampio disegno comunitario per il raggiungimento di obiettivi che favoriscano la sostenibilità. Il documento contiene una serie di proposte per la difesa e per il recupero degli ecosistemi, attraverso l'integrazione tra politiche ambientali, agricole e ittiche, e un messaggio governi e cittadini: siamo tutti coinvolti.
Il punto di partenza della strategia proposta dalla Commissione europea è la consapevolezza del fatto che siamo tutti responsabili della perdita di biodiversità, definita nella comunicazione our life insurance, our natural capital.
Secondo la Commissione si tratta della principale minaccia ambientale globale insieme al cambiamento climatico, cui è inestricabilmente legata: attualmente il 60% degli ecosistemi mondiali è degradato o utilizzato in maniera insostenibile e in Europa solo il 17% degli habitat e delle specie protetti dalla legislazione comunitaria sono in condizioni favorevoli.
L'obiettivo del documento è quindi stimolare un cambio di rotta, fornendo agli Stati membri e a tutti gli altri soggetti indicazioni concrete sulle soluzioni da adottare.
La nuova strategia segue il Biodiversity Action Plan (BAP) del 2006, che comprendeva oltre 160 diverse azioni, ma è risultato inefficace in quanto privo di una visione chiara delle priorità che potesse agevolare l'attuazione e il controllo delle misure.
Al contrario, la nuova comunicazione in direzione del 2020 si caratterizza per una solida base scientifica e una precisa definizione delle priorità da perseguire. Il quadro conoscitivo è fornito dall' EU Biodiversity Baseline, pubblicata lo scorso anno a cura dell'Agenzia ambientale europea, che descrive quantitativamente le tendenze in atto e permette di misurare i progressi compiuti attraverso l'impegno comunitario in materia di biodiversità.
Gli obiettivi prioritari riguardano: la piena attuazione delle normative vigenti, in particolare le direttive Habitats e Birds e la rete Natura 2000; il ripristino degli ecosistemi danneggiati; l'adozione di un approccio sostenibile nella conduzione delle attività agricole, forestali e ittiche; la salvaguardardia degli stock ittici dell’UE; il contenimento delle specie invasive che possono compromettere la biodiversità; l'aumento del contributo comunitario all'azione globale contro la perdita di biodiversità.
La leva su cui la Commissione intende fare pressione per incentivare gli Stati membri a mettere in campo azioni efficaci per la tutela della biodiversità è il vantaggio economico, dal momento che il degrado degli ecosistemi si traduce in una perdita di benefici essenziali per la vita umana, detti anche ecosystem services, tra cui l'aria pulita, l'acqua, lo stoccaggio del carbonio, il controllo delle catastrofi naturali e dell'erosione del suolo.
Preservare gli ecosystem services è meno dispendioso che ripristinarli; per questo la “ragione economica” dovrebbe preferire evitarne la perdita a priori, piuttosto che intervenire successivamente con azioni di recupero. A tal fine, la Commissione suggerisce di integrare sin d'ora le misure ambientali nelle politiche nazionali e nei programmi europei, come la Politica agricola comune (PAC), la Politica Comune per la pesca (CFP) e i Fondi di Coesione, così da realizzare uno sviluppo sostenibile, trainato dalla green economy.
Un approccio apparentemente ineccepibile, che considera realisticamente quali motivazioni possono orientare le azioni dei governi e degli attori presenti sul mercato in una direzione positiva per l'ambiente.
Il risultato però non è garantito: descrivere la biodiversità e la necessità della sua difesa solo in termini monetari potrebbe rivelarsi una debolezza. Per quanto i benefici che la natura ci offre siano spesso, o appaiano, quantificabili, ridurre la tensione verso la difesa della Terra a considerazioni economiche confonde in maniera potenzialmente pericolosa il desiderio di cambiamento con la ricerca del profitto, che si trova ad imboccare nuove strade – la green economy oggi al centro della scena - perché costretta dai limiti di un modello di sviluppo ormai esaurito.
Laddove la strategia dell'UE argomenta la convenienza della scelta di tutelare la biodiversità evocando i benefici che questa può generare in termini di occupazione o di innovazione, citando ad esempio i casi dell'industria farmaceutica e della cosmetica, l'impressione è che si voglia cambiare per meglio confermarci identitici a noi stessi.
La volontà di tutelare gli ecosistemi naturali può certamente essere incentivata dalla prospettiva del vantaggio economico, ma invertire i termini e fare del guadagno il motore dell'azione politica non ci porterà probabilmente lontano da dove siamo: sul piatto della bilancia ci saranno sempre due interessi economici contrapposti, quello di chi propone un profitto sfruttando la natura e quello di chi propone un risparmio su costi futuri preservandola.
La questione della biodiversità è invece in primo luogo questione di vita, di esseri viventi, umani e non, di qualcosa che neanche il più fine economista riuscirebbe a tradurre nella logica del denaro.